Educare, infinito presente
Presentazione
del Sussidio su “La pastorale della Chiesa per la scuola” (14 settembre 2020)
Latina, 25/02/2021
✠ Mariano Crociata
La Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università ha lentamente maturato l’idea, la forma e il contenuto del Sussidio che oggi presentiamo. Era chiara fin dall’inizio la coscienza della distanza temporale rispetto all’ultimo intervento su quella che veniva chiamata ‘pastorale scolastica’ o pastorale della scuola (mi riferisco alla Lettera della Commissione episcopale del 23 maggio 1995), rispetto al quale si coglievano i grandi cambiamenti avvenuti nella società, nella scuola e nella Chiesa. Quanto alla società, basti pensare allo sviluppo di internet e ai cambiamenti culturali e religiosi prodotti dalla presenza crescente di stranieri immigrati nel nostro Paese, con i relativi effetti anche sulla scuola. Quanto alla scuola, basti accennare al definitivo superamento della modalità frontale di lezione e all’introduzione di nuove forme di insegnamento e di studio, per non parlare della pluralizzazione dei tipi di scuola e del suo rapporto con il mondo del lavoro e con la società in generale. Quanto alla Chiesa, basti notare, tra altro, la quasi totale scomparsa della presenza di preti e religiosi nel corpo docente, l’accresciuta (e positiva, naturalmente) professionalizzazione dell’insegnamento della religione, il progressivo indebolimento delle associazioni di docenti e di studenti di ispirazione cristiana, il ridimensionamento della compagine ecclesiale.
Una differenza marcava subito l’approccio da stabilire, e cioè il fatto che si era completamente esaurita l’immagine, e ancor prima la realtà, della estensione all’ambiente scolastico di una presenza di Chiesa formalmente e pacificamente accettata, con i suoi riti, le sue visite e le iniziative che la caratterizzavano, residuo di una mentalità e di una prassi da religione di maggioranza nella società. La scuola, luogo plurale di presenze non solo ideali ma anche religiose, non può più essere spazio di azione pastorale ordinaria seppure circoscritta ad alcune circostanze. Ciò non significa il venire meno del dialogo tra Chiesa e scuola anche dal punto di vista istituzionale, ma piuttosto che esso assume ora forme diverse e si propone sempre di più come alleanza (o patto) educativa. Tutta l’azione pastorale della Chiesa si gioca ormai in mare aperto, nel contesto di una società laica e plurale, nella quale nemmeno il sacro è più monopolio di alcuno.
Anche questo fa comprendere la scelta del genere letterario, qualificato appunto come Sussidio. In un contesto così mutato, e bisogna aggiungere così vario e mutevole, non ci sono formule consolidate di rapporto e di presenza che abbiano retto al cambiamento. E non ci può essere nemmeno schema precostituito che possa valere per qualsiasi ambiente e in tutte le situazioni. Lo scopo principale del Sussidio è allora quello di risvegliare l’interesse e la partecipazione, in un ambito di azione pastorale che richiede soprattutto creatività e spirito di iniziativa. Tanto più che la fatica che la pastorale ordinaria sperimenta – aggravata in questo periodo dal protrarsi della pandemia –, non incoraggia certo né rende più agevole attivarsi fuori dagli spazi e dalle azioni consuete. C’è bisogno di risvegliare la coscienza della necessità dell’iniziativa pastorale nei confronti della scuola, tanto più che il rapporto della Chiesa con il mondo degli adolescenti e dei giovani è sempre più complesso e irto di ostacoli. Ciò che si richiede sempre di più è un senso di Chiesa a orientamento missionario, come non si stanca di ripetere papa Francesco.
I vescovi vogliono dunque offrire un Sussidio, cioè un aiuto che sostenga l’impegno e lo sforzo della comunità ecclesiale in tutte le sue articolazioni territoriali o, con una immagine, non uno spartito da eseguire, ma una serie di temi musicali da sviluppare. Decisivo è l’atteggiamento con cui ci si pone di fronte alla scuola. Senza un desiderio di evangelizzazione missionaria, è difficile immaginare una iniziativa volta a portare nel mondo della scuola la testimonianza evangelica e i segni di una presenza cristiana. In tal senso va intesa l’espressione di ‘pastorale per la scuola’, che supera ogni approccio invasivo o dominativo – alla ricerca, come direbbe il papa, di spazi da occupare –, a favore di un atteggiamento e di un desiderio di dedizione, propositivo e promozionale non della Chiesa ma della scuola – se avesse senso una tale alternativa – nella ricerca del bene degli studenti e di quanti operano nella scuola o in relazione con essa. Come suonano espressioni che nel decennio trascorso hanno elaborato la maturazione della coscienza pastorale della comunità ecclesiale, la Chiesa ama la scuola, vuole il bene della scuola ed è a suo favore, ‘per’ la scuola.
È inteso che il bene della scuola è la completezza del servizio educativo e formativo che essa svolge a favore delle nuove generazioni, e che il bene delle nuove generazioni abbraccia la possibilità di incontrarsi con la persona e la parola di Gesù Cristo, testimoniata e presente nella Chiesa, da abbracciare in piena consapevolezza e libertà. Un bene della scuola da cercare disinteressatamente, nella ferma convinzione che incontrare Gesù Cristo e scegliere di seguirlo in piena libertà è un bene inestimabile, ma che è altrettanto inestimabile concorrere alla maturazione di una coscienza che liberamente conserva o abbraccia forme e percorsi diversi, religiosi e non, per l’orientamento dell’esistenza.
