Come negli anni precedenti, l’intera città di Terracina non ha mancato l’appuntamento con la festa della Madonna del Carmine, cui nutre una particolare devozione consolidata nel corso della storia secolare di questa comunità. Ieri, nel giorno della memoria liturgica, il vescovo Mariano Crociata ha presieduto la Messa nella chiesa del Santissimo Salvatore, con accanto il parroco di quest’ultima, don Luigi Libertini. Sull’altare maggiore era stata posta anche l’effigie di San Rocco.
Entrambi i santi sono venerati in particolare dalla marineria terracinese. Ecco perché al termine della celebrazione, le due statue sono state portate al molo del vicino porto con un corteo di alcune auto, al posto della tradizionale processione a piedi, per garantire le prescrizioni contro la diffusione del Covid-19. Qui, accompagnate dal vescovo Crociata, sempre le due statue e alcuni addetti sono state imbarcati su uno dei pescherecci per tenere la classica processione in mare. Al largo, è stata offerta una corona di fiori alla Madonna del Carmine, lanciata in mare secondo tradizione. Nel corso della sua omelia, monsignor Crociata ha attualizzato il rapporto di fede con la Madonna.
Di seguito il testo dell’omelia del vescovo Mariano Crociata:
«È bello ritrovarsi anche quest’anno per la festa della Madonna del Carmine. Soprattutto dopo un periodo piuttosto travagliato che non sembra ancora finire. Sebbene svolta con molte limitazioni, senza la processione con la partecipazione del popolo dei fedeli, teniamo a questa festa, abbiamo voluto che in qualche modo avesse luogo. In un certo senso ne abbiamo bisogno. È una festa che fa sentire comunità, soprattutto quelli che vivono e operano attorno alla marina. Una festa importante che fa riscoprire il valore e la bellezza della nostra vita, del nostro stare insieme, del lavoro che svolgiamo, del futuro che speriamo. Torniamo ad apprezzare ciò che rende bella e buona la nostra vita personale e sociale, nonostante le mille difficoltà e i problemi che ci assediano. È l’affermazione che la vita e il bene sono più forti di tutti gli ostacoli che si mettono contro.
C’è una fede al cuore di questa esperienza e della festa. Non possiamo ritrovare coraggio e gioia di vivere solo dicendocelo a parole o anche rinnovando un patto di impegno e di solidarietà. Abbiamo bisogno di un aiuto più grande, più alto. Maria è il segno di questo riferimento più alto in grado di sorreggere un’esistenza che manifesta in tanti modi i suoi tratti di precarietà e di debolezza.
La diffusione del virus nel corso dei mesi scorsi e il suo continuare a circolare nonostante tutte le precauzioni e le misure di sicurezza, stanno dando un volto nuovo al nostro vivere sociale (basta vedere questa distesa di mascherine sui volti, che ne è la rappresentazione più eloquente) e alla stessa percezione che abbiamo della vita e del tempo che ci è dato. Molti stanno già cercando di dimenticare, facendo finta che tutto stia tornando come prima. Purtroppo non è così. Non va nemmeno bene lasciarsi vincere dal terrore e da una angoscia mortale, come a qualcuno è pure capitato. Si tratta di fare tesoro di un’esperienza traumatica per diventare davvero migliori, per imparare a vivere insieme meglio di come non abbiamo fatto finora. E per raccogliere il messaggio di questa epidemia non basta adottare le misure di sicurezza necessarie per la tutela della salute; c’è bisogno anche e molto di più di dare una direzione nuova al nostro modo di pensare, di giudicare, di agire.
Maria viene quest’anno a darci una sorta di avvertimento: io vi voglio bene, vi tengo sotto la mia protezione sempre, ma ci sono troppe cose che dovete cambiare nel vostro modo di vivere, perché altrimenti non potrò proteggervi affatto. La Madonna del Carmelo non ci rivolge una minaccia, ci mette in guardia da noi stessi, perché se ci tagliamo fuori dalla relazione con lei e con il suo Gesù, che cosa può fare dal momento che non ci facciamo raggiungere? Se un figlio rompe i ponti con la famiglia (una ipotesi che serve per capire, perché oggi il problema è il contrario, che i figli non se ne vanno più di casa!), ma se un figlio rompe i ponti e non dà più notizia di se stesso, come fanno i genitori ad aiutarlo e sostenerlo? Spesso noi facciamo così con Maria e con Gesù. Ci facciamo vedere una volta tanto, magari una volta l’anno, e poi ci conduciamo secondo il nostro capriccio, come ci pare e piace, senza alcun criterio che rispetti che cosa è e che cosa significa il rapporto con Maria e con Gesù.
Abbiamo ascoltato le letture. Maria è quella piccola nuvoletta, grande come una mano, che il profeta Elia riconosce come annuncio della pioggia benefica, dopo un periodo di tremenda siccità, per ridare fecondità alla terra (e qui pensiamo alla pioggia di cui parla Isaia per indicare la parola di Dio, la quale non cade sulla terra senza averla fecondata e resa ricca di piante e di frutti). Gesù è la pioggia della parola di Dio e del bene di Dio che viene a visitarci e a risanare e fecondare la terra della nostra vita. E di Gesù san Paolo ai Galati dice che alla pienezza dei tempi Dio mandò suo Figlio facendolo nascere da una donna, da una nostra sorella, Maria. Gesù deve nascere dalla nostra terra, dalla nostra vita, come è nato da Maria. E il tempo compiuto è questo che stiamo vivendo, non un tempo passato, né un tempo che deve venire, ma proprio questo, dell’epidemia e del dopo epidemia, è il tempo giusto, il tempo adatto perché la nostra vita sia fecondata dalla presenza di Gesù. Per questo dobbiamo accogliere Maria in noi e tra di noi, come ci invita a fare la festa della Madonna del Carmine. “Donna, ecco tuo figlio!”. “Ecco tua madre”. Così ci riferisce Giovanni. Ora che ha generato Gesù nella gioia e nel dolore, Maria viene data come madre a noi. Dalla relazione filiale con lei comincia la vita nuova.
Comincia la vita nuova: ecco l’annuncio di questa festa. Non è una vita di superficiale e stupida allegria, ma una vita sensata, fatta di capacità nuova di stare insieme nel rispetto, nella laboriosità, nell’onestà e nella correttezza, nella legalità; e, dopo la legalità, nella generosità di un amore che non si accontenta del dovere, ma va oltre aprendo il proprio cuore a chi chiede e a chi ha bisogno; ma anche, non dimentichiamolo, nella preghiera e nell’ascolto della parola di Dio, soprattutto nell’Eucaristia. Ai discepoli di Gesù, diventati figli di Maria, è dato il potere e la gloria di diventare figli di Dio. Questo noi siamo e questo vogliamo sempre di più diventare».