OMELIA
Olmobello, 27 giugno 2019, Solennità del SS. Cuore di Gesù
60° anniversario di ordinazione presbiterale di don Amedeo Passeri
+ Mariano Crociata
60 anni di ministero sono un tempo davvero eccezionale per la nostra precaria contabilità temporale. La ricorrenza è una di quelle che, a incontrarla, risveglia pensieri più lunghi e insoliti sul senso della vita ma anche sulla varietà dei modi di condurla e soprattutto sulle circostanze, talora ordinarie talora imprevedibili, che la accompagnano. Pertanto è ben comprensibile che ci accostiamo con palpabile emozione a questa felice ricorrenza anniversaria di don Amedeo.
Parliamo dei nostri sentimenti, ma immaginiamo anche i suoi, che vedono scorrere la fatica e la gioia di questi lunghi anni condotti intensamente fino ad oggi nel pieno del servizio alla Chiesa e ai fedeli come sacerdote. È un dono grandissimo per lui e per noi. La nostra gratitudine immensa al Signore si unisce alla sua, facendola diventare esultanza dinanzi al Dio della vita e della salvezza. Sta tutto qui il senso del nostro esserci ritrovati per questa celebrazione.
La fatica pastorale di don Amedeo è stata interamente spesa fino ad ora nel ministero parrocchiale, dal SS. Salvatore di Terracina, ai Ss. Damiano e Cosma sempre di Terracina, al S. Cuore di Borgo Sabotino e Stella Maris a Latina, e infine qui, a Olmobello, Cerciabella e Borgo Flora di Cisterna. Pochi passaggi ma durevoli e intensi, segnati da instancabile iniziativa pastorale, che si è estesa a tutti i campi, dalla predicazione e celebrazione dei sacramenti, alla cura della comunione e della fraternità, alla carità, non ultimo alla edificazione di nuove chiese, come questa nella quale ci troviamo.
Ci accontentiamo di questi pochi cenni, perché non dobbiamo fare un panegirico; tuttavia c’è una cosa che si fa notare quando si tratta di don Amedeo, e cioè l’estensione e la profondità delle amicizie, della cordialità, dei legami e delle collaborazioni che non cessano di circondarlo fino ad oggi. Lodiamo il Signore per questa sua incessante tessitura di buone relazioni nel nome dell’amore di Gesù e della sua parola, per la diffusione del Regno di Dio e l’edificazione della Chiesa.
La solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, che proprio oggi celebriamo nella vigilia, ci offre un’occasione singolare di meditazione e di preghiera, proprio sull’amore del Signore che si è manifestato sempre come buon pastore che guida le pecore su pascoli di vita e di salvezza. L’immagine del pastore, con la quale Dio stesso e quindi anche Gesù si immedesimano, ci spinge a guardare anche alla vera figura del sacerdote. Di fatto perché esistono i preti? Unicamente allo scopo di far incontrare e sperimentare la presenza dell’unico pastore, Dio nella persona del Figlio incarnato Gesù. Certo il Signore conosce e sa scegliere tanti modi per guidare la vita dei suoi figli verso destini di bene e di salvezza, ma ordinariamente, specialmente nella vita della comunità ecclesiale, è la persona del presbitero che fa da tramite per manifestare il volto amorevole del buon pastore. Noi tutti sappiamo che c’è una bella differenza tra un sacerdote che riesce a trasferire il senso di Dio, della sua vicinanza e del suo amore, e uno che invece, per ragioni che non dobbiamo giudicare, non ha la capacità di farlo. Questo fatto ci deve spingere a sostenere tutti i sacerdoti e a pregare per loro, ma soprattutto a riconoscere e affiancare quei buoni sacerdoti che il Signore ci mette accanto. Dovremmo imparare a non essere ingrati. Troppe volte i capricci e le fisime di alcuni laici, che non si dimostrano così vere pecore del gregge di Cristo, finiscono con l’ostacolare il ministero presbiterale. Bisognerebbe riflettere bene su questo.
Quando invece si sperimenta la comunione e l’armonia tra pastore e gregge, allora avviene una sorta di miracolo, poiché si forma una comunità in cui la presenza del Signore è palpitante e tutti possono avvertire, anche dall’esterno, che il Signore è vicino, non abbandona, ma guida a superare ogni ostacolo per far giungere alla vita. E si verifica anche un altro fenomeno, e cioè si sviluppa la capacità di amare e di aiutare le membra più deboli della comunità e perfino i più lontani e ostili. Che cosa vuol dire se non questo l’immagine della pecora perduta o l’affermazione di san Paolo che Cristo è morto per noi quando eravamo ancora peccatori? Davvero l’amore del Signore è senza limiti, e cerca la nostra salvezza proprio mentre siamo più lontani da lui. Lo stile del sacerdote secondo il cuore di Cristo è proprio quello che fa diventare una comunità amorevole e accogliente verso i marginali, gli estranei e i lontani. E questo perché le nostre comunità non sono formate da persone perfette, ma da persone salvate, e tra le une e le altre c’è una bella differenza. Presbitero e comunità devono imparare insieme che l’amore di Gesù per noi è davvero senza limiti e da questa esperienza che diventa certezza scaturirà una libertà di amare e di servire gli altri che fa lo splendore della Chiesa.
Ringraziamo allora il Signore ancora una volta, insieme a don Amedeo, per il dono che ci ha fatto per tanti anni della sua persona, e preghiamolo che ce lo conservi ancora a lungo con lo stesso spirito di amore a lui e di dedizione alla Chiesa e ai fratelli che lo ha sempre contraddistinto.
Auguri, don Amedeo!