Omelia anniversario nascita mons. Giuseppe Marafini (19/11/2017 – Cori)

19-11-2017

OMELIA

Domenica 19 novembre 2017 XXXIII TO A

Cori, parrocchia di S. Maria della Pietà

Anniversario della nascita di Mons. Giuseppe Marafini

+ Mariano Crociata

 

Mettere a frutto i talenti, cioè i doni personali e le circostanze della vita, e riempire di instancabile operosità il tempo della vita che resta a disposizione: così potrebbe essere condensato il messaggio di questa domenica. La donna forte del libro dei Proverbi è la Chiesa, che nel suo insieme e in ciascuno dei suoi membri è chiamata ad essere il servo buono e fedele che fa fruttificare, non il servo malvagio che sotterra il talento ricevuto. Sulla celebrazione aleggia un senso di urgenza, la coscienza di una scadenza imminente da prendere severamente sul serio.

Accogliamo questo messaggio come un invito pressante a vigilare e a tenerci pronti alla venuta del Signore, ma facciamolo oggi con un senso di gratitudine non solo per la ricorrenza dell’anniversario della nascita di Mons. Giuseppe Marafini, ma anche perché tale messaggio rappresenta uno sfondo provvidenzialmente adatto su cui si staglia la figura che vogliamo ricordare. Se c’è una caratteristica che spicca subito nella persona e nella vita di Mons. Marafini è, infatti, proprio la sua instancabile operosità. Lungo tutto il corso della sua esistenza egli si è dimostrato pronto e, anzi, in anticipo su tutti gli appuntamenti, fino alla sua precoce scomparsa all’età di 56 anni, conseguenza del suo impegno ecumenico che lo condurrà in Etiopia.

Nasce cento anni fa come oggi, nel territorio della parrocchia dei S.S. Pietro e Paolo. Entrato all’età di 11 anni in seminario a Velletri, la diocesi che al tempo abbracciava, insieme a Cori e altri centri vicini, anche la piana pontina, ben presto si distinse così da essere mandato a studiare la teologia a Roma, dove non solo conseguirà il dottorato in teologia e si specializzerà in diritto canonico alla Lateranense, ma si laureerà anche in lettere alla Sapienza. Sacerdote a poco più di 22 anni, nel 1940, da subito viene assegnato al Seminario, poi dal 1943 al 1946 qui a Cori, ai S.S. Pietro e Paolo, quindi ancora in Seminario come rettore fino al 1964, quando viene eletto vescovo di Veroli-Frosinone. Queste, dunque, le tappe fondamentali della sua vita, troppo scarne per le cose straordinarie che ha saputo realizzare.

Prima di accennare, però, alla sua intensa operosità, mi piace notare come egli si sia trovato ad attraversare due grandi sconvolgimenti, che hanno segnato profondamente la nostra epoca sul piano sociale e civile e su quello religioso. Il primo di essi è stata la seconda guerra mondiale, l’altro il Concilio Vaticano II. Egli si trova al centro di tutti e due gli eventi, da giovane prete per il primo e da prete maturo e poi da vescovo per il secondo. La sua risposta a tali eccezionali circostanze denota una lucidità di visione e una prontezza di giudizio e di decisione a dir poco ammirevoli.

Mons. Marafini ha dimostrato una sorprendente capacità di incidenza in tutti i campi e le situazioni che un prete e un vescovo si può trovare a vivere ordinariamente e, nel suo caso anche in parte, in tempi straordinari: questo, grazie a una preparazione culturale di eccellenza acquisita con mente sveglia e creativa, e grazie a una energia e a una volontà che lo videro instancabile in tutti i campi nei quali è stato chiamato a operare.

Così, possiamo citare gli anni tra la fine della seconda guerra mondiale e il primo dopoguerra, nei quali la ricostruzione non solo edilizia ma soprattutto civile e morale lo vide, tra l’altro, abbracciare il compito educativo fondando una scuola e ridando alle nuove generazioni la possibilità di studiare. Con grande lungimiranza ha visto nell’educazione e nell’istruzione una possibilità indispensabile di riscatto per una popolazione devastata dalle conseguenze della guerra. Accanto alla ricostruzione e all’educazione – che è sempre rimasta, poi, una attenzione privilegiata del suo ministero, dentro e fuori il Seminario – l’impegno sociale, che lo porterà a promuovere un istituto di credito, nonché la formazione delle classi dirigenti attraverso l’accompagnamento di associazioni ecclesiali e di ispirazione cristiana.

