Omelia nella Santa la Messa per le istituzioni civili (14/12/2022 – Cattedrale di S. Marco, Latina)

14-12-2022

OMELIA

Mercoledì 14 dicembre 2022, III settimana di Avvento

Messa per le istituzioni civili

+ Mariano Crociata

È Natale per le istituzioni se è Natale innanzitutto per le persone. Le istituzioni attuano compiutamente le loro finalità se le persone che le rappresentano e le fanno operare non si stancano di cercare la loro qualità morale e spirituale. Essere qui oggi è in qualche modo espressione di questa ricerca.

Il Natale dovrebbe rappresentare sempre il segno di una novità, di qualcosa di imprevedibile e inaudito. Che il Figlio di Dio si faccia uomo non è mai riducibile ad una affermazione banale, ovvia. E invece purtroppo è ciò che accade con questa festa cristiana. Gesù nel vangelo di oggi ci aiuta a imparare a cogliere questa novità che non diventa mai vecchia. Ci fa capire infatti che decisivo nella vita, e anche nella vita dei credenti, è lo sguardo, il modo di guardare le persone e ciò che accade.

Dobbiamo cercare di immaginare che cosa c’è dietro la domanda di Giovanni Battista, un uomo diventato profezia con la sua sola presenza e con la parola tagliente che trasmette. Egli aveva dedicato se stesso a ravvivare l’attesa del Messia, che aveva riconosciuto proprio in Gesù. Ora è in carcere per essere rimasto fino in fondo coerente con la sua missione ma si sente tormentato dal dubbio di avere sbagliato. Aveva puntato su Gesù, ma ora è lacerato da un interrogativo inquietante: è lui o non è lui? Da che cosa nasce questo dubbio? Nasce dal fatto che Gesù non corrispondeva all’immagine di Messia che egli si era costruito un po’ con tutta la tradizione biblica: un condottiero, una figura straordinaria e travolgente capace di ristabilire indipendenza, giustizia e ordine morale e sociale nella tormentata Palestina occupata dallo straniero. E invece Gesù non ha nulla di tutto questo. È una persona dimessa, mite, che non ama mettersi in evidenza, priva di qualsiasi ruolo sociale, un predicatore itinerante.

Alla domanda diretta degli inviati di Giovanni Battista Gesù risponde prima agendo e poi parlando. E quando parla, non fa discorsi e ragionamenti per rivendicare e portare prove, ma semplicemente descrive quello che ha fatto. E ciò che fa e che narra non è altro che la rinascita delle persone. All’incontro con lui le persone rivivono, riscoprono la bellezza della vita e la gioia di vivere; se malati, guariscono, non solo fisicamente ma soprattutto dentro, perché riacquistano coraggio e volontà di vivere, diventano persone nuove.

Qual è la lezione per noi? La prima è che non possiamo ridurre Dio dentro i nostri schemi. Ci aspettiamo che Dio sia in un certo modo, faccia certe cose. E invece Dio non è secondo i nostri schemi mentali e le nostre aspettative. Noi pensiamo che Dio debba agire come immaginiamo che agisca uno che è onnipotente, e invece manda il suo Figlio sulla terra facendolo nascere come uno tra gli ultimi: non un sacerdote del tempio, non un appartenente alla corte del re, non un benestante come i sadducei, non un uomo dalla religiosità ostentatamente perfetta come i farisei; è un uomo comune, che però con i suoi gesti e le sue parole cambia le persone, le guarisce, le rende migliori.

Allora la seconda lezione è che il nostro sguardo deve cambiare, purificarsi, affinarsi. Abbiamo bisogno di imparare a cogliere il bene, il bello, il giusto dovunque e in chiunque si trovi. Dio non agisce secondo i nostri schemi, semina e fa crescere del bene dove e come non ce l’aspettiamo.

L’ultima lezione, infine, è che anche noi possiamo diventare fautori di vita nuova, di rinnovamento delle persone. Sforzarci di rendere migliori le persone e la loro vita, per quanto è nelle nostre possibilità e sempre nel rispetto della libertà e della coscienza di tutti: questo dovremmo sentire come nostro primo compito. I miracoli non sempre hanno un aspetto strepitoso. Anche il bene nascosto e semplice è un miracolo. Ci sorprendiamo per le cose terribili che accadono a questo mondo, degli scandali che continuamente scoppiano, e non sappiano stupirci nel vedere che ci sono ancora e sempre persone che vogliono bene, che si spendono e si sacrificano, che si dedicano ad aiutare gli altri, in famiglia e fuori, senza far chiasso, senza portare vanto, senza pretendere riconoscimenti. Far parte di questa schiera di persone può diventare l’oggetto di una apprezzabile ambizione personale e il frutto più genuino della celebrazione del Natale ormai prossimo, oltre che un ideale che merita di essere perseguito. È questo, allora, il mio augurio per me e per tutti voi.