Importante è quanto il Sussidio suppone e in vario modo dichiara circa la soggettualità pastorale nei confronti della scuola. In senso generale si deve dire che ultimamente è la comunità ecclesiale nel suo insieme e nella sua unità a costituire il soggetto di ogni azione pastorale. Questo nondimeno si attua secondo forme, modalità e tappe differenti, in una interazione tra le iniziative che può vedere coinvolte varie istanze, dal vescovo al parroco, dai ministeri alle molteplici collaborazioni laicali. Come tutti i fedeli, anche chi opera nella scuola conduce la sua esistenza di credente in rapporto ad una comunità ecclesiale, qualsiasi forma questa abbia. L’ideale da perseguire rimane sempre la capacità di una comunità diocesana e parrocchiale di fare spazio, fra le proprie attenzioni, alla cura spirituale e pastorale di quanti operano nella scuola. Ciò che non può essere negato è che quanti vivono nel mondo scolastico hanno bisogno di una cura pastorale specifica che tenga conto di quel legame professionale ed esistenziale, senza per questo chiudersi in esso.
D’altra parte, tutti coloro che vivono da credenti nel contesto della scuola sono naturalmente i veri attivi protagonisti e non meri destinatari di interventi formativi “esterni”. A questo in fondo mira una vera pastorale per la scuola, a far diventare presenza della Chiesa nella scuola non la sua figura istituzionale, ma una testimonianza e un servizio esistenzialmente credibili, in quanto compiuti con discrezione e senza dissimulazione, con delicatezza e rispetto ma anche con sereno coraggio, soprattutto nel leale perseguimento delle finalità della scuola, in collaborazione con tutti gli altri parimenti protesi verso il medesimo obiettivo.
Lo scopo della cura pastorale, dunque, è accompagnare e sostenere l’esperienza credente ed ecclesiale nelle condizioni proprie di vita e di lavoro della scuola. Ciò significa che i credenti devono potersi riconoscere tra loro anche nel mondo della scuola, condividere tra di loro e con altri la propria esperienza di fede e coltivarla dentro gli spazi e le dinamiche proprie della vita scolastica. Come è proprio di ogni cura pastorale delle fede dei singoli e dei gruppi, si tratta di far maturare coscienze credenti che attingono l’alimento della propria fede all’ascolto della Parola di Dio, alla preghiera, all’Eucaristia e a sacramenti, alla fraternità da coltivare con i fratelli di fede e da estendere a chiunque si incontri.
Da tutto questo si comprende facilmente il senso dell’impostazione data al Sussidio, il quale non poteva avere il carattere di una esposizione trattatistica, di carattere dottrinale o anche pastorale, ma l’offerta di una serie di strumenti che servissero al lavoro pastorale da compiere, o meglio da costruire, da pensare e organizzare. Così le motivazioni ideali e gli orientamenti di fondo sono affidati a una serie di parole chiave (Parole che accendono una passione) presentate in maniera essenziale nei loro contenuti e nelle loro implicazioni. Sono alcune parole, non è un dizionario di tutto il vocabolario attinente la scuola, la sua natura, la sua finalità. Tuttavia sono parole contenitori che veicolano le idee essenziali per richiamare motivazioni di fondo e obiettivi permanenti di una visione di scuola minimamente avvertita della sua natura e della sua figura istituzionale nella società italiana.
Le linee di pastorale per la scuola che sviluppano, nella seconda parte, le idee sopra accennate vogliono aiutare a ritrovare le motivazioni e l’ispirazione necessaria per intraprendere un rinnovato impegno ecclesiale per la scuola. E per favorire l’accoglienza di tale invito la terza parte si obbliga ad articolare i vari aspetti possibili delle proposte e dei percorsi di iniziativa pastorale, integrandoli con riferimenti ad esempi ed esperienze che dicono la praticabilità e il contesto vivo nel quale un impegno può essere portato avanti o intrapreso del tutto ex novo. Una sezione non meno significativa è l’ultima, dedicata a testi magisteriali di immediato riferimento per un approfondimento e un allargamento degli orizzonti di riflessione e di programmazione.
Infine, l’aspetto essenziale che unisce la Chiesa e la scuola nel prendere a cuore un obiettivo condiviso nella diversità di natura e di finalità, è la cura della persona e della sua crescita per la predisposizione delle condizioni della sua più autentica realizzazione. Per la fede che professiamo, la radice di un tale interesse di fondo è il carattere di immagine di Dio propria della creatura umana, da cui discende la sua altissima dignità, la sua intangibilità, la premura incondizionata che deve spingere tutti verso il compimento del suo vero bene. In questo modo la Chiesa si spende, e vuole farlo sempre di più, per tutto ciò che contribuisce al bene integrale della persona.
È in questa prospettiva che i vescovi intendono anche dar voce a una gratitudine profondamente sentita e senza riserve verso quanti operano nella scuola, accresciuta – se possibile – dalla considerazione delle conseguenze della crisi in atto e dei sacrifici che essa ha aggiuntivamente comportato nello svolgimento di un servizio sempre oneroso ma vitale per le singole persone e per la collettività. Di tale gratitudine avvertiamo la profonda spinta emotiva a partire dagli esempi di autentica dedizione che abbiamo avuto dinanzi agli occhi particolarmente in questa fase della vita della scuola e della società. Siamo fiduciosi che anche in tal senso il Sussidio che abbiamo tra le mani possa produrre frutti di rinnovato e riconosciuto impegno e – perché no? – la nascita di nuove vocazioni educative al servizio delle nuove generazioni e di una qualità sempre più pienamente umana della società italiana.