OMELIA
Festa della Sindone
S. Felice Circeo, Parrocchia S. Maria degli Angeli, 3 maggio 2016
Celebrazione giubilare
(Is 52,13-53,5; Mc 15,42-16,8)
+ Mariano Crociata
Era necessario sottolineare la festa della Sindone durante l’Anno della misericordia. Il fatto che questa chiesa abbia ospitato fin dalla sua fondazione una riproduzione in grandezza naturale della Sindone di Torino e che la diocesi lo abbia riconosciuto additandola a meta di devozione e di preghiera, ha giustamente suggerito una celebrazione speciale della misericordia di Dio. Non è difficile, del resto, cogliere il legame profondo che unisce la Sindone alla misericordia.
Il messaggio della misericordia è in qualche modo racchiuso nella parola stessa con cui la nominiamo, la quale significa “la miseria nel cuore”. Dio è per eccellenza la misericordia poiché ha accolto nel suo cuore la miseria umana. Da quando, fin dagli inizi della storia, l’uomo è caduto nella condizione estrema della miseria che è il peccato, il cuore di Dio si è aperto ad accoglierlo al fine di risollevarlo e riportarlo all’amicizia con sé.
Il Figlio di Dio diventa uomo per fare propria la miseria dell’umanità. Per il solo fatto di essersi fatto uomo egli condivide la condizione di noi suoi simili, ne conosce le fragilità e le sofferenze, eccetto il peccato. Gesù è il volto della misericordia perché la sua umanità manifesta ciò che Dio ha compiuto ed è disposto a compiere per farsi carico dell’umanità decaduta dopo il peccato. Egli si fa carico delle conseguenze del peccato per esprimere l’amore con il quale può guarire le nostre infermità, redimerci dal male e cancellare il nostro peccato.
Lo sappiamo: il suo farsi carico non è consistito soltanto nella decisione di assumere la condizione umana e di vivere la nostra vita; egli è arrivato al punto di accettare di farsi trattare come l’ultimo dei peccatori e il peggiore dei malfattori, pur essendo l’innocente e il santo. Il canto del servo del profeta Isaia lo ha espresso in maniera straordinariamente efficace e struggente: «davanti a lui si chiuderanno la bocca» (52,15); al solo guardarlo siamo inorriditi, per come è stato trattato e ridotto, le parole muoiono sulle labbra, anzi non ci sono parole. Di tutte le ingiustizie, questa è la suprema. E anche lo sguardo non è in grado di sopportare un tale spettacolo.
«Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (53,2-5).
La Sindone, che la tradizione ci affida come quel lenzuolo menzionato nella pagina evangelica di Marco, ha il potere di rendere plasticamente e di richiamare quanto il profeta ci ha trasmesso con la potenza straordinaria della sua parola poetica. Noi abbiamo il privilegio di cogliere al vivo gli effetti di una passione atroce su un uomo mite che si consegna alla morte con la stessa fiducia del Figlio che si abbandona tra le braccia amorose del Padre. Il suo esporsi al trattamento più crudele che possa toccare a un essere umano non parla il linguaggio dell’odio, della ribellione o della disperazione, ma quello dell’amore forte e confidente. Davvero in Gesù il cuore di Dio si è fatto accoglienza suprema, disponibilità a lasciarsi ferire per amore, come il cuore di una madre che tutto sopporta senza stancarsi di volere e di credere che il proprio figlio perduto non si perda, ritrovi la via di casa e soprattutto intraprenda il cammino interiore che lo riconduca a se stesso. Perché la miseria dell’uomo sta proprio in questo, che mentre si allontana da Dio si allontana da se stesso; il peccatore si perde perché perde se stesso, non sa più chi è, chi vorrebbe o dovrebbe essere, è smarrito e vaga lontano da se stesso. Nel volto del Padre che torna a guardare e a incontrare, il peccatore riscopre allo stesso tempo il proprio vero volto, fino ad allora smarrito e soprattutto stravolto e irriconoscibile. Il Cristo di Dio sulla croce e nella morte ha reso irriconoscibile il suo volto per mostrarci come noi riduciamo noi stessi quando ci allontaniamo da Dio. Allora, torniamo a cercare il volto di Dio nel volto di Gesù, anzi nell’umanità martoriata di Gesù, che ci mostra un Dio dal cuore tenero pronto ad accoglierci. La Sindone ha la capacità e la forza di farci riscoprire e incontrare la misericordia di Dio, l’amore che salva e ci restituisce alla nostra integrità personale, alla nostra verità, a una vita non solo migliore ma aperta alla pienezza della vita divina.
C’è una metafora che interpreta in maniera suggestiva il senso della misericordia di Dio che deve diventare anche nostra: misericordiosi come il Padre. È la metafora del cuore che si fa piccolo. Essa rispecchia una esperienza che abbiamo avuto personalmente o abbiamo sentito raccontare. Quando una madre o chiunque di noi vede una persona amata in pericolo e nella prova estrema, noi usiamo dire che il cuore si fa piccolo piccolo. La paura, la tenerezza, la pena, il desiderio e il bisogno di non veder soffrire chi amiamo ci stringe il cuore; in un certo senso facciamo nostro il cuore afflitto di chi soffre; il nostro cuore diventa come quello della persona amata che sta male.
Ciò che sperimentiamo in maniera spontanea nelle nostre relazioni di affetto e di amore, dobbiamo chiedere al Signore che diventi in noi attitudine spirituale, capacità di condivisione con chiunque soffre. Di più. Dobbiamo imparare innanzitutto a riconoscere l’inaudito amore di Dio che rende il suo cuore piccolo piccolo quando ci vede soffrire; e con lo stesso amore imparare a soffrire con chi soffre, accogliendo in noi chi ha bisogno di essere risollevato e liberato dal male, da ogni tipo di male. Desiderarlo e cominciare con il chiederlo sinceramente al Signore: così prende avvio il cammino della misericordia nella nostra vita e nel mondo che ci circonda.