Cordoglio per il decesso di don Anselmo Mazzer, lunedì 16 settembre i funerali (Aggiornamento: omelia del vescovo Crociata)

Questa notte alle ore 1,30 è deceduto don Anselmo Mazzer, 76 anni d’età, Economo diocesano e Parroco di Santa Maria Goretti in Latina. Il decesso è avvenuto dopo una breve malattia presso l’ospedale civile di Latina, dove era ricoverato dall’altro ieri.

Il rito delle esequie, presieduto dal vescovo Mariano Crociata, sarà celebrato lunedì 16 settembre, alle ore 10,00, presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria Goretti, a Latina.

Invece, la camera ardente si terrà domenica 15 settembre dalle 8,30 alle 12,00 presso l’ospedale civile di Latina, successivamente alle 12,30 la salma verrà accolta presso la parrocchia di Santa Maria Goretti, dove la sera alle 21,00 si terrà una Veglia di preghiera.

Don Anselmo Mazzer

Don Anselmo Mazzer era nato il 1° ottobre del 1947 a Terracina, la sua famiglia è ancora oggi residente nella frazione di Borgo Hermada. Ha frequentato il seminario maggiore di Anagni dove ha seguito gli studi di filosofia e teologia, al termine dei quali è stato ordinato presbitero il 10 luglio del 1976, venendo incardinato per l’allora Diocesi di Terracina-Latina, Sezze e Priverno.

Il primo incarico pastorale è stato quello di vicario parrocchiale presso la Parrocchia della Concattedrale di Sezze, di cui poco dopo è diventato Parroco. Dopo quasi tre decenni trascorsi nella comunità setina, a novembre del 2003 il trasferimento a Latina per assumere l’ufficio di Parroco di Santa Maria Goretti. Attualmente ricopriva l’incarico di Economo diocesano e di assistente ecclesiastico della Sezione di Latina dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti (Ucid).

Negli anni, però, don Anselmo Mazzer ha affiancato all’ufficio di Parroco altri importanti incarichi ecclesiali a livello diocesano: è stato Vicario Foraneo di Latina, Moderatore di Curia, Difensore del Vincolo presso il Tribunale ecclesiastico diocesano, Assistente dell’Azione Cattolica Diocesana, componente eletto del Consiglio Presbiterale (il senato del Vescovo). Su tutti però spicca una sorta di piccolo record: fino al suo decesso è stato membro del Collegio dei Consultori, scelti dal Vescovo tra i componenti del Consiglio Presbiterale, sin dalla costituzione di questo organismo di partecipazione prevista dal nuovo ordinamento canonico del 1984.

La Diocesi di Latina esprime anche un ringraziamento al personale sanitario dell’ospedale Goretti di Latina, in particolare delle Unità di Medicina d’Urgenza e di Anestesia e Rianimazione per le cure e l’assistenza prestata a don Anselmo Mazzer nell’ultima fase della sua vita terrena.

Il sindaco di Latina Matilde Celentano ha espresso il suo cordoglio anche a nome della città di Latina:

«Con profonda tristezza abbiamo appreso della scomparsa di Don Anselmo Mazzer, parroco della chiesa di Santa Maria Goretti. Per oltre due decenni, Don Anselmo è stato una guida spirituale instancabile e una presenza costante per la nostra comunità, sempre disponibile ad ascoltare e sostenere chiunque ne avesse bisogno. Oltre al suo prezioso lavoro qui a Latina, ha servito la diocesi in molti ruoli, dimostrando sempre grande saggezza e integrità. La sua perdita lascia un vuoto incolmabile nel cuore di tutti noi, ma il suo esempio di generosità e vicinanza ci accompagnerà sempre. A nome della città, esprimo il mio più sincero cordoglio alla sua famiglia, ai suoi parrocchiani e a tutta la comunità ecclesiastica. Che il suo ricordo rimanga vivo nelle nostre preghiere e nel nostro impegno quotidiano verso il bene comune».

Il rito dell’ultima raccomandazione e del commiato

L’uscita del feretro

AGGIORNAMENTO AL 16/09/2024: 

OMELIA del vescovo Mariano Crociata

Siamo stati dolorosamente sorpresi dalla morte di don Anselmo Mazzer. Quando le reali condizioni della sua salute sono apparse chiare era già troppo tardi non solo per fare qualcosa ma anche per avere il tempo di elaborare la sua fine. E ora invece siamo qui a dargli l’ultimo congedo.

La morte di un prete non è diversa dalla morte degli altri, dalla morte di ogni persona umana che incontra in essa il termine ma anche il compimento di una esistenza terrena qualunque sia la sua durata. Ci fermiamo al suo cospetto con la costernazione e il rifiuto che merita, ma anche con l’accettazione della sua presenza inevitabile nella condizione umana alla quale essa conferisce tutta la sua drammatica grandezza. Fatti per l’infinito, possiamo solo conoscerne l’anelito profondo che ci anima verso di esso proprio preparandoci ad accoglierne l’inesorabile interruzione e l’apparente negazione. Apparente almeno per noi credenti in Cristo, il quale intorno alla morte ha giocato la sua esistenza terrena nella prospettiva di una vita che Dio ha affermato vittoriosamente sulla morte donandogli la risurrezione. Per questo la morte di un prete ha un potere evocativo singolare e una capacità peculiare di rimandare a tutto ciò che egli rappresenta nella Chiesa e nella società.

