Omelia Giornata mondiale del Malato (11/02/2016 – Cattedrale di Latina)

11-02-2016

OMELIA

Giovedì dopo le ceneri

Latina, Cattedrale, 11 febbraio 2016

Memoria della Madonna di Lourdes

Giornata del malato

+ Mariano Crociata

 

Oggi la Chiesa celebra la Giornata del malato e anche noi, come ogni anno, non manchiamo di farlo, consapevoli come siamo del valore e del significato della presenza dei fratelli e delle sorelle infermi che vengono a formare una porzione speciale del popolo cristiano. Siate dunque ancora benvenuti, cari fratelli e sorelle, e insieme a voi il saluto giunga anche a tutti gli ammalati che, pur desiderandolo, non hanno avuto la possibilità di partecipare a questo momento diocesano.

La Giornata di oggi cade durante l’anno della misericordia e voi siete venuti qui in cattedrale proprio allo scopo di vivere in questa occasione il giubileo attraversando la porta santa. Anche la statua della Madonna, di cui celebriamo la memoria, ha attraversato la porta santa, ma in realtà lei lo ha fatto per noi, lei che è già oltre quell’ingresso che conduce a Dio; e anzi, grazie a Cristo che è personalmente e per eccellenza la porta, fa entrare anche noi nella comunione di cui già gode, lei che è invocata dalla devozione cristiana con il titolo di ianua coeli, “porta del cielo”.

Dobbiamo chiederci quale messaggio abbia per gli ammalati, e per tutti noi insieme a loro, il giubileo della misericordia. Il messaggio principale che esso ci trasmette è inscritto nel nome stesso che dà titolo e significato a questo anno straordinario. Se, infatti, la misericordia ci annuncia che il cuore di Dio è capace di accoglierci con tutte le nostre miserie, fisiche, morali e spirituali, allora dobbiamo professare che certamente Dio, come del resto ci ha mostrato stupendamente in Gesù di Nazaret, accoglie con infinita tenerezza e amore nel suo cuore i dolori, gli affanni e le prove di tutti noi, a cominciare da quelli che soffrono per malattie o disagi di vario genere. Questo è l’annuncio: il Signore ha cura di te, non ti ha dimenticato, vuole lenire le tue piaghe e alleviare le tue sofferenze, abbi fiducia in lui e abbandonati a lui, sostenuto dalla tenerezza materna di Maria, che è la messaggera dell’amore di Gesù, lei che ai piedi della croce ha partecipato con il suo dolore all’infinito dolore del suo figlio divino.

Ma le letture di questo giovedì dopo le ceneri ci vogliono aiutare a cogliere qualcos’altro nel messaggio di questa giornata giubilare. In particolare la prima lettura ci mette infatti come di fronte ad una alternativa, ad una scelta da compiere: la via della vita o la via della morte, quella del bene o quella del male. Il Signore, dopo che lui ci ha accolto nel suo cuore e ci ha resi partecipi del suo amore che salva, ci vuole chiedere che cosa vogliamo fare di tale accoglienza e di un tale amore. Ci chiede insomma di assumere un atteggiamento attivo, di prendere una decisione, di compiere una scelta. Una persona già gravata da malattia e dolore potrebbe obiettare domandando che scelta può fare dal momento che è legata ad un letto e schiacciata dal peso della malattia. Ebbene anche a lei e proprio a tutti è chiesto di compiere una scelta. E non ci è difficile comprenderlo se pensiamo che ci sono diversi modi di vivere anche la mancanza della salute. Lo sappiamo per esperienza diretta o indiretta: di fronte alla perdita o alla mancanza di salute ci si può disperare e si può, al contrario, lottare, reagire, non rassegnarsi, sperare. In questa forma si presenta, per un malato, l’alternativa di fronte alla quale assumere un atteggiamento e fare la scelta.

Il Vangelo ci precisa che la scelta a cui è chiamato ogni discepolo di Gesù è quella della croce. E anche qui una persona inferma potrebbe far osservare di essere già in croce, il suo letto, la sua carrozzina o anche solo la sua terapia è diventata la sua croce. Questo è vero per la sofferenza che sopporta e denuncia, ma non lo è compiutamente per il senso della fede. Gesù chiede infatti di seguirlo sulla via della croce perché al vero discepolo presto o tardi succede ciò che è successo a lui, cioè di essere rifiutato, deriso, perseguitato e condannato. Questa è la croce di Cristo di cui il discepolo è chiamato a farsi carico.

Vuol dire allora che le sofferenza naturali e involontarie, quali sono le malattie, non hanno nulla a che fare con la croce? Niente affatto. Ma ciò che rende le malattie croce di Cristo e partecipazione alle sue sofferenze, non è la materialità del dolore, ma il modo di viverlo e il senso – il motivo e lo scopo – che gli viene dato. Il dolore – ogni dolore, perfino quello che ci possiamo procurare da noi stessi – diventa croce e quindi partecipazione alla croce di Cristo quando noi lo affrontiamo come prova della fede. Il Signore ci chiede di continuare a credere in lui anche nelle situazioni più difficili ed estreme; rimanendo fedeli a lui anche in tali situazioni, dimostreremo di essere veri discepoli, che rimangono sotto la croce, come Maria, a confessare la loro fede perfino quando tutto sembra negare ogni segno e ogni conforto alla fede. Chi più di Maria ha non solo sofferto per il figlio che muore, ma ha visto messa alla prova la fede che nel figlio Dio stesso agiva? Come continuare a credere che quel figlio era venuto da Dio se era finito in una maniera così catastrofica e irrimediabile, come un abbandonato e un maledetto da Dio? Maria davvero è la prima discepola e il modello di ogni discepolo, perché contro ogni evidenza ha continuato a fidarsi di Dio e del suo Gesù, ha accettato pazientemente ogni prova nella fiducia incrollabile che Dio è fedele e manifesterà la sua gloria, quando e come vorrà farlo secondo i suoi imperscrutabili disegni.

In questa fede, che dobbiamo chiedere al Signore e abbracciare con tutte le nostre forze, si renderà piena la grazia del giubileo, e la porta santa che abbiamo attraversato sarà davvero il segno del nostro ingresso nella comunione di Dio. 

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