Omelia Domenica di Pasqua 2016 (27/03/2016 – Terracina)

27-03-2016

OMELIA

Domenica di Pasqua

Terracina, Concattedrale, 27 marzo 2016

+ Mariano Crociata

 

Avete notato la conclusione della pagina del Vangelo: «Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti». La Scrittura avrebbe dovuto essere chiara per un credente, per giunta discepolo di Gesù; e invece no, i discepoli non avevano capito; solo la visita delle donne e poi anche la loro al sepolcro vuoto aprono gli occhi del cuore, illuminano la loro mente: allora è vero ciò che dice la Scrittura, che Dio avrebbe ridato la vita al suo eletto, al Messia! Gesù è risorto! Oggi questo annuncio risuona festoso, ma come un interrogativo: tu lo credi? Ne hai fatto esperienza? Lo hai incontrato?

Il cristianesimo di tanti di noi è fatto per lo più di abitudini e di tradizioni. Dove trovare un po’ di convinzione, di fede viva, di amore a Gesù presente in mezzo a noi, in ciascuno di noi, nella storia di oggi? Le circostanze certo non aiutano. Ci sentiamo desolati di fronte a quanto accade non solo lontano, ma anche presso di noi. Tante, troppe cose non vanno: il lavoro manca, la vita sociale sembra presentare solo problemi, i rapporti con gli altri sono difficili, soprattutto c’è tanto malessere, scontento, malumore. Che cosa significa l’annuncio che è Gesù è risorto ed è vivo?

Significa che non posso restare a impigrirmi e crogiolarmi dietro ai miei malanni e alle preoccupazioni, piccole o grandi che siano. Se lui è vivo, ha qualcosa da dirmi e da chiedermi; se lui è risorto, non posso rimanere con le mani in mano, devo invece cercare di capire, di reagire e prendere l’iniziativa. Se lui è presente, allora vuol dire che il più è fatto, che l’ostacolo più grande (la pietra del sepolcro) è stato rimosso, che si offre una nuova opportunità, che la fiducia può essere ravvivata e la speranza tornare.

Dovremmo cercare di scommettere un po’ di più sul positivo di noi stessi e delle persone, sulla fecondità del bene anche in mezzo a tante frustrazioni e meschinità. Vogliamo suggerirne qualcuna di tali speranze e possibilità? Torniamo ad avere fiducia nel valore dei gesti più semplici e veri, abbracciati con mite ostinazione: allora, basta un sorriso, al posto di una brutta parola o di un gesto offensivo; basta fare bene il proprio lavoro e compiere il proprio dovere, anche umile e nascosto; basta resistere alla tentazione di approfittare di un’occasione di essere disonesti per un piccolo stupido vantaggio; basta dire di no a una richiesta o a una proposta ambigua o immorale; basta un piccolo sacrificio fatto per aiutare il proprio familiare, il compagno, il collega, il cliente o chiunque altro quando ha bisogno e ti chiede aiuto; basta un voto dato per il bene della città e non per il solo interesse privato proprio o di qualcun’altro; basta un gesto di rispetto anche verso una persona che non lo meriterebbe; basta un atto di generosità quando il prossimo in difficoltà ci interpella; basta non accodarsi e non accordarsi al coro delle lamentele qualunquistiche contro tutto e contro tutti; basta tacere pur di non dire male di qualcuno e, potendolo, mettere in luce il lato buono di una persona; e così via.

La presenza del Risorto diventa allora un fermento straordinariamente potente di vita nuova, non solo nella piccola cerchia dei conoscenti, ma nel più vasto agone della società civile e della vita pubblica. Allora l’annuncio del Risorto avrà generato un’esperienza nuova della sua presenza che salva.