Saluto
Seminario di formazione e orientamento del “Forum 015” su
Famiglia e impresa. Uniti per il lavoro
Latina, 16 marzo 2018
+ Mariano Crociata
Ho voluto portare un saluto a questo seminario di formazione e orientamento su Famiglia e impresa. Uniti per il lavoro, per l’importanza che il tema riveste in una società come la nostra e in una fase di vita collettiva come quella che stiamo attraversando, e inoltre per la consapevolezza che la comunità ecclesiale ha di tale importanza e del contributo che essa può portare alla comune riflessione e all’impegno che ne consegue, mettendo a disposizione il patrimonio della sua visione dell’uomo e della sua esperienza di fede.
Quando parliamo di famiglia nel suo rapporto con il lavoro e con l’impresa dobbiamo fare, in primo luogo, attenzione al significato che attribuiamo a ciascuno dei termini e al loro rapporto reciproco. L’epoca moderna ci ha abituati a una netta separazione tra famiglia e lavoro, talora anche nel caso del lavoro di impresa, perché si è lasciata alle spalle l’unità che avevano conosciuto le epoche precedenti. La famiglia è diventata il luogo del non lavoro, mentre il lavoro ha perduto, per lo più, ogni tratto umano, relazionale e familiare. Una ragione rilevante di tale divaricazione è stata senz’altro la riduzione economicistica del lavoro, che ha finito con il farlo considerare come il modo o lo strumento per un guadagno, privandolo così di ogni rapporto con il senso della vita e della vita familiare.
Una attenta riconsiderazione dei valori in gioco fa emergere aspetti finora per lo più trascurati. E il primo di essi è senza dubbio la dimensione antropologica, e non meramente ed estrinsecamente strumentale, del lavoro, che si dovrebbe esprimere nell’effetto umanizzante del suo attuarsi. Il lavoro estrinseca le potenzialità non solo fisiche o tecniche della persona umana, ma non meno anche l’orientamento alla realizzazione di sé e ai progetti di umanità, di società, di bene e di bellezza che porta dentro di sé. Di qui scaturisce la considerazione degli effetti umanamente devastanti prodotti, al contrario, dalla mancanza di lavoro.
Un altro aspetto riguarda la tensione tra esperienza individualistica e pratica sociale e solidale del lavoro stesso, come attuazione – in questo secondo caso – di un progetto elaborato insieme e condiviso, attraverso il quale non solo la singola persona, ma il gruppo che si costituisce, attorno a una iniziativa comune, come soggetto sociale crea insieme ricchezza materiale e valore relazionale, e cioè senso nuovo dello stare insieme e sentimento di responsabilità partecipata alla costruzione di un mondo più umano e vivibile per tutti.
Un terzo aspetto è quello che vede in gioco proprio la famiglia come soggetto del lavoro. La dissociazione alla quale siamo abituati non è più sostenibile perché appare sempre più evidente il valore anche economico che la famiglia produce nello svolgimento della sua missione più propria anche solo nella cura dei bambini, delle persone, della casa. Ma soprattutto appare evidente come la ricchezza che essa mette in circolo con la sua ordinaria esistenza costituisce un patrimonio di inestimabile valore per il benessere generale della società, poiché produce beni immateriali preziosi come la capacità di relazione, di dedizione e di amore, il senso di fiducia nell’affrontare la vita, il coraggio per superare le difficoltà e la forza della solidarietà e dell’aiuto reciproco, e molto altro ancora, senza il quale la società diventa una landa desolata e inospitale.
In questa prospettiva il rapporto tra impresa e famiglia, pur nella sua peculiarità, assume un valore paradigmatico per il più generale rapporto tra famiglia e lavoro. In essa, infatti, la condivisione di un plesso ricco di valori umani, morali e spirituali si sposa con il progetto di realizzazioni comuni attraverso una operosità che produce insieme ricchezza economica, senso creativo dello stare insieme, costruzione e coesione sociale.
C’è un ultimo aspetto – tra altri ancora che potrebbero pure essere presi in esame – che stimola il nostro interesse, e riguarda la dimensione educativa della famiglia che fa impresa. In essa, infatti, appare con lampante evidenza e immediatezza, il significato umano del lavoro e il suo intimo nesso con il processo di ogni autentica maturazione umana. La quale consiste nel passaggio dal centramento su di sé, dalla tendenza al narcisismo e all’autoreferenzialità, all’uscita da sé verso gli altri, verso una donazione di sé che fa sorgere progetti di vita, di servizio agli altri, di realizzazione di beni comuni che arricchiscono la vita sociale, facendola diventare una circolazione di benefici che non si fermano ad alcuni ma rifluiscono su tutti.
Mi auguro che la proposta di questo seminario aiuti e sviluppi una coscienza attenta a queste dimensioni di visione e di esperienza, la cui mancanza condanna la società intera ad una povertà umana, oltre che materiale ed economica.