Relazione all’assemblea del clero inizio anno pastorale (13/09/2019 – Latina, Curia vescovile)

13-09-2019

Relazione all’assemblea del clero

Latina, 13 settembre 2019

+ Mariano Crociata

Il senso del nostro incontro

C’è una grazia in ogni nuovo inizio, in modo speciale negli impegni e nei tempi che scandiscono il ritmo della vita spirituale e dell’azione pastorale della Chiesa. Quello che viviamo è uno di questi kairós, un passaggio che si presenta nelle vesti dimesse di una ordinaria ripresa nella successione ciclica di quelli che chiamiamo anni pastorali. In realtà, sotto le apparenze delle buone abitudini e di appuntamenti ripetitivi, che possono perfino contenere un filo di noia, si nasconde una realtà viva, che è la chiamata di Dio, che ci interpella oggi, qui e ora, all’inizio di un nuovo anno, per il quale Egli ha propositi e intenzioni di cui noi siamo non gli unici strumenti, ma certo effettive mediazioni. Non conosciamo tutto, di quanto il Signore si attende da noi e vuole realizzare per nostro tramite, ma proprio questa ignoranza è la nostra riserva e la nostra forza, perché possiamo gettare le reti nella certezza della pesca che Egli intende fare. Non possediamo in anticipo l’esito di ciò che sta maturando e la raccolta di frutti di cui siamo tante volte inconsapevoli strumenti, ma di sicuro sappiamo che il Signore sta lavorando in noi e attraverso di noi, perché ce lo ha promesso e a questo ci ha chiamato. La prima assoluta esigenza è conservare questa luminosa consapevolezza. Attraverso circostanze esteriori ordinarie, è in atto la presenza e l’iniziativa di Dio.

Le reti che noi siamo chiamati a gettare sono i poveri strumenti di cui disponiamo e quelli di cui vogliamo ulteriormente dotarci: il cammino pastorale che stiamo costruendo, la lettera del vescovo che cerca di interpretarlo, condividerlo e diffonderlo, l’impegno degli uffici diocesani a elaborare e offrire occasioni e strumenti per operare tutti nella direzione individuata, la fatica e la gioia di ogni comunità a coltivare ascolto della Parola, formazione cristiana, celebrazione dei santi misteri, a costruire buone relazioni e a promuovere opere nelle quali si avverta il cuore dei credenti e della Chiesa nel suo aprirsi ai poveri e ai bisognosi, ai cercatori di Dio e agli angosciati di ogni forma e condizione, a quelli che seguono loro percorsi di senso, perfino religioso, magari senza curarsi di noi.

È importante la nostra assemblea, perché risveglia in noi la consapevolezza della responsabilità pastorale di ministri ordinati, di pastori; ci fa sentire che, per quanto dipende da noi, la nostra diocesi andrà avanti se ci troverà disponibili, pronti e impegnati ad assolvere con cura ai nostri compiti ministeriali, concordi nel respirare noi per primi, e nel far circolare tra i nostri fedeli, la comunione fraterna e la volontà di camminare insieme. Per questo motivo il nostro incontro è il primo, quello che apre l’anno pastorale e ci prepara a vivere l’assemblea diocesana della settimana prossima insieme ai nostri collaboratori. La fecondità e la consolazione del nostro ministero dipendono strettamente dalla comunione che circola tra di noi, memori della parola di Gesù: «perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).

Gli orientamenti pastorali di quest’anno

Ormai da due anni siamo espressamente impegnati nella elaborazione del Progetto “Zero-Diciotto”. Dopo le consultazioni che abbiamo svolto ai vari livelli della vita ecclesiale – diocesano, foraniale e parrocchiale – quest’anno sarà dedicato alla definizione del Progetto ad opera del Gruppo di lavoro incaricato. Noi non staremo in attesa dei risultati di questo lavoro per cominciare, ma vogliamo operare fin d’ora in modo da inserirci nel solco tracciato dal Progetto. Ho avuto modo di ascoltare diversi di voi e vari collaboratori, così da maturare la convinzione che dovevamo cominciare da subito a entrare nel vivo del Progetto, dedicando la nostra attenzione innanzitutto alla prima fascia di età di quelle nuove generazioni alle quali si deve indirizzare in maniera più adeguata la nostra premura pastorale.

