OMELIA
Solennità di Maria Santissima Madre di Dio
Cattedrale di S. Marco, 1° gennaio 2022
Presentazione del messaggio per la LV Giornata mondiale della Pace
✠ Mariano Crociata
Il clima dell’ottava di Natale, con la solennità di Maria SS.ma Madre di Dio, insieme al passaggio da un anno solare a un altro, danno alla celebrazione di oggi una densità ardua da dipanare nello spazio di un rito consueto; tanto più che in esso si inserisce, ormai da 55 anni, la Giornata Mondiale della Pace. Come è ormai tradizione, è proprio su quest’ultimo aspetto che si concentra la nostra attenzione; questa celebrazione serale di Capodanno in cattedrale è da molti anni l’occasione privilegiata per dare risonanza, anche nella nostra Diocesi e nel nostro territorio, al Messaggio del papa per la Giornata della Pace. È per questo che nella circostanza vengono invitati a partecipare le autorità e i rappresentanti delle istituzioni della provincia e dei comuni, ai quali quest’anno il Messaggio, peraltro, ha un riferimento diretto.
A proposito degli «strumenti per edificare una pace duratura», come dice il sottotitolo del Messaggio, esso afferma infatti che, per attivare tali strumenti o «vie», ci vogliono una «architettura» e un «artigianato» della pace, specificando che l’architettura è compito delle istituzioni, mentre l’artigianato coinvolge ognuno di noi in prima persona. Allora, tutti, a cominciare da noi qui presenti, siamo interpellati – autorità, istituzioni e cittadini –, coinvolti nell’intreccio di “architettura” e “artigianato”, impegnati a percorrere le vie: “del dialogo tra le generazioni, dell’educazione e del lavoro”.
Se c’è bisogno di dialogo tra le generazioni, è perché finora non ce n’è stato abbastanza, ma piuttosto esso deve crescere. Un tale dialogo si sviluppa solo se c’è una «fiducia di base», una stima e un rispetto reciproci che purtroppo non sempre si riscontrano nel rapporto tra le nuove generazioni e gli adulti. E tuttavia senza di esso non si vive bene insieme, non c’è possibilità di convivenza pacifica. «Dialogare – dice il Messaggio – significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme». Da entrambe le parti è richiesto un passo in avanti, ma noi adulti abbiamo la responsabilità di fare il primo passo, perché abbiamo più esperienza e capacità, insieme a tante colpe, che rendono i nostri doveri più cogenti. A ragazzi e giovani deve essere reso possibile, a loro volta, esprimere la loro creatività e la loro originalità, ma nel quadro di un rapporto ordinato che consenta di vivere e di stare insieme.
La cosa più difficile sta nel trovare la tensione ideale, la giusta temperatura morale per guardare in avanti con senso di progettualità e visione di futuro. Il nostro è un tempo che vede appannato, se non oscurato, il futuro. Le difficoltà economiche e sanitarie sono le prime a produrre tale sensazione, ma la causa più grave si trova al livello spirituale, quando mancano risorse ideali e morali. Il drammatico calo della natalità che il nostro Paese, insieme ad altri in Europa, sta soffrendo è un segno inequivocabile di paura del futuro. La nostra città sembra rappresentare in questo senso una piccola eccezione, poiché conosce un livello più alto della media quanto a nascite, ma si tratta di una potenzialità che va coltivata e promossa. In questo senso, a proposito di ‘architettura e artigianato della pace’, dobbiamo intendere bene che l’alleanza tra le generazioni ha bisogno dell’alleanza delle istituzioni e dei cittadini, ha bisogno di misure strutturali e di cura dei rapporti personali. Ci sono per ciascuno di noi, qui presenti, due ordini di impegni, uno sociale e l’altro personale. Il primo è quello pubblico e istituzionale: adempiere diligentemente ai propri doveri è già promuovere il dialogo tra le generazioni. Pensiamo alla scuola e all’università: svolgervi con serietà e impegno il compito di insegnamento e quello di apprendimento e di studio è già realizzare un dialogo fecondo di pace e di futuro.
Nell’ambito del lavoro, le questioni sono davvero complesse. Ma c’è un punto su cui l’osservazione di molti si dirige, e cioè il fatto che istituzioni e organismi sociali si preoccupano di garantire, spesso fino all’esasperazione, il benessere di chi il lavoro ce l’ha già, poco curanti che i giovani non trovino spazi di occupazione. Così si assiste a convivenze familiari che vedono giovani passare il tempo, sprecando gli anni migliori per energie e creatività, senza far nulla o dovendo cercare lontano la costruzione di un futuro lavorativo. Per non parlare della questione della ricchezza che viene dilapidata a scapito delle generazioni future, tutti concentrati come siamo su un presente di cui godere il più possibile, nella dimenticanza delle conseguenze del nostro stile di vita. E a proposito di dilapidare, la questione ambiente si fa sempre più drammatica, con un inquinamento invisibile che non può essere rimosso dall’immagine, quando c’è, di città pulite e ordinate.
Non per ultimo, bisogna dire una parola sulla famiglia, come luogo in cui il dialogo tra le generazioni ha un ruolo cruciale. Se posso permettermi, qui gli ostacoli più gravi al dialogo intergenerazionale sono il familismo e l’assenza di chiari modelli ideali e morali. L’intreccio di legami affettivi e di interessi materiali che coprono tutto e lasciano correre su qualsiasi comportamento non è affatto segno di dialogo, ma di grumo emotivo, di debolezza indulgente e di mancanza di senso del vero bene delle persone, quando non arriva a generare conflittualità. E poi l’ostacolo più grande al dialogo: l’idea che non ci sia bisogno di identità chiare per stare insieme, o addirittura che sia preferibile nessuna identità per convivere in pace, come se il dialogo possa svolgersi sul vuoto e sul nulla. La paura dell’imposizione non fa crescere la libertà ma il nichilismo. Si dimentica che diventiamo persone abbracciando liberamente una visione e un progetto; senza avere dinanzi la proposta e l’esperienza di un qualche progetto compiuto, nessuno è in grado di formarsene uno.
Sta anche in questo il senso della proposta cristiana per la vita che le nostre comunità parrocchiali offrono a bambini, ragazzi e giovani. Il nostro compito non è costringerli o, peggio, plagiarli, ma offrire loro una prospettiva con cui confrontarsi e rispetto alla quale scegliere, eventualmente anche prendendone le distanze. Se non hanno nessuna proposta, non sapranno mai cosa scegliere. Il dramma è che non raramente nelle famiglie non trovano né la proposta cristiana né il suo contrario, con il risultato di vedere crescere ragazzi e giovani disorientati, senza visione e senza futuro, deboli e in balia di qualsiasi vento. Il loro destino è il nichilismo, appunto, la percezione depressa e depressiva che non c’è niente per cui valga la pena di vivere; perciò, la vita la si può buttare via dietro l’una o l’altra dipendenza o fatuo miraggio.
Il mio augurio di buon anno è davvero che proviamo a promuovere e rafforzare l’alleanza tra istituzioni e cittadini, e soprattutto tra le generazioni, con un desiderio profondo e amorevole di avviare ad un futuro, pieno non di dubbio e incertezza ma di speranza, i bambini, i ragazzi e i giovani che stiamo crescendo.