Omelia
S. Luca, Festa della Cattedra di S. Pietro, 22 febbraio 2021
Anniversario della morte di Giussani
+ Mariano Crociata
La coincidenza della nostra celebrazione dell’anniversario della morte del Servo di Dio don Luigi Giussani con la festa della Cattedra di S. Pietro, offre l’opportunità di sottolineare un aspetto costitutivo della sua testimonianza, mentre riscopriamo la radice evangelica della metafora della cattedra e del suo contenuto ecclesiale. La cattedra infatti è il simbolo del magistero esercitato da Pietro e dai suoi successori. Il brano del Vangelo di Matteo 16 fa capire da dove nasce l’adozione di questa immagine. Gesù conferisce a Pietro il compito di essere ‘pietra’ che sta a fondamento dell’edificio ecclesiale, della comunità dei discepoli di Gesù, e il potere di legare e sciogliere: «A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Le parole che Pietro pronuncerà saranno parole impegnative, come quelle di Gesù, perché avranno una portata che le farà giungere fino a Dio; nelle sue parole è in gioco il rapporto con Dio, perché ciò che egli insegna viene da Lui attraverso Gesù, e sempre tramite Gesù salgono a Dio le domande e le scelte dei discepoli di Cristo.
Ciò che va notato è che questo compito di Pietro riposa interamente sulla relazione di fede con Gesù. La risposta di Pietro, che professa Gesù Messia e Figlio di Dio, esprime la sua adesione di fede a colui che ha imparato a conoscere dotato di tutte le caratteristiche proprie dell’inviato di Dio. In realtà, fa notare Gesù, quella di Pietro non è una dichiarazione che nasca da mera cognizione umana, frutto di autonoma osservazione e da giudizio di semplice ragione. Quando si tratta di Dio e del suo inviato per eccellenza, il Messia, Gesù, il Figlio, allora solo Dio stesso, con il suo Spirito, riesce a illuminare ed elevare il processo umano che va dallo stupore, alla progressiva comprensione fino al riconoscimento dell’identità di Gesù.
Ecco, ciò che è in gioco è l’identità e il suo riconoscimento. Quando si tratta di Gesù, non si può far finta di niente; Gesù è uno che non si può aggirare, non si può ignorare, che si possa lasciare indifferentemente nella serie dei senza volto che compongono le folle; Gesù ti guarda in faccia e vuole e essere guardato in faccia, provoca e sfida, interpella e domanda; di fronte a lui non si può non prendere posizione. La sua identità scotta e bisogna decidere se compromettersi o prendere le distanze. Ciò che va osservato, in aggiunta ma non secondariamente, è che nel momento in cui si aprono gli occhi e si comincia a riconoscere Gesù per quello che realmente è, accade qualcosa nella persona che lo incontra, la quale emerge nella sua vera e nuova identità, di persona che crede e accetta di venire determinato dalla relazione con Gesù nella sua verità più profonda. Chi incontra Gesù scopre, realizza, porta a compimento la sua identità. In questo senso la risposta di Gesù a Pietro non è una specie di premio per la prontezza e la preparazione dimostrata, quasi fosse uno scolaretto a cui dare un contentino per la sua diligenza a scuola, ma l’inveramento di una rivelazione. Gesù fa emergere in Pietro la sua vera identità nell’atto stesso in cui gli svela la chiamata, ultimamente di Dio, a rendersi punto di riferimento per una storia di credenti che ora potranno guardare a lui come segno di un incontro e di una presenza che li accompagna nel loro cammino di fede e di vita.
Noi siamo segnati dall’incontro con Gesù e con Dio. Siamo allo stesso tempo sorpresi, rinnovati, ma ultimamente inverati, poiché perveniamo al nostro vero sé, alla verità più profonda di noi stessi. L’incontro con Gesù è simultaneamente l’incontro con se stessi, perché egli ci fa pervenire alla coscienza di noi stessi, della nostra identità e del nostro compito nella vita. Per la conoscenza che ho di don Giussani, ho molto chiaro quanto sia stato decisivo per lui e per la sua opera formativa il senso dell’incontro con Gesù come evento, evento attuale e nuovo che si compie per tutti coloro che si vengono a trovare al cospetto di Gesù per la mediazione dei segni e delle persone dei suoi discepoli credenti che formano la comunità ecclesiale.
Una conclusione provvisoria e un punto di verifica sulla nostra vita allora può essere questa: come deve essere avvenuto in qualche modo per noi, così avviene e deve avvenire per altri. A noi la responsabilità di essere segno vivo di una presenza e di un incontro che può raggiungere tutti grazie alla forza dello Spirito che anima ogni testimonianza e, inseparabilmente, grazie alla efficacia della testimonianza di una presenza che per noi è viva e riconoscibile in ogni aspetto dell’esistenza e delle relazioni che viviamo con quel senso di fede che è relazione viva col Signore Gesù e senso genuino della nostra persona e della nostra esistenza.