Presentazione del Signore
Domenica 2 febbraio 2020, Cattedrale di S. Marco
+ Mariano Crociata
La liturgia della festa di oggi mette esplicitamente in relazione la Presentazione del Signore con la sua nascita, a Natale. La festa esprime infatti il senso di ciò che Gesù è ed è venuto a fare. La presentazione di un bambino al tempio è per la religione ebraica un gesto rituale di offerta in memoria della liberazione del popolo dall’Egitto. Quella liberazione che ha dato libertà e identità al popolo, si rinnova per il bambino che viene presentato e così inserito a pieno titolo. In un certo senso, il popolo riacquista libertà e identità nel nuovo nato; in lui diventa attuale e di nuovo effettivo ciò che Dio ha compiuto nell’epopea dell’esodo.
Qualcosa di simile avviene ad ogni nuova creatura che viene al mondo. In un bambino che nasce si racchiude la speranza e la certezza che tutto ciò che ci appartiene di più bello e importante nella vita merita di andare avanti, ha dinanzi a sé un futuro. Noi credenti, in particolare, sperimentiamo tutto ciò con il battesimo, nella convinzione che la vita è dono di Dio, che egli tiene alla nostra umanità e alla nostra vita e che vuole darci speranza e futuro, capacità di andare avanti e di realizzare nuovi progetti di vita e di bene per noi e per gli altri. Il segno di questa certezza è Gesù, nel quale Dio ci ha dato e ridato tutto, anzi ancora di più di quanto potevamo sperare, perché con il rinnovato dono della vita ci ha colmato della grazia di essere suoi figli per entrare e rimanere in una comunione piena con lui. Tanto quanto è importante la nascita di ogni nuovo bambino e il suo battesimo, tanto è triste e inquietante il calo delle nascite, questo fenomeno che vede la nostra società invecchiare sempre di più e, come tale, perdere in misura crescente vitalità e senso di futuro.
Il bambino Gesù, perciò, ci fa prendere coscienza anche del significato sociale, oltre che religioso, dell’infanzia. Il suo è un invito a fare spazio alla vita – lo avvertiamo singolarmente oggi, perché celebriamo anche la giornata per la vita – in ogni senso, perché il senso spirituale giunga a permeare tutti gli aspetti della vita. Non c’è vita spirituale e cristiana che non si trasformi in fermento umano e morale, personale e sociale. Gesù nasce per portare davvero nuova vita in tutti e dovunque. E la presenza degli anziani Simeone e Anna testimonia proprio la reciprocità tra vecchiaia e infanzia. Non si diventa anziani per dimenticarsi degli altri, ma per continuare in forma nuova un servizio alla vita e al futuro della comunità. L’immagine di anziani dediti a godersi la vita senza pensare a nessuno è triste tanto quanto lo è quella di famiglie senza bambini. Vita e senso di futuro vanno di pari passo.
Questo senso di vitalità e di futuro scaturisce da una generosità e da una volontà di dono e di offerta di sé che Gesù ci testimonia e ci rende possibile. La festa della Presentazione significa che Gesù è venuto al mondo da Dio, in piena adesione e comunione con il Padre, per offrirsi a servizio e per il bene dei fratelli. L’ingresso di Gesù nel tempio ha un potente significato simbolico. Il tempio è segno della presenza di Dio e luogo del culto reso dal popolo, e come tale simbolo dello stesso popolo che vive rendendo culto a Dio. Gesù viene presentato, entra nel tempio, per offrirsi a Dio e ai fratelli. In questa maniera dice anche a noi che si viene al mondo per fare della propria vita una offerta a Dio e ai fratelli. Ci dice che vivere dimentichi di Dio e degli altri è una negazione della vita, il suo annullamento, la sua vanificazione. Se non viviamo per Dio e per gli altri, non viviamo nemmeno per noi stessi, svuotiamo il senso e la bellezza della vita.
Questo vale per ogni persona umana, e vale in modo particolare per ogni battezzato, per ogni credente. Si comprende, allora, perché la Chiesa celebra oggi la giornata della vita consacrata. La vita consacrata è una manifestazione speciale della consacrazione e quindi della dedizione della vita per Dio e per i fratelli, una sua intensificazione. Questo carattere speciale lo si coglie nei tre consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, che contrassegnano in maniera totalizzante la scelta e lo stile di vita dei consacrati. Ciò che ogni credente è chiamato a vivere nella propria condizione e nel proprio stato di vita, con una offerta della propria persona a Dio e agli altri, nella famiglia, nel lavoro, nelle relazioni sociali, i consacrati lo assumono come impegno totalizzante, così che tutto della loro persona e della loro esistenza è a servizio di Dio e dei fratelli, nel corpo e nel cuore, nello scorrere del tempo e nell’intensità del dono di sé, con intelligenza e passione, liberi da ogni attaccamento materiale, liberi da ogni volontà di affermare se stessi ma desiderosi solo di diventare una cosa sola con la volontà di Dio, liberi da affetti esclusivi, dediti ad amare con cuore indiviso Dio e i fratelli tutti.
Accogliamo la testimonianza dei religiosi della nostra Diocesi, nel giorno della rinnovazione della loro professione solenne di consacrazione al Signore nella Chiesa, ciascuno e ciascuna nel proprio istituto religioso, ma tutti votati a vivere solo per Dio e per i fratelli. Questo momento solenne fa sentire l’unità della nostra Diocesi, in una varietà straordinaria di doni e di carismi che chiedono di essere apprezzati gli uni gli altri. Tutti siamo uniti nel fare della nostra vita un’offerta a Dio e agli altri, ma troviamo in modo speciale nei consacrati un carattere esemplare che ci richiama alla nostra personale responsabilità.
Ad essi oggi vogliamo dire di non farsi scoraggiare dalle difficoltà che la loro stessa testimonianza incontra. Sono tempi difficili, i nostri. Ma quali tempi sono stati facili? Anche per Gesù, il suo tempo non è stato facile, se ancora bambino si vede accolto da una profezia come quella di Simeone, che parla di lui come segno di contraddizione. Ma Gesù viene pieno della grazia dello Spirito e dell’amore del Padre, forte della volontà di spendersi totalmente e fino in fondo per il bene e la salvezza dei fratelli. Niente, perciò, lo intimorirà, fino alla fine, fino al momento dell’angoscia mortale, nel quale il tempio della sua presentazione prende le sembianze di una tomba, per poi trasfigurarsi nel tempio della gloria, con la risurrezione.
Anche per noi, messi alla prova in tanti modi, anche per voi religiosi, sconcertati dall’impoverimento delle presenze e appesantiti dalla fatica e, a volte, anche dalla esiguità di frutti, vale l’esempio e l’invito di Gesù a confidare solo nel Padre. Abbiamo coraggio, e perfino gioia, non perché le cose vadano a gonfie vele, ma perché siamo certi che Colui che ci ha chiamati è fedele, e non ritirerà mai la sua promessa, non verrà mai meno alla sua parola, anzi si manifesterà nello splendore della sua gloria. Non stanchiamoci, perciò, di condurre con passione ed entusiasmo la nostra vita, certi che niente potrà mai separarci dall’amore di Cristo e del suo e nostro Dio e Padre.