Omelia Ammissione di Alessandro Aloè (19/03/2017 – chiesa S. Rita, Latina)

19-03-2017

OMELIA

Domenica III di Quaresima A

Ammissione di Alessandro Aloè

Parrocchia S. Rita, 19 marzo 2017

+ Mariano Crociata

Nel cammino verso il sacerdozio l’ammissione tra i candidati agli ordini sacri è una tappa significativa, perché rende ufficiale la preparazione al ministero di un giovane che è stato raggiunto dalla chiamata del Signore. Essa arriva, infatti, a un certo punto ed è frutto di discernimento e decisione, non passaggio automatico né adempimento formale.

Alessandro già da qualche anno è in seminario. Con l’ammissione la Chiesa riconosce che in lui è operante la vocazione al ministero ordinato per iniziativa di Dio che lo ha illuminato con la sua grazia per dargli modo di scoprire dentro di sé l’opera che si stava compiendo. La Chiesa non crea la vocazione né si comporta come una azienda che cerca personale da assumere; riconosce piuttosto l’azione di Dio nei suoi membri. Per questo il clima e l’atteggiamento di tutte le persone coinvolte, dal chiamato, al vescovo, ai superiori del seminario, al parroco, ai compagni di cammino formativo e altri ancora, deve essere quello della ricerca, della riflessione, della preghiera, insomma del discernimento. La vocazione è un mistero che si perde in Dio e che proviamo a riafferrare continuamente in una relazione di fede e di amore alimentata dentro la comunità ecclesiale. Perciò lo accostiamo sempre con «timore e trepidazione» (1Cor 2,3; 2Cor 7,15).

È ciò che avviene stasera. Con timore e trepidazione riconosciamo che Alessandro è stato chiamato da Dio e ci disponiamo a seguire il suo cammino fino all’ordinazione diaconale e presbiterale. Ma anche lui, con questo atto, vissuto nella celebrazione eucaristica e come parte integrante di essa, si impegna a offrire la propria vita al Signore. Una responsabilità nuova ricade ora su di te, Alessandro: quella di stare in seminario con il consenso e l’attesa della Chiesa. Noi contiamo su di te, sul tuo impegno e sulla tua dedizione. Non solo in vista della meta da raggiungere, ma anche per l’esempio che giovani e meno giovani attendono da te. Ciò che vale per tutti, in questo momento conta particolarmente per te: tanti, senza che tu lo sappia, hanno bisogno del tuo cammino, che lo compia con impegno, ma anche con generosità e gioia e slancio. Oggi tutti – soprattutto i giovani come te – abbiamo più che mai bisogno di vedere materializzarsi l’esempio di una vita donata, con semplicità e naturalezza, senza inutili retoriche e sentimentalismi, come la cosa giusta da fare, perché viene dal cuore, perché è stata seminata nel tuo cuore da Dio.

È un po’ ciò che vediamo nella samaritana. Alla rivelazione di Gesù: «sono io che parlo con te», senza indugio la donna «lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente». È diventata discepola e missionaria, con l’entusiasmo di chi ha riscoperto il senso della propria vita, non più schiacciata sotto il peso di errori e fallimenti, ma con la gratitudine immensa di una che si è sentita non solo rispettata, ma accolta e considerata, soprattutto restituita alla possibilità di una nuova vita, di un nuovo inizio. Tutto era cominciato con l’incontro, con quell’incontro apparentemente casuale al pozzo, dove Gesù la aspettava senza che lei potesse mai sospettarlo. E la sorpresa più grande era stata quella di vedersi rivolta una richiesta, lei sempre emarginata, disprezzata e giudicata, ora viene riconosciuto degna e capace di fare e dare qualcosa, di dire la sua, di ritrovare la sua dignità di fronte ai suoi stessi occhi e di fronte a quelli degli altri.

È così che Dio in Gesù fa con noi: si mette nella condizione del bisogno, dell’indigenza, della domanda e dell’attesa. Ha deciso di dipendere da noi, di darci spazio e iniziativa, e comunque sempre una nuova possibilità. Quando scopriamo che è lui ad averci chiesto qualcosa, quasi ce ne vergogniamo, o almeno dovremmo vergognarcene. Che cosa possiamo fare noi per Dio? Il nulla che cosa può fare per il tutto? Eppure è ciò che diventa possibile, seppure solo quando scopriamo la vera sete che ci abita. All’incontro sorprendente segue il dialogo, la ricerca e l’ascolto reciproco di Gesù e della samaritana. E allora sentiamo risvegliarsi dentro di noi nostalgie e sogni e speranze che avevamo dimenticato o forse mai sperimentato. All’incontro con Gesù si risveglia il bello, il meglio del nostro umano sentire. E avvertiamo che solo con lui la nostra vita può trovare senso e avere riuscita. Riservarla a lui non è perderla, ma trovarla per sempre. Di qui l’entusiasmo della risposta e il bisogno di condividerla.

Noi che abbiamo ricevuto il ministero, tu che ti prepari ad esso, Alessandro, e tutti voi ciascuno alla propria maniera, dobbiamo testimoniare che è possibile incontrare Gesù e con lui trovare il senso della vita e la gioia di donarla. C’è spesso tanta tristezza e tanta falsa allegria attorno a noi, e il motivo è che non si giunge a scoprire perché questa vita l’abbiamo ricevuta e si finisce con lo sprecarla, nel migliore dei casi per cose inutili o non all’altezza della sete e della speranza che ardono dentro di noi. Eppure c’è un’acqua capace di dissetare, è lì, disponibile, pronta per essere bevuta a sazietà. È l’acqua dello Spirito e dell’amore di Dio che Gesù riverserà senza riserve sul mondo dall’alto della croce. Attingiamo a quest’acqua nel sacrificio che si rinnova anche oggi sull’altare e non esitiamo a porgerne in abbondanza a tutti gli assetati come noi che vi anelano.

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