Omelia Natale “Messa della notte” (24/12/2016 – cattedrale S. Marco, Latina)

26-12-2016

OMELIA

Natale, Messa della notte

Latina, cattedrale di S. Marco, sabato 24 dicembre 2016

+ Mariano Crociata

 

La liturgia della notte insiste sulla figura del bambino. Lo fa Isaia, quando dice: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”, trovando in questa notizia un motivo di gioia incontenibile, di esultanza oltre ogni dire. Lo ribadisce il Vangelo, da cui abbiamo ascoltato: “oggi nella città di Davide, è nato un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Il contrasto è forte: da un lato il Salvatore, dall’altro un bambino.

In ambedue i casi cogliamo una sproporzione, tra la fragilità del bambino e la potenza del Salvatore, tra l’annuncio della nascita e la gioia che ne scaturisce. Ma non è un fatto sentimentale a suscitare emozione e sguardo sul futuro, né un cedimento alla retorica dell’innocenza e delle speranze racchiuse nei piccoli a caratterizzare il Natale. È piuttosto una convinzione e una certezza a venire proclamata: l’opera di Dio ha umili e fragili inizi, e una crescita graduale, ma la sua efficacia e i risultati sono infallibili e irresistibili. È Gesù stesso a darne prova, con una storia di vita, con parole e opere che hanno confermato fino alla fine il suo provenire da Dio e il suo essere mandato da Lui.

In qualche modo Gesù ha sempre conservato il segno del bambino, è rimasto bambino nel senso evangelico del termine: nel senso, cioè, di colui che si fida incondizionatamente di Dio, cerca solo di conoscere e fare la volontà del Padre, non cede mai alla prepotenza e alla sopraffazione come mezzo per affermarsi e nemmeno per affermare la verità di Dio. Questo assume un significato speciale non solo in questi ultimi giorni ma in generale nella nostra epoca, nella quale si uccide in nome di Dio, anche se nel nome di un dio che sta solo nella testa di persone esaltate e fanatizzate, prive ormai di ogni ragionevolezza e di ogni senso dell’umano.

Gesù, al contrario, preferisce essere sopraffatto lui piuttosto che sopraffare, subire prepotenza piuttosto che infliggerla. Il bambino in qualche modo è la misura di Dio, con il suo invito tenero e sereno, con la sua fiducia incondizionata che non costringe ma offre amore. Per questo l’essere bambino di Gesù rimane una sua dimensione costante; ne è prova anche il modo come tratterà i bambini e li proporrà come modello di accoglienza del Regno di Dio. Egli invita a riconoscere il modo di agire di Dio e non forza nessuno a credere, ma chiede solo di rispondergli ed assecondarlo con la propria fede e con il proprio attivo coinvolgimento.

Come accogliere il messaggio del bambino di Betlem? Innanzitutto contemplando e adorando. È l’atteggiamento dei pastori, delle persone umili e semplici che per prime si accostano alla grotta e scoprono il mistero luminoso che la abita. Contemplando e adorando ci lasciamo illuminare dal mistero e lo penetriamo sempre più profondamente con gli occhi della fede. Gesù chiede di credere in lui e di accoglierlo come si accoglie un bambino, con la cura, la tenerezza e la dedizione che un bambino si aspetta; e questo sempre.

Insieme all’adorazione e alla contemplazione, bisogna poi che il bambino Gesù diventi il modello e la guida nelle scelte della vita. Sì, certamente, nel modo di trattare i bambini di oggi, vicini e lontani, con le problematiche che la loro condizione conosce, oggi in modo particolare: pensiamo innanzitutto ai bambini delle nostre famiglie e delle nostre scuole. Ma non possiamo fare a meno di pensare anche a quelli che non hanno cura e dedizione adeguata in tante famiglie e in tanti ambienti della nostra nazione; come pure alle migliaia di bambini stranieri soli che vagano nel nostro paese e in tutta Europa, senza immaginare quale destino li attende. Anche a questo il Natale di Gesù ci chiede di pensare.

Infine, celebrare la nascita del bambino Gesù significa imparare la fiducia nella bontà e nella efficacia dei piccoli inizi e degli esordi poco appariscenti. Resistiamo alla tentazione di farci affascinare dagli atteggiamenti imponenti e altisonanti; guardiamoci dall’assomigliare alle persone che sanno solo darsi aria di importanza, che si credono o vogliono essere credute importanti, da quelle che vogliono contare a tutti i costi. In simili atteggiamenti non c’è nulla di evangelico, ma nemmeno di umano buon senso. La capacità di cogliere l’importanza della vita ordinaria, della dedizione alla propria missione, quale che sia, anche nelle piccole cose oltre che nelle grandi, ma con la coscienza dell’orizzonte infinito che solo Dio è in grado di disegnare per noi: questo conferma la certezza che la lunga durata darà ragione dell’impegno profuso passo dopo passo e della fiducia data alle promesse di Dio e del suo Vangelo; questo soprattutto fa assomigliare a Gesù, ci rende suoi discepoli.

Questo Natale porti dunque una rinascita di autenticità e di spirito di dedizione e di servizio; porti amore alla vita, che significa anche coraggio della fecondità di coppia e di famiglia; porti fede e spirito evangelico, che ci renda sempre simili a Gesù e lo renda presente nella nostra vita e nei nostri ambienti di famiglia, di lavoro, di comunità.  

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