«Non più schiavi ma fratelli» per arrivare alla pace, la discussione al convegno sul tema del messaggio del Papa

 Un importante momento di riflessione quello vissuto dalla diocesi pontina nel corso di un partecipato convegno per la pace, tenuto sabato 17 gennaio presso la Curia vescovile di Latina. L’organizzazione è stata curata dagli Uffici diocesani per la pastorale giovanile, della Formazione Socio-politica, del Lavoro e Missionario, dalla Caritas diocesana e dall’Azione cattolica pontina. Il tema ha ripreso il Messaggio di papa Francesco per la Giornata della Pace del 1 gennaio scorso dal titolo più che esplicativo «Non più schiavi ma fratelli», ed è stato affrontato grazie agli interventi di don Gianni Checchinato, rettore del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, Alex Zappalà, segretario nazionale Missio Giovani, Tommaso Carturan, cantautore e ideatore di Arte Migrante.

Il convegno è stato aperto dal saluto del vescovo Mariano Crociata: «Questo, che è diventato un appuntamento atteso, si rivela quest’anno non solo provvidenziale, ma come nuovo e necessario. Ciò che accade in questi giorni nella nostra Europa e in altri continenti, vede pericolosamente minacciata la pace del nostro piccolo fragile mondo e chiede più che mai coscienza, parole e gesti di pace. Il Papa ci invita ad allargare lo sguardo e il cuore a orizzonti sempre più vasti di verità, giustizia, fraternità. È in questo spirito che questo Convegno vuole essere vissuto, avendo come termine di riferimento il tema che papa Francesco ha affidato al messaggio per la Giornata della pace di quest’anno: Non più schiavi, ma fratelli. Quando non si riesce più o non si vuole vedere nell’altro un fratello, allora ci si pone inevitabilmente sulla china che conduce alla reciproca schiavizzazione. E d’altra parte, tutto ciò che rende schiavi è una minaccia alla pacifica convivenza. Quando si parla di pace, è sempre incombente la tentazione della retorica, che finisce con l’addebitare ad altri tutte le colpe e a non lasciarsi mettere in questione in prima persona. Questo incontro, con proposte di riflessione e testimonianze di vita, è una buona premessa perché possiamo uscire da qui almeno un poco cambiati e decisi a diventare operatori di fraternità e di pace».

A don Gianni Checchinato il compito di proporre la riflessione che introduce al tema. Partendo da una prospettiva biblica per focalizzare che «l’uomo non può essere creatore se non si accetta limitato, bisognoso dell’altro» è arrivato a ricordare che «secondo la Scrittura il non accogliere la differenza, l’alterità, rappresenta un regresso verso quel caos primordiale che l’atto creatore di Dio aveva respinto con la sua potente Parola». D’altronde, la stessa «Scrittura conosce molto bene il tema della difficoltà ad accogliere l’altro», come lo stesso papa Francesco ha rimarcato nel suo messaggio per la giornata della Pace. In un altro passaggio, don Gianni Checchinato, ha sottolineato la costituzione delle “strutture di peccato” che fanno venire meno l’esperienza della fraternità. La questione, per il cristiano, è cosa fare. «Una tentazione alla spesso soccombiamo come credenti è quella di iniziare a lanciare scomuniche e a fare i moralisti presumendo di avere la verità in tasca», ha spiegato don Gianni. Al contrario, invece, il suggerimento dato da don Gianni è quello di puntare «al superamento della logica delle contrapposizioni con coloro che non la pensano come noi», all’agire «corresponsabilmente superando la tentazione del lamento piagnucoloso», infine a «imparare a ascoltare e valorizzare il pensiero di tutti» (in basso il link per scaricare la copia dell’intero intervento).

Un’esperienza interessante è quella presentata da Tommaso Carturan, 28enne originario di Latina, il quale ha fondato Arte Migrante. «Da tre anni vivo a Bologna questa esperienza di vita comunitaria ospite nella canonica di della parrocchia di sant’Antonio di Savena. Qui è basata la comunità che fa parte di Albero di Cirene, un’intuizione del parroco don Mario Zacchini. Invece, circa Arte Migrante questo è un gruppo nato prima a Latina nel 2012 e poi a Bologna nel 2014. Esso è costituito da persone provenienti da diverse nazionalità e condizioni sociali. Lo scopo è quello di promuovere l’intercultura e l’inclusione sociale e contrastare l’indifferenza e il razzismo ancora molto diffusi nella nostra società» (in basso il link per scaricare l’intera presentazione).

Una prospettiva internazionale è quella condivisa da Alex Zappalà, segretario nazionale di Missio Giovani, centrata tutta «sull’esperienza di fraternità itinerante vissuta con popoli del Sud del mondo al sud del mondo stesso che noi proponiamo ai giovani legati a Missio». Nel corso del suo intervento, Alex Zappalà ha spiegato che «la fraternità di cui parlo è quella che sperimenta la minorità». Si tratta di una fraternità che allo stesso tempo si fonda su amicizia e perdono, un principio spiegato con riferimento a due episodi di relazione con persone incontrate nei suo viaggi, 25 paesi visitati in cinque anni di servizio.  

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