L’impegno maggiore lo profuse per il Seminario e per i seminaristi. Ancora oggi egli viene ricordato con viva considerazione da parte di quanti lo hanno avuto come superiore. La dedizione principale riservata a loro non gli impedì di assumere negli anni diversi incarichi, fino a quello di vicario generale, e inoltre di avere cura di altre realtà ecclesiali, a cominciare dall’Azione Cattolica e dal laicato aggregato anche in associazioni diverse. Tra queste un posto speciale occuperà sempre di più l’Opera di Maria, dei focolarini, che egli tra i primi contribuirà a far conoscere e apprezzare da parte della Chiesa. Instancabile, insieme all’impegno pastorale a tutto campo, il lavorio intellettuale, che lo indusse a promuovere attività formative e culturali anche a Latina e soprattutto a pubblicare una serie notevole di libri, che lo rivelano cultore di una solida spiritualità, attento osservatore dello spirito del tempo, sensibile interprete delle indicazioni del magistero, soprattutto conciliare, in riferimento ai vari ambiti dell’impegno sociale ed ecclesiale del cristiano.

Queste caratteristiche si manifesteranno con particolare evidenza all’atto della sua nomina a vescovo. Insieme alla dedizione alla diocesi e all’opera di rinnovamento che egli vi introdusse sulla linea del Concilio ormai in fase conclusiva, va segnalata con il dovuto risalto l’azione che egli svolse nell’assemblea conciliare anche con i suoi interventi alla quarta e conclusiva sessione. La recezione dello spirito conciliare guidò il suo lavoro pastorale in diocesi e i suoi impegni sul piano nazionale, dove lo portò la responsabilità dell’ambito ecumenico voluto dalla Conferenza episcopale fino a fargli assumere la presidenza della commissione episcopale di riferimento.

Ho voluto così accennare ad alcuni scarni elementi della sua biografia e della sua figura, sufficienti tuttavia a vedere in abbozzo una immagine di prete e di vescovo di qualità, per la preparazione culturale e spirituale posseduta e per la corrispondente elaborazione delle motivazioni e delle finalità dell’azione pastorale, nonché per la sua proficua e creativa concretizzazione. In tutti i campi della vita della Chiesa mostrò prontezza di comprensione e di reazione di fronte alle novità, apertura mentale e disponibilità al movimento di riforma della comunità ecclesiale innescato dal Concilio.

Oggi lo ricordiamo nella sua comunità di origine, sottraendoci però alla tentazione municipalistica, per quanto comprensibile sia esaltarne le radici che affondano qui nella cittadina di Cori. L’orizzonte ecclesiale della sua formazione e della sua esperienza lo vedono spaziare attraversando confini, peraltro anch’essi mutati nel corso degli anni, come oggi possiamo constatare. Questo attraversamento dei confini è già una lezione che invita a non chiudersi nei particolarismi e nei localismi, che facilmente si trasformano in provincialismo e chiusura gretta, lontana dalla capacità di vedere e di agire che proprio Mons. Marafini ci testimonia fino alla fine dei suoi giorni.

In questa prospettiva, rievocarne la figura in occasione di un anniversario importante come il centenario della nascita acquista senso solo se diventa anche motivo di riflessione sull’oggi e sull’appello che esso indirizza a noi. Non tanto per darci l’occasione di ripetere le facili lamentele che il pensiero di questo tempo risveglia, ma per farci chiedere quale impegno educativo abbiamo abbracciato nei confronti delle nuove generazioni, quale stile assume l’esercizio delle nostre responsabilità sul piano ecclesiale e civile, nell’ambito delle professioni e nei confronti delle situazioni di disagio e di indigenza. Anche oggi scopriamo un estremo bisogno di spirito di ricostruzione e di volontà di riforma della Chiesa. Che cosa c’è dell’uno e dell’altra nel nostro presente? Quali sentimenti tutto questo suscita nei nostri cuori e quali sollecitazioni fa destare nelle nostre coscienze? In questa domenica dei talenti è davvero sorprendente come il Signore voglia parlarci attraverso una figura che i talenti, e tutti quelli che aveva ricevuto, ha saputo metterli a frutto. Il Signore ci chiede di non permettere che siamo ingannati dall’ammirazione per un tale prete e vescovo con l’illusione di potere sfuggire alla tremenda responsabilità che abbiamo di far fruttificare quelli che noi oggi abbiamo in mano e che attendono di essere investiti in un impegno intelligente e operoso, che somigli anche solo un poco a quello di Mons. Marafini.

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