OMELIA
Domenica 6 settembre 2020, XXIII TO A
Parrocchia Stella Maris, inizio del ministero della comunità pallottina
✠ Mariano Crociata
Oggi la comunità parrocchiale di Stella Maris di Latina vive un momento particolare della sua pur breve storia, e con essa un po’ l’intera Diocesi. La parrocchia è sorta e cresciuta sotto la guida di due parroci, don Amedeo Passeri, che è stato anche artefice della costruzione di questa chiesa parrocchiale, e don Giuseppe Quattrociocchi, che ne ha portato la responsabilità pastorale da un bel po’ di anni, insieme a quella della parrocchia del Sacratissimo Cuore di Gesù a Borgo Sabotino. Il suo servizio pastorale non avrebbe potuto essere assolto senza la collaborazione di molti di voi oggi qui presenti, e di alcuni in particolare che, con la loro dedizione volontaria, hanno consentito a un complesso così grande di mantenere la sua efficienza e di accogliere molteplici attività e svolgere un servizio di ospitalità, integrando tutto nella vita parrocchiale in maniera da renderla sostenibile. Un profondo sentimento di gratitudine sorge dentro di noi tutti, nel guardare a quanto è stato compiuto. Ma se don Giuseppe conclude qui il suo servizio pastorale, voi membri della comunità siete chiamati a continuare a prestare la vostra collaborazione a chi ora succede a lui nel compito pastorale.
Sono fiducioso in tale continuità e voglio espressamente invitarvi a coltivarla, perché il cambiamento che si sta attuando è profondo e sorprendente rispetto ad ogni aspettativa. Non si tratta, infatti, semplicemente della sostituzione di un parroco con un altro, bensì del subentro di una comunità religiosa, o meglio di una comunità di vita apostolica. La peculiarità sorprendente sta nel fatto che la comunità della Società dell’Apostolato Cattolico, chiamata dei Pallottini dal nome del fondatore, il prete romano S. Vincenzo Pallotti, è costituita da preti che provengono da due Paesi dell’Africa, il Rwanda e il Congo. Colpisce che il carisma di un prete romano della prima metà dell’Ottocento arrivi nella nostra Diocesi attraverso la presenza di preti africani, presso i quali il carisma stesso è stato impiantato e ha portato frutto, mentre in Italia e negli altri Paesi europei va per lo più scemando. Siamo grati ai padri Pallottini, e in particolare alla provincia del Rwanda, del Congo e del Belgio, di aver accolto l’invito a venire nella nostra Diocesi a svolgere il ministero pastorale.
È una grande sfida quella che oggi comincia, per loro, per voi, e un po’ per tutti noi, perché nella comunione e nella comunanza di tante cose che lega tutto l’orbe cattolico, dobbiamo scontare le differenze di cultura, dalla cui integrazione scaturisce un grande arricchimento reciproco, ma che non viene conseguito senza uno sforzo di mutuo riconoscimento, di accoglienza, di rispetto e di scambio gli uni verso gli altri.
Per questo innanzitutto preghiamo e nello stesso tempo operiamo, perché la comunità ecclesiale cresca qui a beneficio di voi tutti e oltre i vostri confini. Questa comunità, sotto la nuova guida, può diventare punto di riferimento per la vita spirituale e per la spiritualità mariana di tanti che sono alla ricerca di un senso alla loro vita e alle loro relazioni. È provvidenziale, a tal fine, che la liturgia della Parola di questa domenica ci fornisca un indirizzo preciso, che possiamo considerare come la consegna che il Signore affida a don Marc, a don Jérôme e a don Norbert, e insieme a loro affida a tutta la comunità parrocchiale.
Ezechiele presenta il profeta come una sentinella, che è responsabile di mettere in guardia chi sbaglia e si allontana dal Signore; se uno si perde perché il profeta non lo ha avvisato e messo in guardia dal pericolo che correva, è anche il profeta a pagarne le conseguenze. Il profeta oggi è il pastore, e qui è l’intera comunità pallottina. Ma la pagina del Vangelo di Matteo ci aiuta capire che anche la comunità parrocchiale ha una sua parte di responsabilità verso un fratello che rischia di perdersi, perciò anche essa deve agire in modo tale da correggerlo quando è necessario. Il Signore oggi ci vuole dire che siamo affidati gli uni agli altri, siamo in qualche modo responsabili e dobbiamo farci carico gli uni degli altri. Nessuno, nella Chiesa, può dire che non è affar suo il danno che qualcuno sta rischiando di ricevere o procurare. Ci vuole evidentemente sempre grande rispetto e carità; quello che non deve esserci è l’indifferenza e la chiusura nel privato, una chiusura tipica di oggi che vede a poco a poco smantellato nella nostra società il senso della fraternità e della solidarietà.
Perciò viene a proposito il messaggio della seconda lettura. San Paolo dice una cosa molto semplice: la carità è la pienezza della legge, e qui legge indica il cuore della volontà di Dio. Se vuoi essere in comunione con Dio e adorarlo con tutto il cuore, allora vivi lasciandoti guidare dall’amore fraterno. Perciò l’apostolo arriva a dire che l’unico debito che dobbiamo avere gli uni verso gli altri è quello dell’amore da offrire con sincerità e totalità, perché nell’amore si racchiude ogni volontà e azione di bene gli uni per gli altri.
Questo ha una importante conseguenza: i pastori, e con essi i credenti, sono sentinelle non solo o non principalmente perché intervengono a correggere e raddrizzare chi ha sbagliato; essi invece svolgono il loro pieno servizio quando è la loro vita piena di amore fraterno a costituire un richiamo permanente rivolto a quanti guardano dall’esterno, i quali devono poter dire: “guardate come si amano!”. Perché allora una comunità di vita apostolica alla guida di una comunità parrocchiale? Perché essa per prima deve testimoniare una carità a tutta prova, una capacità di vivere in comunione che sia, senza bisogno di parole, monito a chi agisce contro la carità e, invece, incoraggiamento a chi si sforza, come meglio sa, di fare della carità fraterna il proprio stile di vita e la sintesi di tutta la pratica religiosa e di ogni regola morale.
Questo auguro a don Marc, a don Jérôme e a don Norbert, e insieme con loro a tutta la comunità parrocchiale, che oggi vede e vuole iniziare una nuova tappa della sua storia di fede e di Chiesa.