Omelia Festa San Tommaso d’Aquino (06/03/2016 – Priverno)

06-03-2016

OMELIA

IV Domenica di Quaresima C

Festa di S. Tommaso d’Aquino

Priverno, S. Maria, 6 marzo 2016

+ Mariano Crociata

 

C’è una nota di gioia in questa Domenica di Quaresima, denominata non a caso “Laetare”, cioè rallegrati. Non dunque soltanto la festa che qui a Priverno celebriamo nella memoria di S. Tommaso d’Aquino, nostro patrono, ma anche il presentimento e quasi l’anticipazione della festa di Pasqua contenuta nella liturgia domenicale suscitano gioia in questo giorno. Siamo contenti perché la Pasqua è vicina e, con essa, la risurrezione di Cristo e la rinnovata possibilità della nostra risurrezione.

La festa di san Tommaso è intimamente legata a questa gioia, poiché la santità non è altro che l’estensione della efficacia del mistero pasquale di Cristo. È grazie alla sua morte e risurrezione che viene partecipata agli uomini la santità di Cristo e di Dio. Anche san Tommaso non trova in se stesso la ragione e la radice della sua santità ma solo nella morte e nella risurrezione di Gesù. La gioia della sua santità è la stessa gioia della risurrezione di Cristo di cui, come e più di ogni credente, egli in modo particolare vive.

Nel cammino verso la Pasqua il cammino deve ancora procedere sulla via della conversione e della penitenza, come san Paolo ci invita a fare indirizzando a noi la sua pressante sollecitazione: «lasciatevi riconciliare con Dio». Un invito che trova profonda risonanza nella famosa pagina evangelica detta del figlio prodigo o, anche, del padre misericordioso, ma che forse meglio può essere definita dei due figli, e perfino dei due figli prodighi. Certo non si possono dire del figlio maggiore le stesse cose dette per il minore; questi è davvero “perduto” e “morto”, come lo definisce la parabola prima del suo ritorno alla casa del padre. Ma il maggiore, rimasto in casa con il padre, vi è vissuto in realtà con il cuore lontano dal padre, incapace di capirne e di apprezzarne l’amore e la premura con cui metteva tutto a sua disposizione. Il fatto è che il maggiore non è migliore del fratello minore. Questi è andato via da casa e ha sperperato i beni di famiglia, è vero, ma il maggiore è rimasto in casa solo per paura, calcolo o incapacità di imitare il fratello.

La figura di san Tommaso ci dice che c’è una terza possibilità, rispetto a un ‘no’ al padre pronunciato con i fatti, salvo poi pentirsi e ritornare, o a un ‘sì’ detto a parole ma poi di fatto seguito da inadempienza e intima lontananza. La terza possibilità è quella di un figlio che, come Gesù, il Figlio unigenito, riconosce l’amore del Padre e gli corrisponde con amore e generosità. Tale è stato, sulla scia di Gesù e per sua grazia, san Tommaso d’Aquino: ben presto avverte la chiamata del Signore e, una volta raggiunta la certezza interiore, si impegna senza riserve per la sua vocazione facendo della sua vita un dono per il Signore. Egli è totalmente assorbito dalla sua dedicazione alla verità di Dio e nulla spreca del suo tempo per donarsi totalmente alla causa suprema della sua vita, l’intelligenza della fede e la difesa della fede. Anche i tempi e le condizioni meno favorevoli della giornata, come lo stare in viaggio o la malattia, non gli impediscono di rimanere concentrato nei pensieri su Dio e la sua verità.

Quello di san Tommaso è, certo, un esempio inarrivabile, ma proprio per questo non meno convincente ed efficace, come una immagine – non certo sovrumana – di ciò che dovremmo essere. A noi tale esemplare realizzazione rimane inaccessibile, poiché per lo più assomigliamo a uno dei due fratelli della parabola, o perché ci siamo allontanati per un certo tempo giungendo a comportamenti più o meno gravi, o perché siamo stati sempre costanti nella vita cristiana ma senza fervore, senza entusiasmo, senza un amore di Dio veramente forte e sincero, o infine perché abbiamo alternato l’uno all’altro comportamento. Allora tutti abbiamo bisogno di ritornare al Padre, a Dio. E oggi anche san Tommaso vuole dirci questo, mostrando come sia possibile anche a noi tornare all’amore di Dio, alla relazione con lui, ad una vita piena di amore per lui. Per far questo c’è bisogno di libertà da noi stessi e dalle nostre occupazioni e preoccupazioni; come san Tommaso, che alla fine della sua vita voleva bruciare le sue opere, ritenendole di nessun valore rispetto alla grandezza e bellezza incomparabili dell’amore di Dio.

Portiamo con noi la parola di san Paolo, per imparare anche noi questo fervore d’amore e questa libertà da noi stessi: «se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove». Lo chiediamo al Signore e all’intercessione di san Tommaso, nel banchetto eucaristico a cui siamo ammessi come anticipo reale dei frutti della terra promessa, quella che Dio attende di donarci definitivamente e pienamente nel suo Regno.