Come i bambini, anche noi proviamo a muovere i primi passi, riflettendo sui piccoli e intraprendendo le prime necessarie iniziative a loro riguardo. Per queste ragioni ho dedicato gli orientamenti pastorali a questo tema con una lettera dal titolo che riprende una citazione evangelica: «Lasciate che i bambini vengano a me». Il sottotitolo esplicita: Orientamenti per una pastorale dell’infanzia. Nel convegno diocesano della settimana prossima, questa lettera sarà presentata e distribuita. In questa sede è sufficiente un accenno alla sua articolazione per avere l’idea di fondo della sua impostazione.

Raccogliendo un suggerimento che ho molto apprezzato, apro la lettera con un riferimento alla vita di S. Maria Goretti. Il primo capitoletto – Una parola di Gesù sui bambini – è dedicato al commento dell’espressione evangelica posta come titolo. In esso sostanzialmente voglio dire che il significato simbolico e metaforico dell’espressione non deve vanificare il senso letterale, che vede Gesù mettere al centro dell’attenzione i piccoli dell’uomo e le loro caratteristiche spirituali.

Il secondo capitoletto – dal titolo Infanzia ieri e oggi – accenna alla condizione dell’infanzia oggi. L’acquisizione della identità e della dignità dei bambini è minacciata dall’individualismo dominante, i cui effetti sono amplificati da fenomeni come la presenza pervasiva delle nuove tecnologie. Il terzo porta il titolo La luce della fede sull’infanzia. È un piccolo tentativo di una sorta di teologia dell’infanzia; temo che per qualcuno possa risultare alquanto arduo in alcuni passaggi, ma confido che lo sforzo sia premiato dal conseguimento di un qualche maggiore approfondimento. Lo sviluppo avviene in tre momenti: il primo riguarda il valore dell’infanzia e la sua piena identità e dignità umana; il secondo tocca l’aspetto propriamente teologico, e cioè il rapporto che Dio istituisce con l’infanzia a partire dal suo gesto creatore, la contaminazione dell’infanzia in conseguenza del peccato e la presenza, anche nei bambini, della grazia redentrice; il terzo momento ricostruisce i tratti principali di una spiritualità dell’infanzia.

Il quarto capitoletto si intitola Infanzia spirituale e missione pastorale della comunità ecclesiale. Qui si mostrano le ragioni e le condizioni di una iniziativa pastorale nei confronti dell’infanzia. La prima di tali condizioni è la necessaria mediazione spirituale da operare in noi stessi adulti per primi, che consiste nel passare «dalla spiritualità della condizione infantile alla condizione dell’infanzia spirituale come caratteristica dell’autentico credente». Con questa attitudine di fondo, l’attenzione si mostra adeguata là dove l’accompagnamento nei confronti dei bambini, mai isolatamente dai genitori e dalla famiglia, viene compiuto ad opera dell’intera comunità ecclesiale. Un ruolo decisivo gioca in tale prospettiva la celebrazione del battesimo. Ma prima e dopo il battesimo, si tratta di trovare i modi per far passare il senso ecclesiale della Parola, della liturgia, della presenza di Dio, per instillare gli atteggiamenti fondamentali della fede, della speranza, della carità.

L’ultimo capitoletto espone alcune Indicazioni pastorali. Insieme ad alcune esemplificazioni che cercano di tenere conto delle differenze che caratterizzano le varie fasi dell’infanzia (i primi tre anni, da tre a cinque anni, dai sei ai sette anni), suggerisce che siano i consigli pastorali parrocchiali a dedicare un momento di riflessione al tema durante quest’anno pastorale, da considerare un impegno prioritario della parrocchia rispetto ad altri. Tra gli altri aspetti che tocca, non manco di ricordare la collaborazione tra centro diocesano e comunità parrocchiale, come pure tra parrocchie del medesimo territorio.

