Omelia per i funerali di don Livio Fabiani (21/11/2020 – Chiesa di S. Valentino in Cisterna di Latina)

21-11-2020

OMELIA

Cisterna, Parrocchia S. Valentino, 21 novembre 2020

Funerali di don Livio Fabiani (Is 25,6.7-9; Gv 17,24-26)

+ Mariano Crociata

 

Siamo rimasti sorpresi dalla morte di don Livio, dopo le notizie dell’intervento chirurgico riuscito. Possiamo solo esprimere e raccogliere il dolore nostro e di quanti lo hanno conosciuto e amato, e presentare tutto al Signore della vita, il quale ha promesso che eliminerà la morte per sempre, come dice Isaia. Non è ancora arrivato il tempo di questa fine, o quanto meno non la fine di questa morte temporale, mentre è già all’opera la fine della morte eterna, che l’Apocalisse chiama la seconda morte. Noi crediamo che don Livio vive in Dio e gode della sua vita eterna, perché ha creduto nella vittoria di Cristo risorto. Egli non è finito, non è scomparso; in altro modo è presente qui e ora, in Gesù che lo convoca non più alla mensa eucaristica, che egli ha celebrato qui innumerevoli volte, ma alla mensa della comunione divina che questa mensa terrena anticipa e fa pregustare. La morte di un sacerdote fa avvertire più vivamente che la nostra liturgia, e un po’ tutta la nostra vita di fede, è un mistero di presenze visibili e invisibili, è un evento di comunione che trafora la parete del tempo e travasa in qualche modo il tempo e l’eternità l’uno nell’altra.

Avvertiamo in questo momento un senso di certezza, insieme alla pena, nel pensare a don Livio, perché la sua memoria condensa mescolate la sua sofferenza, la sua fatica pastorale, la sua bontà e bonomia. Era nato a Cisterna, il 5 giugno del ’42, quando ancora il territorio apparteneva alla diocesi di Velletri, nel cui Seminario minore frequentò le scuole medie prima di studiare teologia ad Anagni. A S. Maria Assunta, qui a Cisterna, ormai nella nuova diocesi, fu ordinato prete nel 1969, e al seminario di Sezze come vicerettore fece la sua prima esperienza oltre che come assistente diocesano dell’ACR, e ancora come viceparroco ai Ss. Pietro e Paolo di Cori per 9 lunghi anni. Dall’‘80 all’‘86 tornò a Cisterna come viceparroco a S. Maria e poi dall’’86-87 parroco – per primo – qui a S. Valentino, dove rimase fino all’ultimo. La costruzione della chiesa e del complesso parrocchiale parla con tutta evidenza della sua opera pastorale, ma anche umana e sociale. Una grande umanità la sua, che lo portava a conoscere e ad accogliere tutti, ai quali voleva bene con umiltà e semplicità, venendo da tutti ricambiato.

Mi risuona ancora una espressione di Isaia in modo particolare: «asciugherà le lacrime su ogni volto». Di don Livio mi colpiva un sorta di asciuttezza, di riserbo su quanto portava dentro; intuivo che faceva parte della sua sensibilità umana e spirituale, ma anche che l’aveva imparato negli anni di fedeltà sofferta al ministero, nelle varie fasi del suo servizio presbiterale. Certo è che non lo si è mai sentito lamentarsi di qualcuno o criticare alcuno, tanto meno un suo confratello, e ne ha incontrati una certa varietà nella sua storia di prete. Credo che il Signore ora asciughi quelle lacrime che egli non ha versato perché tenute dentro a forza.

Abbiamo bisogno di testimoni di speranza e tali dobbiamo diventare anche noi. Senza troppo chiasso né fatui entusiasmi, anche con la pacatezza e il tratto dimesso propri di persone come lui, è possibile fare nostra la profezia della speranza che gioisce per ciò che non possiede ancora ma di cui è tenacemente certo che arriverà, anzi che sta arrivando: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».

È stato un uomo di preghiera, come insegna e vediamo fare Gesù nella preghiera sacerdotale di Giovanni 17. E Gesù prega perché «quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io». Egli si lega indissolubilmente a quelli che ha avuto affidati, non per impadronirsene e possederli, ma per renderli partecipi della sua gloria e, in ultimo, dello stesso amore che lo unisce al Padre. Gloria e amore sono la stessa cosa, perché la forza dell’amore di Dio che si manifesta sulla croce, conduce Gesù a donarsi e consumarsi senza riserve per i suoi.

Due considerazioni, allora, fa nascere in noi questo Vangelo. La prima è che la promessa profetica che le lacrime saranno asciugate non ha un vago significato consolatorio: le lacrime vengono asciugate dall’amore con cui si impara a spendersi sull’esempio di Gesù, per lui e insieme a lui. Con Gesù si finisce di piangersi addosso e si impara a piangere per amore. Io sono convinto che la vita di fede e di preghiera di don Livio gli ha già concesso questo dono. E la seconda considerazione ne è la logica conseguenza, poiché insieme al consegnarsi crocifisso come Gesù, esiste anche quel consegnarsi quotidiano che ti consuma lentamente dietro il Maestro e come il Maestro, con quell’amore che solo i discepoli di Gesù conoscono e ricevono. Dietro l’apparenza di una esistenza ordinaria, fatta di piccole cose, si nasconde spesso un sacrificio continuamente rinnovato come un’offerta d’amore che non ha le vibrazioni dell’emozione ma la fedeltà della donazione.

Nel ringraziare il Signore per la testimonianza sacerdotale di don Livio, eleviamo la preghiera per implorare la sua partecipazione alla gloria del Crocifisso Risorto e la nostra fedeltà quotidiana ad una fervorosa esistenza credente.