Omelia nella messa della notte di Natale 2025 (cattedrale di S. Marco, Latina)

25-12-2025

OMELIA

Natale 2025 (cattedrale di S. Marco, Latina)

+ Mariano Crociata

È consuetudine, a Natale più che in ogni altra festa, cercare parenti e amici, ed essere cercati, per uno scambio di auguri. Non è solo un gesto di buona educazione o una mera convenzione. In realtà fa piacere essere pensati; e fa piacere anche chiamare qualcuno, magari dopo qualche tempo, per il piacere di sentirlo, di rinnovare una frequentazione, un’amicizia, di far giungere e rinnovare un segno di affetto e di stima.

Sentirsi voluti bene è come un carburante per la nostra vita, qualcosa che ci fa compiutamente persone perché in relazione, ci dà il senso di noi stessi, di ciò che siamo e di ciò che siamo diventati. E con l’essere voluti bene, abbiamo bisogno di stima e di apprezzamento, abbiamo bisogno di riconoscimento. Una cosa curiosa che spesso accade è che non teniamo in grande considerazione l’attenzione di tanti che abitualmente e stabilmente ci vogliono bene, quasi non ci facciamo caso; e invece ci rammarichiamo, a volte fino a farne, come si suol dire, una malattia, perché ci sono persone da cui vorremmo riconoscimento e affetto, e queste al contrario non si interessano a noi, ci ignorano e in certi casi nemmeno ci guardano.

Forse dovremmo riflettere sulle nostre aspettative e sul modo migliore per trattarle e gestirle. Potremmo per esempio cominciare col richiamare la regola d’oro nella versione evangelica: fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te, o letteralmente: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12). Allora scopriremmo una cosa interessante, e cioè che quando noi siamo generosi, allora il bene ci ritorna in cambio in misura moltiplicata. Non alla maniera dei regali dati e ricambiati, che alla fine scandiscono convenzioni sociali regolate da un preciso calcolo. Generosità, voler bene senza calcolo è un’altra cosa: è volere bene e fare il bene per il piacere di farlo, senza attesa di alcun ritorno o riscontro. Finché agiamo con lo scopo di ottenere riconoscimento e apprezzamento, questi arriveranno sempre meno.

Qual è la lezione e il senso del Natale, da questo punto di vista? C’è da dire innanzitutto che, per ciò che possiamo capire di Dio, egli non ha certo bisogno di noi. Non ci ha creati perché ne sentisse una qualche necessità. Lo ha fatto per pura generosità e amore, per farci partecipi della sua vita. Ancora meno il suo diventare uomo rispondeva a qualche esigenza e nemmeno a qualche capriccio, come era tipico delle divinità mitologiche. Lo muove un desiderio gratuito e puro di bene, al punto di farsi uomo come noi e di esporsi alla fine sicura che non poteva non aspettarlo visto il nostro modo di agire. La cattiveria e la crudeltà di cui gli uomini siamo capaci, non meno ancora oggi, visto ciò che succede anche solo con le guerre in corso, non potevano fare sperare a Gesù una fine diversa da quella della croce.

Perché lo ha fatto? Perché ci si presenta come un bambino, inerme e bisognoso di tutto? Un bambino chiede amore, chiede accudimento, premura, vicinanza, affetto, tenerezza. Ma se siamo noi che abbiamo bisogno di questo e di molto altro, e lo vorremmo da Dio, perché è lui a chiedere tutto questo a noi presentandosi nel bambino Gesù? E non dimentichiamo che Gesù rimane sempre quel bambino bisognoso di tutto che una volta è stato, perché la croce non è altro che la fissazione in perpetuo della sua condizione finita dinanzi a noi.

Ma torniamo alla domanda sul perché chiede a noi di essere voluto bene. Nella risposta a questa domanda si disvela per noi il mistero del Natale. E la risposta è la seguente: solo chi impara a voler bene scopre di essere voluto bene. Imparando ad amare questo bambino, scopriamo quanto Dio ci ha voluto e ci vuole bene. Se facciamo questa scoperta, allora ha trovato appagamento ogni nostro bisogno di riconoscimento, di apprezzamento, di stima, di considerazione, di amore, perché la realtà si schiude in tutta la sua verità.

E la verità è che noi siamo al centro del cuore e della mente di Dio. Il problema è che rimaniamo chiusi in noi stessi. In tal modo però rimaniamo non solo incapaci di guardare alle attese e ai bisogni di chi ci sta accanto, ma incapaci di capire veramente quanto bene c’è per noi e quanto siamo voluti bene. Questo ci dice Gesù bambino: noi abbiamo bisogno di aprirci agli altri e a Dio che si fa bambino, perché questo è l’unico modo per imparare a sentirci apprezzati e stimati, considerati e voluti bene. Finiremo così di fare guerra per conquistare qualcosa che per quella via non raggiungeremo mai, ma piuttosto cominceremo a farci dono e così vederci arrivare in dono ciò a cui più profondamente aneliamo.

L’augurio per me e per voi è che questo Natale ci aiuti a capirlo, a sentirci così, a vivere così.

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