Una annotazione di assoluto rilievo ritengo di dover inserire a questo punto. Basta poco perché ci riduciamo a considerare la nostra azione pastorale e il Progetto a cui abbiamo messo mano, come qualcosa di meramente nostro, frutto solo del nostro ingegno e della nostra buona volontà; qualcosa insomma che dipende da noi e da cui facciamo dipendere, a nostra volta, la nostra soddisfazione (cioè l’appagamento del nostro narcisismo pastorale), in caso positivo, o le nostre paure e frustrazioni (e quindi le nostre insicurezze, le paure, le carenze di autostima), nel caso opposto. In realtà, se vale qualcosa tutto ciò che facciamo o progettiamo, è solo perché siamo convinti che ce lo chiede il Signore, ce lo ispira Lui e noi, assecondandolo, rispondiamo soprattutto a Lui. Il segno di questo corretto atteggiamento di fede nel nostro agire pastorale lo cogliamo nella nostra preghiera. Se preghiamo per ciò che facciamo, per i nostri progetti e le nostre iniziative, soprattutto per le persone e a noi affidate ponendole nelle mani di Dio, allora è molto più probabile che non lo facciamo per noi e non cerchiamo noi stessi, bensì solo, o almeno soprattutto, la gloria di Dio e la manifestazione della sua volontà e della sua iniziativa. Perciò, prima di ogni intrapresa, preghiamo e mettiamo tutto nelle mani di Dio. Lo vogliamo fare noi per primi, e lo vogliamo insegnare ai nostri fedeli.

Il percorso formativo e alcune scelte operative a livello diocesano

Gli orientamenti intendono motivare e spingere verso una nuova coscienza e un nuovo impegno nei confronti dell’infanzia. Per questo motivo, a livello diocesano proporremo due momenti di riflessione e alcune iniziative per aiutare ad accogliere nell’esperienza concreta l’impegno pastorale a favore dell’infanzia. Due convegni diocesani (il 15 novembre e il 24 gennaio) ci aiuteranno a entrare più profondamente nella comprensione e nell’esperienza spirituale dell’infanzia e dell’iniziativa pastorale nei confronti dei più piccoli. Il rapporto con loro è sostanzialmente rapporto con i loro genitori e con le loro famiglie. Pertanto iniziative, come quella di un pellegrinaggio diocesano, possono costituire occasione preziosa di incontro e di confronto per piccoli e grandi. A conclusione dell’anno pastorale abbiamo anche previsto un’assemblea di verifica del cammino compiuto (12 giugno), per trarne suggerimenti e correzioni in vista del cammino ulteriore.

Tutto questo è a servizio e si pone in dialogo con la vita delle parrocchie. A queste è chiesto innanzitutto di dedicare un tempo di riflessione al tema dell’infanzia nell’ambito del consiglio pastorale o in una assemblea dei collaboratori, allo scopo di verificare la situazione dei bambini nel territorio e nella comunità parrocchiale e di individuare le iniziative pastorali adeguate da promuovere.

C’è poi un duplice impegno che chiedo alle parrocchie. Il primo è quello di segnalare un referente – sia esso un singolo o una coppia – incaricato di collaborare con il parroco nella pastorale dell’infanzia. In questa prima fase il nominativo segnalato può essere lo stesso del collaboratore o dei collaboratori coinvolti nella preparazione delle famiglie alla celebrazione del sacramento del battesimo. La segnalazione deve essere fatta entro Natale e può essere indirizzata alla segreteria. Il secondo impegno richiede di promuovere una iniziativa per i bambini più piccoli nei mesi tra Natale e Pasqua. Per aiutare le parrocchia a realizzare tale iniziativa ci avvarremo di quanto emergerà dai convegni diocesani e dai suggerimenti predisposti dalla commissione che ha elaborato il progetto di massima per questa fascia di età. Le modalità possono essere le più diverse. Lo scopo è quello di sperimentare una forma di incontro con i bambini piccoli e le loro famiglie per portarli o, almeno, orientarli alla conoscenza di Gesù, alla preghiera, alla fiducia in Dio. Questo vale per le parrocchie che non hanno mai promosso di queste esperienze; per quelle che le hanno già fatte, si tratta di sviluppare l’esperienza con iniziative sempre più organiche.

