Convegno “Il Giubileo della Speranza e i Cammini della rinascita” (25/05/2025 – Fossanova)

25-05-2025

Convegno

“Il Giubileo della Speranza e i Cammini della rinascita:

Pellegrinaggio, Tradizione, Cultura e Spiritualità”

Fossanova, 25 maggio 2025

nell’ambito della Festa Francigena 2025

+ Mariano Crociata

Camminare è stato nei secoli passati la modalità ordinaria per spostarsi da un posto ad un altro. L’avvento del treno e dell’auto ha cambiato profondamente la mobilità umana, con l’effetto di favorire piuttosto la tendenza alla stanzialità, tant’è che il movimento fisico viene spesso richiesto o suggerito come terapia, oltre che essere praticato come sport.

Questo cambiamento ha fatto perdere una dimensione più profonda del camminare che gli antichi, fino anche a tempi recenti, hanno invece sempre mantenuto accanto alla dimensione ordinaria dovuta a necessità o lavoro. Il significato religioso impregnava tutti gli ambiti della vita e spesso si manifestava anche come motivazione esclusiva nella decisione di intraprendere un cammino che propriamente si qualificava come pellegrinaggio, che aveva nella tomba di san Pietro, insieme a quella dell’apostolo Paolo, a Roma o nei vari santuari sparsi per l’Europa una meta dalla risonanza spirituale straordinariamente profonda nel vissuto di chi ne iniziava uno.

Da qualche tempo, anche in un’epoca come la nostra tecnicamente così evoluta, vediamo crescere l’interesse nei confronti di cammini, soprattutto verso antiche mete religiose e non solo, scelti e percorsi per il semplice desiderio di fare un’esperienza che interrompa la routine che domina la vita ordinaria. Ci si incontra spesso con la sensazione che il clima, mentale e interiore, si sia fatto piuttosto nebbioso, confuso, e si avverte prepotente il bisogno di luce, di una visione più chiara, di un’aria più pulita da respirare, e non solo in senso spirituale. E questo ad un livello non necessariamente solo religioso, quanto meno non esplicitamente.

Vedrei in questo un segno dei tempi: in un’epoca in cui l’orizzonte collettivo sembra chiudersi e ripiegarsi su di sé, preoccupato solo di assicurarsi un benessere materiale e di difendersi da un mondo ostile e violento, si sente il bisogno di rompere il guscio dentro cui siamo costretti e come imprigionati, per nascere di nuovo o risvegliarsi, riscoprire una libertà più profonda di quella di consumare o, come si suole dire, di ‘ammazzare il tempo’. C’è bisogno di altro, siamo fatti per altro, per un oltre che l’esperienza religiosa e la vita di fede riconoscono nella trascendenza integrandola nell’esistenza ordinaria, conferendo ad essa un’apertura infinita, un respiro senza confini.

Il cammino e il pellegrinaggio rispondono a questa esigenza e fanno compiere in qualche modo una tale esperienza. Attraverso il distacco e la fatica, l’alternarsi della solitudine e della compagnia, il contatto con la natura con le sue illimitate sfumature di luoghi e di ore del giorno, soprattutto attraverso il dialogo con se stessi e, almeno per alcuni, la riflessione personale, il ripensamento e il pentimento, la conversione, la preghiera, camminare diventa un processo di rigenerazione e di riscoperta del senso della vita. Già solo riappropriarsi e gustare la propria vita e la propria condizione umana come sensate, come orientate verso un compimento, ritrovare le motivazioni per continuare il proprio impegno ordinario o per maturare nuove scelte e decisioni: tutto questo ha un valore incommensurabile che arricchisce l’umanità e, per chi la condivide, la fede propria e degli altri. In questo modo il camminare rivela tutta la sua valenza metafora del viaggio della vita.

La ricorrenza giubilare e il tema della speranza che ne ispira la celebrazione non possono che mettere in evidenza l’apertura che è propria di ogni cammino, e soprattutto di ogni pellegrinaggio, verso un futuro che per noi credenti non è incertezza o vuoto, e nemmeno fatuo ottimismo, ma luogo di una promessa certa che attende di compiersi grazie anche al nostro andare decisamente avanti nel viaggio della vita.

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