OMELIA
Domenica XXIX TO C (Es 17,8-13; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8)
Latina, Parrocchia di S. Rita, 16 ottobre 2016
Inizio del servizio pastorale di don Gianni Checchinato
+ Mariano Crociata
Nella Chiesa, da sempre, siamo abituati ai tempi lunghi. Oggi, invece, tante – troppe – cose cambiano repentinamente, anche nella vita delle parrocchie. È, questo, l’effetto della generale accelerazione che subisce il ritmo della nostra vita ed è, soprattutto, uno dei segnali della riduzione di forze che anche noi conosciamo e che conosceremo sempre di più. Per questo motivo reputo una grazia che continui ad esserci la possibilità di dedicare un sacerdote a una parrocchia, quando questo è possibile, e non si rende invece necessario affidarne più di una.
Sono grato a don Gianni, per la disponibilità prontamente offerta; come pure a don Enzo per quanto ha compiuto qui in questi anni e per il nuovo impegno intrapreso. Sono grato a voi, comunità di S. Rita, che con maturità e senso di Chiesa accogliete questo passaggio, che non manca di offrire motivi di fatica per il senso di disorientamento che può procurare e per il bisogno di adattamento che richiede. Si tratta però di fatiche sostenibili e, soprattutto, feconde. La disponibilità a cambiare denota vitalità e capacità di crescita e di arricchimento. Così spero che sia per voi e per don Gianni; il quale non ha bisogno di presentazione, ma di cui non possiamo sottacere la varietà e la ricchezza dell’esperienza pastorale, a livello diocesano e regionale, con una formazione e una competenza riconosciute anche fuori da nostri confini. Il mio augurio affettuoso e l’impegno di un accompagnamento il più possibile premuroso si dirigono, con tutto il cuore, a lui e a tutti voi.
L’ingresso di un nuovo parroco è l’occasione, stando alle indicazioni della Chiesa, di ricordare a tutti quali sono i suoi compiti. Mi piace precisare che i compiti del parroco sono anche, in modo diverso, i compiti della sua comunità. Ascoltare la parola, celebrare i sacramenti, curare i rapporti di comunione e di carità dei fedeli tra di loro e con tutti, da quelli con i poveri a quelli con le altre comunità della forania e della diocesi: questo compete in forma differente all’uno e all’altra; al parroco, perché deve essere personalmente esemplare e deve saper guidare gli altri come un padre e un pastore; alla comunità, perché non ci sono altri motivi per stare insieme e fare comunità al di fuori della parola di Dio e della fede, della preghiera e dei sacramenti, della comunione fraterna e della carità verso tutti. Questo conferisce un significato particolare all’evento che celebriamo: la nostra celebrazione non interessa soltanto la persona del nuovo parroco – a cui pure tutto si riferisce nel rito dell’immissione nell’ufficio –, ma riguarda tutta la comunità parrocchiale, anch’essa partecipe e in qualche modo investita della responsabilità di accogliere il nuovo pastore e di collaborare con lui all’attuazione della missione ecclesiale.
In questi termini si delinea il significato della nostra celebrazione, chiamata a iniziare e orientare il cammino della comunità nel prossimo futuro. Essa lo fa pure attraverso le pagine della Scrittura proclamate in questa domenica, che ci permettono di osservare come anche un evento straordinario, per adempiere alla sua finalità piena, abbia bisogno di inserirsi nel cammino ordinario della Chiesa. Anche questo nuovo inizio per la comunità, oltre che per don Gianni, deve diventare anima e fermento della vita quotidiana di tutti e di ciascuno, mirando a far vivere di fede, alla presenza di Dio, ogni giorno che egli dona di nuovo al tempo della nostra vita.
Le letture si riferiscono, di fatto, ai due primi capisaldi della vita della Chiesa. In tal senso, c’è una prima indicazione specifica che merita di essere raccolta dalla seconda lettura, là dove dice: «conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù […]: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento». Ecco così presentato direttamente dall’apostolo la responsabilità che il pastore deve avvertire in modo singolare riguardo al servizio della parola di Dio. Troviamo tutto ciò che è essenziale in queste poche frasi: il valore ispirato della Scrittura, il compito dell’annuncio e della catechesi, della predicazione e dell’insegnamento, il bisogno vitale di accoglienza della parola di Dio e della sua concreta recezione dentro l’esistenza dei fedeli e della comunità. Voi capite bene quanto sia necessario che tutti abbiate a cuore la Scrittura letta e ascoltata con fede e preghiera, e che la vostra esistenza di credenti ne sia illuminata e guidata, corretta e incoraggiata. Non stancatevi se mi sentite ripetere che c’è bisogno di formare gruppi di ascolto orante della Sacra Scrittura. Anche qui voglio ribadire ciò che ho detto altrove: accanto alla modalità di preparazione della liturgia della parola della domenica successiva, sarebbe particolarmente fruttuoso leggere e commentare e pregare un passo alla volta un intero libro della Scrittura, come ad esempio il Vangelo di Matteo, che nel prossimo anno liturgico ci accompagnerà nelle liturgie domenicali.
L’altra indicazione, che questa volta è il Vangelo di oggi ad offrirci insieme alla prima lettura, riguarda la preghiera. Qui si tratta soprattutto della preghiera di domanda e di intercessione, che è anch’essa una forma essenziale del dialogo con Dio che è sempre la preghiera. Il dialogo con Dio si inserisce e si instaura nella relazione con lui che è la fede. Perciò fede e preghiera sono inseparabili, anzi si richiedono a vicenda, perché non c’è l’una senza l’altra. Secondo il Vangelo, in particolare, la vera preghiera è ostinata, insistente, perfino fastidiosa, impertinente e importuna; perciò abbiamo «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai […] giorno e notte». Perché una tale necessità di pregare così? La risposta è: per conservare la fede. Qualcuno domanderà che cosa c’entra la fede con tale modo di pregare; uno può pregare poco o niente e credere lo stesso. E invece c’entra molto. Fede non è semplicemente avere qualche idea o convinzione religiosa. Fede è una relazione di fiducia fedele e perseverante; per questo Gesù pone la domanda sulla fede, che lì per lì può sembrare fuori posto. Gesù chiede se troverà fede sulla terra, perché è difficile trovare una tale preghiera piena di fiducia, fedele e perseverante, e perciò, senza una tale insistente preghiera, è difficile conservare la fede. Non dice altrove il Vangelo che chi persevererà sino alla fine sarà salvo? È esattamente la stessa cosa. Si salva chi persevera credendo e pregando senza stancarsi mai, sino alla fine.
La grazia della comunità cristiana, quindi della parrocchia, sta nella sua capacità di rispondere sempre alla esigenza vitale di fede e di preghiera; nella capacità di renderle vive e di farle praticare. La vostra comunità comincia un nuovo tratto di strada sotto la guida del nuovo parroco. È il momento di riprendere il cammino con nuovo slancio ed entusiasmo, con la gratitudine al Signore e la gioia di sperimentare che egli continua a prendersi cura di voi, parlandovi attraverso la Scrittura e chiedendovi di tenere vivo e intenso il dialogo di fede e di amore con lui. Da questo dialogo scaturiranno anche quella comunione e quella carità destinate a rendere la vostra comunità segno della presenza di Dio, richiamo luminoso per quanti sono in cerca di lui e attendono di incontrarlo.