Omelia ingresso in parrocchia di don Massimo Capitani (23/10/2016 – SS. Damiano e Cosma, Terracina)

24-10-2016

OMELIA

Domenica XXX TO C (Sir 35,15b-17.20-22a; 2Tm 4,6-8.16-18; Lc 18,9-14)

Terracina, Parrocchia dei SS. Damiano e Cosma, 23 ottobre 2016

Inizio del servizio pastorale di don Massimo Capitani

+ Mariano Crociata

 

Con quella di stasera si conclude per me la serie delle celebrazioni nelle quali ho accompagnato i nuovi parroci nelle rispettive comunità. Un’esperienza significativa per un vescovo, che fa capire tra l’altro che lasciare una comunità parrocchiale e ricominciare in un’altra non è come lo spostamento delle pedine di una scacchiera, ma comporta un cambiamento umano, spirituale e pastorale impegnativo sia per i preti che per le comunità. L’abitudine è ordinariamente una condizione per la tranquillità, che invece svanisce di fronte al cambiamento di abitudini. Mi sono confermato però nella convinzione che un cambiamento motivato ed equilibrato sprigiona sempre nuove energie e rigenera motivazioni e relazioni. Questo è ciò che sta accadendo nella nostra diocesi, grazie a preti e comunità verso i quali ho sentito crescere in me l’apprezzamento e la stima.

Lo dico a voi, fedeli di questa comunità dei santi Damiano e Cosma di Terracina, che avete avuto per davvero tanti anni come parroco don Isidoro, al quale va il nostro pensiero e la nostra gratitudine; lo dico a te, caro don Massimo, che, dopo un periodo intenso e anch’esso niente affatto breve, hai accolto, devo dire con pronta disponibilità, la nomina a parroco di questa comunità. La gratitudine al Signore è il primo sentimento che scaturisce dentro di me e in tutti noi di fronte a una testimonianza così eloquente di affidamento e di docilità alla chiamata del Signore, sia da parte dei fedeli che del nuovo pastore.

Quello che oggi vivete è un cambiamento che si prospetta fecondo, se è vera la fedeltà che voi membri di questa comunità avete dimostrato fino ad oggi; e se è vero che la tua esperienza di parroco a Borgo Montenero, caro don Massimo, è stata felice per la serenità in cui si è svolta, la vitalità e il fervore che ha conosciuto e per tutto ciò che la comunità ha realizzato. Ora si tratta di raccogliere la sfida del ‘nuovo’ che il Signore chiede di affrontare. Il tempo che viene sarà fecondo a misura del vostro impegno e della vostra appassionata dedizione. So con quanto entusiasmo viene a voi il nuovo parroco e sono sicuro che con altrettanta appassionata dedizione la comunità vorrà assecondare la sua guida. È certo che è il Signore stesso a chiedere a ciascuno di rinnovare il suo amore per la comunità e a dimostrarlo con ogni sforzo per edificarla in comunione con il nuovo pastore. È importante ricordarsi sempre che tutto ciò che facciamo nella Chiesa e per la Chiesa, lo facciamo per il Signore. Le amicizie, i legami, la stima reciproca e tutto ciò che di bello e di buono può circolare tra di voi e con il parroco, saranno veri e duraturi se al centro di ogni cosa ci sarà l’amore per il Signore e l’attuazione del suo disegno di bene e di salvezza per tutti.

È importante che pastore e fedeli abbiate cura di ciò che è essenziale per le persone e per l’intera comunità, superando personalismi e interessi di parte. Sapete bene che ciò che richiede la massima cura nella vita di una comunità ecclesiale è l’ascolto della Parola, la celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti, la comunione tra tutti i membri e la carità verso tutti, dentro e fuori. Su questi binari il nuovo cammino che si apre scorrerà spedito e gioioso per voi e per quanti avranno modo di conoscervi.

Le pagine bibliche della liturgia della Parola e la ricorrenza della Giornata missionaria mondiale collocano la nostra celebrazione sotto una luce particolare che può orientare favorevolmente il progetto di vita parrocchiale che oggi prende avvio.

Innanzitutto la Parola di Dio. Attraverso la categoria del povero, la cui preghiera penetra le nubi così da giungere efficacemente a un Dio sempre sensibile ad essa, come suggerisce la prima lettura, e attraverso le due figure del pubblicano e del fariseo, come ce le presenta la parabola evangelica, l’invito è a superare gli steccati religiosi esteriori per aprire a tutti la possibilità di accedere alla misericordia di Dio a partire dalla coscienza condivisa che non c’è nessuno che non abbia bisogno di perdono. La vera disdetta è non vedere il proprio bisogno di misericordia e sentirsi superiori agli altri. Questo è capace di minare alla radice e distruggere una comunità. È chiaro che i comportamenti non sono tutti uguali, ma anche gli sbagli più evidenti non giustificano il senso di superiorità nei confronti degli altri. Lasciamo che sia Dio a guardare nel cuore di ciascuno e a giudicare; da parte nostra impariamo sempre di nuovo a pregare con sincerità e umiltà. Senza umiltà la preghiera non sale a Dio; al contrario, come abbiamo sentito, «la preghiera del povero attraversa le nubi», perché Dio «ascolta la preghiera dell’oppresso». Siate una comunità che assimila questo stile e lo fa proprio nei rapporti gli uni con gli altri, che non fa sconti al peccato e al male, ma si ispira all’umiltà e alla misericordia.

Siate una comunità non chiusa in se stessa. La Giornata missionaria torna una volta l’anno ma ci ricorda che ogni giorno la missione è l’orizzonte ordinario della vita della Chiesa. Respirare con la cattolicità della Chiesa e con i drammi del mondo di oggi: è questo il compito di una comunità autenticamente cristiana nel nostro tempo. È un compito che comincia tra i fedeli praticanti e si allarga al territorio circostante e poi all’intera diocesi, che non è tanto una circoscrizione territoriale e amministrativa ma una Chiesa locale riunita attorno al Vescovo. E non può sussistere parrocchia fuori e senza la diocesi. È nella natura della parrocchia rimanere aperta a chiunque voglia entrare a far parte della comunità. Essa non è un club esclusivo, una associazione di elezione, una accolta di perfetti, è invece una porzione del popolo di Dio, la punta avanzata sul territorio del carattere popolare della Chiesa, cioè del suo essere aperta a tutti, senza escludere nessuno. Ma c’è di più. Essa è capace di pensare e di farsi carico anche dei lontani. In essa si coltiva un desiderio irresistibile di far giungere il Vangelo fino agli estremi confini della geografia umana e spirituale del nostro tempo, nel quale vicini e lontani si intrecciano e confondono sempre di più. Abbiamo dimenticato questo orizzonte costitutivo della nostra fede e, forse, proprio per questo siamo diventati più poveri noi stessi, di senso di fede e di senso di Chiesa. Iniziare con questo richiamo alla missionarietà il nuovo cammino della comunità con il nuovo parroco non è solo di buon auspicio, ma anche promettente di frutti buoni di vita cristiana. È questo il mio augurio e la mia preghiera.