Il cammino specifico del presbiterio

Questi impegni nuovi e specifici si inseriscono in un quadro di attività ordinarie già abbastanza intenso, nel quale devono in qualche modo armonizzarsi. Gli uni e le altre non possono essere viste come alternative, poiché lo scopo di tutto il nostro agire pastorale è condurre a Gesù, all’incontro con Lui, alla fede e alla comunione della Chiesa, comunità dei credenti in Lui. Tra questi credenti, i piccoli sono quelli che rischiano maggiormente di vedere compromessa la possibilità di incontrare per la vita intera Gesù come Signore e Salvatore per le loro persone. Per questo dobbiamo assumere la cura della loro fede come compito imprescindibile nel quadro della cura della fede di quanti ci sono affidati, piccoli e grandi.

Tutto ciò impone una consapevolezza sempre più grave dell’esigenza essenziale previa di curare la nostra vita personale di uomini, di credenti, di ministri, in una unità esistenziale che mantenga un equilibrio che testimoni come la nostra vita veramente è realizzata a partire dall’incontro con Cristo e dalla vocazione al ministero. Abbiamo bisogno di coltivare questo incontro e la nostra vocazione. Lo facciamo nella nostra preghiera personale e nella celebrazione liturgica, lo facciamo nello studio e nella cura ordinata della nostra persona, dei nostri ambienti, del ritmo delle nostre giornate; lo facciamo non meno negli incontri del clero che alimentano in varia forma il senso del nostro essere un unico presbiterio, fondamento e riferimento costitutivo del nostro essere presbiteri e del nostro servizio ministeriale. Guai a chi si isola dal presbiterio e dal rapporto con il vescovo. Guai, perché chi lo fa rischia di veder entrare in una vera e propria zona di pericolo il senso cristiano dell’esistenza, la forma spirituale della risposta alla vocazione, e perfino l’equilibrio umano che supporta tutto il nostro agire e tutte le nostre relazioni.

La cadenza dei nostri incontri ha una validità che trova conferma in una esperienza lungamente consolidata. Pertanto ci tengo a ribadire l’importanza dei due appuntamenti mensili, diocesano e foraniale. Quest’anno dei sei incontri mensili (quello di aprile coincide con la Messa del crisma), quattro saranno di ritiro spirituale: a ottobre, a dicembre, a marzo e a maggio. Vogliamo dare voce all’esigenza di spiritualità, che avvertiamo particolarmente urgente come ministri e come presbiterio, in modo speciale in questo tempo di grande dispersione e confusione. I ritiri saranno predicati dal padre gesuita della Chiesa del Gesù, Ottavio De Bertolis. Un incontro (quello di febbraio) lo dedicheremo alla presentazione del nuovo Messale, o meglio al modo più adeguato per risvegliare la nostra sensibilità liturgica in occasione della sua pubblicazione. Resta da individuare il tema dell’incontro di novembre. Anche quest’anno terremo a giugno una assemblea del clero di fine anno (18 giugno), per le opportune considerazioni e le necessarie comunicazioni.

Importanti sono anche gli incontri foraniali del clero. Con i vicari foranei abbiamo convenuto sulla necessità di dare maggiore spazio alla preghiera in questi incontri. Di alcuni di essi abbiamo già previsto l’argomento principale, mentre per altri abbiamo lasciato aperta la possibilità di adottare temi consoni alle esigenze e alle circostanze della forania nello scorrere dell’anno pastorale. Quello di ottobre sarà dedicato alla organizzazione della segnalazione dei referenti parrocchiali per la pastorale dell’infanzia; quello di gennaio alla programmazione di un incontro parrocchiale con i bambini piccoli. In questa maniera gli incontri foraniali saranno di aiuto ai parroci e alle comunità, perché diano attuazione agli impegni dell’anno nella recezione degli orientamenti sulla pastorale dell’infanzia. L’incontro di febbraio sarà dedicato anch’esso alla ripresa del tema del nuovo Messale e alle istanze pastorali nella preparazione e nella celebrazione della liturgia. Infine l’incontro di maggio sarà riservato alla preparazione della verifica diocesana, in vista dell’assemblea diocesana del 12 giugno.

