Cinquantesimo anniversario di ordinazione presbiterale di don Giancarlo Masci (29/06/2022 – Chiesa S. Carlo Borromeo, Latina)

29-06-2022

OMELIA
Cinquantesimo anniversario di ordinazione presbiterale di don Giancarlo Masci
Mercoledì 29 giugno 2022, festa dei santi Pietro e Paolo
+Mariano Crociata

Caro don Giancarlo,
siamo contenti di essere qui a farti corona per ringraziare insieme a te il Signore per i cinquant’anni di ministero presbiterale che ti ha concesso. Immagino ci si senta un po’ confusi di fronte a una cifra di tale rotondità e di così lunga durata. Troppe cose, anzi una vita intera si affolla dinanzi allo sforzo di tenere insieme una simile distesa temporale, nella quale i ricordi raccolgono qua e là qualche frammento rispetto a un vissuto in cui si sono intrecciati incontri, persone, gioie e consolazioni, ma anche fatiche e dolori, esperienze di ogni genere nell’impegno a servizio del Regno. C’è davvero di tutto nella vita di un uomo che è stato investi-to da una grazia speciale, dal sacramento, per essere semplicemente e tutto per gli altri, mediatore di grazia attraverso la parola e i sacramenti, e poi anche accompa-gnatore, educatore, consolatore, organizzatore, e a volte anche un po’ imprendi-tore. È bello per un vescovo sentir parlare, nelle occasioni più disparate, del bene fatto e dell’affetto suscitato in tanti fedeli da un proprio sacerdote. È il segno più eloquente che il Signore è all’opera nella Chiesa. Siamo grati con te al Signore, ca-ro don Giancarlo, per il tuo esempio e la tua dedizione sacerdotale; e siamo grati a te per averlo fatto con la passione e la dedizione di cui sei capace; lo siamo, con-fratelli e laici qui convenuti, per il tuo desiderio di far crescere non solo la fede in tanti fratelli e sorelle nelle comunità che hai servito – a S. Maria Goretti a Latina, a Borgo Montenero, a S. Maria Assunta in cielo a Cisterna e in questi anni qui a S. Carlo Borromeo a Latina –, ma anche per l’attenzione che hai avuto alla comunione tra confratelli, con quel senso del presbiterio, fondato nel sacramento dell’ordine, senza il quale ogni azione pastorale rischia di rimanere infeconda.
La festa dei santi apostoli Pietro e Paolo, da sempre cornice ideale di una ordi-nazione presbiterale, ci dà la misura alta del nostro ministero, nel sentimento di comunione con il successore di Pietro e nel desiderio vivo di essere abitati inte-riormente dalla medesima passione che spinse l’apostolo Paolo a portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra. Oggi comprendiamo sempre più distinta-mente che i confini più lontani da raggiungere sono quelli del cuore: del nostro cuore e del cuore di tanti nostri fratelli e sorelle sempre più bisognosi di una paro-la di salvezza che solo dal Signore Gesù può venire e tuttavia divenuti impermea-bili ad essa, vuoi per il materialismo e l’edonismo in cui si culla la cultura di questo tempo, vuoi per le fatiche e gli affanni che le prove di questi anni hanno causato a molti, piccoli e grandi, nel loro sforzo volto ad affrontare al meglio il cammino della vita e le sue esigenze di scelta e di decisione.
Noi vogliamo nutrire sentimenti e convinzioni positive guardando al futuro, e questo non per volontaristico ottimismo, ma perché radicati per la fede nel Signore Gesù, che ha vinto la morte e ci indica percorsi di vita nella fraternità, nel servizio, perfino nel sacrificio di noi stessi. La pagina evangelica della professione di Pietro e della promessa di Gesù ci mette dinanzi, allo stesso tempo, le condizioni per poterci dire discepoli e ministri suoi, e per poter procedere in avanti anche oggi e sempre di nuovo nel nostro percorso di vita, prima e dopo i cinquant’anni. La domanda di Gesù su se stesso non è tanto una periodica verifica della consapevolezza dei discepoli e degli effetti del suo insegnamento e della esperienza condivisa con lui; è piuttosto la messa in guardia verso la falsa sicurezza di una fede data troppo presto per acquisita una volta per tutte. Ogni momento devi chiederti chi sono io per te: questo ci vuole dire Gesù. Solo così puoi capire chi tu sei per me e come io abbia potuto dare la mia vita per te.
All’origine del ministero non sono i compiti e le incombenze di cui, peraltro, è piena la vita di un prete, ma la relazione personale con il Signore. E la relazione personale con il Signore non è un atto di umana buona volontà; questa non può mancare, ma funziona se opera in sinergia con la luce e la grazia che vengono dall’alto e aprono gli occhi e il cuore a riconoscere il volto e l’identità di Gesù, il Cristo, il Figlio dell’Altissimo. Ogni ministero, come ogni cammino di fede, è un affidarsi e un lasciarsi guidare dalla voce del Padre che conduce infallibilmente verso l’incontro con Gesù e verso la stabilità che sperimenta chi fonda la sua vita su di lui.
Se siamo qui, è perché anche noi, anche tu hai fatto esperienza di rinnovare ripetutamente la tua professione di fede in Gesù e di trovare la forza di andare avanti fondandoti in lui. Da qui si diparte un nuovo tratto di strada, lungo il quale «il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno» (2Cor 4,16), come dice san Paolo. È l’augurio che ci facciamo, caro don Giancarlo, a te e a noi insieme, per-ché solo in Gesù trova consistenza la nostra vita, e perché lui è la ragione della nostra vita. La festa di questo giorno è tutta nella gioia della sua presenza nella tua e nella nostra vita. Una presenza destinata a diventare sempre più vivida e forte. Così speriamo e così preghiamo.

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