OMELIA
Rito della inaugurazione della Cappella dei Vescovi
Parrocchia San Cesareo, 4 novembre 2017
+ Mariano Crociata
Inauguriamo, oggi, la Cappella dei Vescovi nella concattedrale di Terracina, voluta dal mio predecessore, mons. Giuseppe Petrocchi, e portata avanti in questi anni dal parroco, don Peppino Mustacchio, insieme agli uffici competenti della Curia diocesana. La destinazione definitiva colloca in maniera opportuna la cappella nel contesto di un monumento dalla storia lunga e complessa, come testimoniano la struttura e l’insieme degli elementi architettonici e artistici che sono venuti a comporla lungo un periodo plurisecolare, e con un accumulo di stratificazioni che non sempre è facile perscrutare e differenziare.
La Cappella dei Vescovi vuole essere, innanzitutto, testimone di una storia che ha visto questo edificio sacro, dedicato a san Cesareo, punto di riferimento di una Chiesa le cui origini risalgono ai primi secoli dell’era cristiana e le cui radici hanno respirato gli influssi spirituali del passaggio paolino attraverso questi territori. In particolare la cappella, con i tre vescovi che ospita, rappresentanti di ben tre secoli, dal XVIII (con il vescovo Oldi), al XIX (con il vescovo Albertini), fino al XX, ci invita a conservare memoria della storia di questa Chiesa attraverso i suoi pastori, dall’epoca in cui era sede episcopale fino alla recente unificazione in un’unica nuova diocesi, di cui ha vissuto e rappresentato il passaggio l’ultimo vescovo qui accolto, mons. Pecile, il quale, prima da sacerdote e poi da vescovo, ha sperimentato in prima persona il cambiamento della configurazione e del centro della diocesi. In questo luogo siamo invitati a pregare in modo particolare per i vescovi defunti e, insieme ad essi, per l’intera comunità diocesana. Qui siamo confermati nella certezza che la nostra Chiesa continua ad essere guidata dall’unico pastore, Cristo Signore, al di là di mutamenti contingenti ed esteriori, e di successioni di persone o di ruoli.
La presenza di questa cappella e la preghiera a cui essa invita sospingono il nostro sguardo verso un futuro non solo temporale, ma eterno. Le testimonianze della storia e dei vescovi che in maniera autorevole l’hanno vissuta e la rappresentano a noi in maniera riassuntiva, ci parlano del senso ultimo del nostro cammino di vita e del nostro essere Chiesa. Molto di più, i resti mortali del loro passaggio storico ci annunciano una misteriosa compresenza e compenetrazione tra vita terrena e vita eterna; ci dicono che già fin d’ora noi siamo protesi verso la comunione definitiva in Dio e ne anticipiamo il banchetto regale e la gioia della comunione piena nella fede e nella preghiera, nella Parola di Dio e soprattutto nel sacramento dell’altare, pane del cielo e cibo degli angeli come lo chiama la liturgia. I vescovi del passato che qui riposano ci ricordano, dunque, che nell’assemblea radunata in questa chiesa cielo e terra in qualche modo si congiungono e attendono di diventare unità piena e indefettibile.
Infine, la Cappella dei Vescovi, invitandoci alla gratitudine per il passato e a non smarrirne la memoria, e proiettandoci verso il futuro glorioso del regno di Dio nella partecipazione alla risurrezione di Cristo, ci pone di fronte a una richiesta esigente e urgente allo stesso tempo, che si condensa nella assunzione del nostro compito storico di credenti e di comunità ecclesiale. Vera memoria ecclesiale non è quella che si attarda a ricostruire i particolari di un passato di cui non riesca a concepire e far rivivere la verità e la vita di fede; analogamente non è capace di attendere e preparare adeguatamente l’avvento del Regno di Dio, e a coglierne e gustarne i segni anticipatori, chi è interamente ripiegato su se stesso e sulle fugaci attrattive della terra. Il passato e il futuro di Dio vivono realmente là dove e in chi diventano fermento di devozione appassionata alla causa del Vangelo e di dedizione disinteressata ai veri beni della Chiesa, che sono i piccoli e i poveri, le nuove generazioni e quelli che versano nell’indigenza materiale, morale o spirituale. Questo esige una grande tensione interiore e un attaccamento profondo alla comunità ecclesiale, sentita e vissuta come la propria famiglia e la propria casa, perché luogo e comunità essenziali all’esperienza della fede, e perciò della presenza e dell’incontro con Dio.
Siamo lieti di essere giunti a questo momento e di aver posto il segno di questa cappella, perché vediamo così accresciuta la nostra consapevolezza di credenti e di Chiesa, e con tale avvertenza vogliamo impegnarci a edificare, per la nostra parte, una comunità ecclesiale che sia, come vuole il Vangelo, sale della terra e luce del mondo, in cui risplendono cioè quelle opere che sole rendono gloria a Dio, una comunità che si presenti perciò, come tale, degna del passato che l’ha preparata e del futuro a cui è stata predestinata.