Ho cercato una parola che condensasse ciò che don Anselmo è stato e ha fatto, e mi è venuto in mente un termine astratto ma efficace: concentrazione. La sua esistenza di prete è stata concentrata in due parrocchie, Santa Maria a Sezze, dove ha trascorso 27 anni, e Santa Maria Goretti a Latina, dove è stato per 21 anni. Ma soprattutto la sua personalità aveva un carattere compatto, tutto d’un pezzo, come si usava dire una volta. C’è una coerenza che va apprezzata in uno come lui, serio e severo, intelligente e attento, soprattutto fermo nelle convinzioni che aveva fatte sue in un apprendistato ministeriale che ha ricevuto l’impronta decisiva al seminario di Anagni ma è cresciuto dentro l’esperienza pastorale, nella quale si è speso, soprattutto in Azione Cattolica, in un’opera educativa e formativa costante.

Collaboratore fidato di tutti i vescovi che ha avuto come pastori nei suoi anni di ministero, si è speso per la nostra Chiesa avendo in essa l’unica sua ragione di vita. La sua forma mentis aveva soprattutto un carattere dottrinale, direi dogmatico. Nel confronto con lui si poneva il problema di come trasmettere il senso della centralità di Cristo, a cui teneva con estrema determinazione, in un mondo nel quale i presupposti religiosi e cristiani sono venuti meno. In questo senso egli ha rappresentato la fatica che la Chiesa oggi fa a incontrare questo mondo contemporaneo e la mentalità corrente. Certo un esempio egli lo è stato, perché non ha conosciuto la tentazione in cui molti oggi cadono, secondo cui il cambiamento della mentalità dominante rende indulgenti, e perfino cedevoli, verso gli adattamenti e gli annacquamenti di una fede cristiana che finisce con il perdere la sua specificità e perfino i suoi contenuti più propri e irrinunciabili. Le letture appena proclamate ci chiedono di rievocare proprio quei contenuti e di rinnovarne la convinta accoglienza.

Due sono infatti per un cristiano le realtà essenziali da tramandare che san Paolo per primo sottolinea, la fede nella risurrezione e la fede nell’Eucaristia. Entrambe hanno a che fare con la morte, come abbiamo ascoltato. La risurrezione di Cristo non riguarda solo lui, ma la condizione umana come tale, perché se la morte è toccata a lui che è il Signore della vita, allora vuol dire che essa si è trovata in uno scontro impari che non poteva in alcun modo superare. La morte come tale viene sconfitta nell’atto stesso in cui aggredisce Cristo; in lui infatti abita una potenza infinitamente più grande della morte. La morte viene dall’uomo, da noi creature, la vita viene da Dio. Perciò nella morte di Gesù la morte di tutti è stata irreversibilmente aggredita, per essere sconfitta al momento opportuno, ma già fin da ora per noi che continuiamo a vivere andando verso la morte. Se infatti apparteniamo con la fede a Cristo che vince la morte, allora viviamo della sua stessa vita, come lui, vincendo quel peccato che della morte è l’origine e la causa. In lui allora viviamo già della vita di Dio in attesa di entrarvi definitivamente attraverso un passaggio di morte che a questo punto nulla potrà più contro di noi.

Don Anselmo ha creduto fermamente in tutto questo e lo ha insegnato e spiegato nel suo lungo ministero, che si è ugualmente concentrato nell’Eucaristia, davvero centro e culmine della vita cristiana. Attorno ad essa ha costruito la sua esistenza personale e il suo servizio pastorale, consapevole che nutrirsi del corpo risorto del Cristo glorioso sacramentalmente presente nel pane e nel vino equivale a partecipare della sua stessa vita umana trasfigurata dalla risurrezione e entrata nella condizione di Dio, nella comunione delle persone divine. Celebrare e quindi ricevere l’Eucaristia non è entrare in comunicazione con una figura del passato bensì venire a far parte della comunione attuale della vita di Dio. Non finiamo di interrogarci, per noi stessi e per i tanti che lo chiedono, su quali debbano essere le condizioni, i tempi, la consapevolezza per accostare adeguatamente questa realtà così inarrivabile nella sua infinita grandezza. Ma confidiamo che colui che si è abbassato fino alla morte di croce e fino a farsi cibo e bevanda per noi, riconosca la sincerità del nostro desiderio e non misuri con il rigore che richiederebbe l’indegnità delle nostre persone e della nostra vita. Davvero grandioso sapersi in comunione reale con la vita eterna in Dio, che attende di accoglierci oltre il confine della morte che don Anselmo ha appena varcato.

Lo affidiamo alla misericordia di Dio, certi che Egli lo accoglie con l’amore e la misericordia che don Anselmo ha professato, predicato e cercato nel suo lungo ministero. Mentre lo affidiamo a Dio con la nostra preghiera, siamo certi che la sua preghiera si farà più intensa per la nostra Chiesa e per tutti noi che lo abbiamo conosciuto. Per la sua presenza in mezzo a noi non finiremo di sentire gratitudine.

Don Anselmo, riposa in pace.

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