Mi piace sottolineare che analogo percorso di formazione assidua è quello compiuto dalla comunità diaconale, sia da parte dei diaconi, come pure delle loro mogli, sia da parte dei candidati e degli aspiranti. Gli incontri mensili del clero, ai quali quelli che tra loro possono farlo si uniscono, sono il segno di una volontà di comunione e di collaborazione che merita grande apprezzamento e mostra la disponibilità dei diaconi permanenti a farsi carico di un intenso impegno formativo oltre che di servizio pastorale alle comunità parrocchiali e alla diocesi.

Impegni e raccomandazioni

In questo quadro vorrei collocare alcuni impegni ordinari e straordinari che incombono sui presbiteri responsabili in parrocchia.

I primi che vorrei richiamare sono il rinnovo del Consiglio presbiterale e quello del Consiglio pastorale diocesani, dal momento che quelli dello scorso quinquennio sono in scadenza. Gli adempimenti elettorali per il Consiglio presbiterale saranno svolti in questa stessa assemblea, dopo il mio intervento, secondo le modalità che verranno illustrate. Per quanto riguarda, invece, il Consiglio pastorale diocesano, ho ritenuto, confrontandomi con la Commissione statuti e decreti, di apportare alcune modifiche per favorire la partecipazione e per riequilibrare la rappresentanza tra la parte clericale e quella laicale. L’indizione delle elezioni per quest’ultimo Consiglio sarà fatta a breve. Voglio raccomandare, a questo proposito, che seguendo le indicazioni che saranno comunicate, ogni parroco indíca un incontro del consiglio pastorale, eventualmente allargato ad altri collaboratori pastorali, per eleggere un rappresentante all’assemblea foraniale per l’elezione dei rappresentanti. È importante che in ogni parrocchia si compia tale gesto che contribuisce alla diffusione di una coscienza più matura dei fedeli laici in ordine alla necessaria partecipazione alla vita della Chiesa e in ordina a una considerazione più adeguata dell’importanza di un organismo di partecipazione come il Consiglio pastorale diocesano. Sui particolari delle procedure necessarie sarà data comunicazione quanto prima.

Un aspetto importante degli impegni dell’anno prossimo è costituito dalla celebrazione delle cresime. Il raddoppiamento del numero dei cresimandi ha imposto la necessità di trovare una soluzione congrua alle esigenze celebrative moltiplicate. Come vi ho già scritto, per l’anno prossimo abbiamo proposto una modalità nuova, indicando alcune date tra le quali scegliere il giorno o i giorni in cui i parroci riceveranno la delega ad actum per celebrare le cresime dei propri parrocchiani. Sono state scelte due date in primavera (una di domenica mattina e una di sabato pomeriggio) e due date in autunno (lo stesso, una di domenica mattina e una di sabato pomeriggio), allo scopo di venire incontro alle diverse esigenze delle parrocchie. Siccome alcune parrocchie hanno segnalato la difficoltà di stare entro le quattro date proposte per il numero troppo grande di cresimandi, sono state aggiunte altre due date, sempre di sabato pomeriggio. La soluzione intende salvaguardare il principio della cresima come sacramento del vescovo quale ministro proprio della celebrazione. Questo avverrà perché tutte le celebrazioni che si faranno nelle parrocchie si svolgeranno in contemporanea con la celebrazione che il vescovo terrà in una delle parrocchie che quel giorno ospitano il rito della cresima. Per questa ragione l’anno prossimo nessun presbitero sarà delegato per altre cresime.

Tra le varie attività che ci saranno l’anno prossimo, desidero segnalare, infine, ottobre come mese missionario straordinario. Accanto alle attività diocesane, le parrocchie tengano presente questa iniziativa della Chiesa universale.

Il quadro così delineato consente di avere non solo un cammino tracciato da percorrere, ma anche lo spazio per una condivisione e per una creatività che permetta a ciascuno di esprimere il meglio della propria sensibilità spirituale e pastorale, non minando, ma piuttosto rafforzando l’autentica unità e la comunione.

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