OMELIA
Terracina, S. Domenica Savio, domenica 24 gennaio 2021, TO III B
Conferimento del Lettorato
+ Mariano Crociata
Quando nelle nostre comunità parliamo di ministeri, cioè di servizi e collaborazioni stabili, necessari allo svolgimento delle attività di cui la Chiesa ha bisogno e vive, pensiamo subito ai compiti che bisogna imparare e a cui ci si deve preparare e quindi alle cose che ci sono da fare. A cominciare dalle nostre celebrazioni, in primo piano stanno le cose da fare; abbiamo sempre tante cose da fare. Celebrare e svolgere attività pastorale sono diventati fare cose, in qualsiasi modo e di qualsiasi genere, fare cose.
Il giorno del Signore, con al centro la celebrazione eucaristica, non è innanzitutto un adempimento da assolvere ma un evento da vivere, un evento di incontro. Il Signore ci vuole incontrare, vuole stare con noi, vuole che gli diamo tempo, perché innanzitutto Lui ha tempo per noi, vuole dedicarsi a noi e si attende che noi ci dedichiamo a Lui. E attorno a Lui incontrare anche i fratelli, per la gioia di stare insieme, per gustare il sapore della fraternità che Gesù ha rigenerato e ha elargito.
Quando si sta insieme tra persone che si sono desiderate, che hanno voluto incontrarsi, ci si ascolta gli uni gli altri. Ci sono tante cose da raccontarsi, come tra amici, un bisogno brioso di condividere pensieri, emozioni, esperienze. Sentiamo che quando non riusciamo a dire di noi a nessuno, è come se non avessimo vissuto davvero; e quando ascoltiamo quello che gli amici condividono con noi, è come se anche la nostra vita si mettesse in moto, il nostro mondo interiore prendesse corpo e si risvegliassero pensieri e propositi nuovi, nuovo desiderio di vita.
Oggi celebriamo la Domenica della Parola di Dio, per ricordarci che ogni domenica ha come protagonista la Parola di Dio attraverso le letture della Scrittura che vengono proclamate. E quasi avvertiamo sensibilmente quanto sia importante che qualcuno possa degnamente proclamare le letture bibliche e aiutarci a capirle e a penetrarle. Così scopriamo la necessità di servitori della Parola, di ministri Lettori che aiutino la comunità nell’ascolto della Parola. È proprio questo ciò che stiamo facendo. Abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti ad ascoltare un Gesù vivo. Il più delle volte purtroppo Egli rimane come imprigionato nelle pagine che ascoltiamo leggere; nonostante la voce che le proclama, non lo sentiamo parlare a noi. Quelle pagine sono come imbalsamate, le parole che risuonano evocano un rito antico, esterno ed estraneo a ciò che agita i nostri cuori e fa ardere sentimenti e pensieri.
E invece l’evento domenicale si compie se Gesù salta fuori dalle pagine inerti del libro del Lezionario per rivolgersi dritto verso di noi, verso di me. Mi preparo, arrivo, mi faccio attento; ecco, mi vuole dire qualcosa, mi deve comunicare una cosa importante, non me la posso perdere perché è vita per me, è la mia vita in gioco e Lui si mette in gioco con me. Questo oggi abbiamo udito: venite dietro a me, vi farò; subito li chiamò, ed essi lasciarono, e andarono dietro a lui. Udiamo e pensiamo: è una vicenda remota di secoli e millenni fa; sì, tutto cominciò così, ma noi ora siamo altri, siamo in altra situazione.
E invece vale anche oggi, anzi più che mai oggi, perché ora tocca a noi, questo è il nostro momento, ed è un momento che non torna più. Tutta la storia passata e il futuro che ci attende esistono solo perché ora ci siamo noi; passato e futuro sono appesi a noi, alla nostra fede, alla nostra consapevolezza, alla nostra decisione. Gesù salta fuori dalla pagina del vangelo e dice a me e a te: venite, vi farò pescatori di uomini. E noi pensiamo, al massimo la cosa riguarderà i preti o quelli che lo vorranno diventare; ci hanno abituato a pensare così. E invece questa chiamata è per me e per te, chiunque noi siamo, perché la chiamata a credere e a seguire Gesù è la chiamata primordiale, è il primo atto di parola di Gesù, la prima cosa che dice. Quando apre bocca Gesù dice: venite dietro a me. La Parola di Dio è innanzitutto una chiamata, una parola di chiamata.
Chi di noi si sente chiamato, qui e ora? E a che cosa, poi? A seguire, per giunta. Noi siamo ben fermi e stanziali, specialmente in questi tempi di pandemia; non abbiamo dove andare, non vogliamo avere dove andare. E poi Gesù – secondo noi – è più fermo di noi, è sempre fermo, bloccato nel passato, nella memoria depositata in un libro, in un tabernacolo dove al massimo possiamo venire a trovarlo. Il nostro cammino è guidato da altri, altro che Gesù!
Vorrei chiedere a me e a voi se ci rendiamo conto di quanto siamo distanti da Lui, bloccati nelle nostre abitudini mentali e nelle prosaiche pratiche religiose nelle quali cerchiamo un po’ di consolazione alle nostre pene o di incoraggiamento ai nostri progetti. Ma Gesù non è colui che guida la marcia della vita, perché quella la conduciamo noi, e qui veniamo a rendere onore a un personaggio del passato. Forse bisogna ricominciare da qui, dal riconoscergli il posto di guida nel treno della vita. Uno potrebbe dire a questo punto (quando cioè dobbiamo chiudere): proprio adesso, che abbiamo bisogno di essere aiutati a vederlo presente e parlante, davanti a noi alla guida del nostro pellegrinaggio e noi dietro a lui, dovremmo cominciare a parlarne. Dobbiamo invece fermarci qui, ma per ripartire dal desiderio di seguirlo davvero dopo aver sentito la chiamata rivolta a me, a noi. E, con il desiderio, la condivisione per imparare a essere insieme suoi discepoli.
Voi, cari nuovi Lettori, dovreste essere i primi a raccogliere questa fiaccola del discepolato, dell’ascolto vivo e presente, i primi tra coloro che hanno cominciato un passo dopo l’altro a camminare dietro a Lui.