Omelia Celebrazione per la Compagnia dei Lepini (23/12/2017 – Fossanova)

24-12-2017

OMELIA

Fossanova, sabato 23 dicembre 2017

Celebrazione con la partecipazione della Compagnia dei Lepini

+ Mariano Crociata

Il tempo natalizio risveglia il bisogno di fermarsi, di ritrovare noi stessi, di incontrarsi e fare festa, in un clima di cordialità, di condivisione, di famiglia. Vale per tutti noi che siamo venuti a partecipare alla celebrazione vigiliare dell’ultima domenica d’Avvento che apre direttamente sul Natale. E vale anche per i comuni soci della Compagnia dei Lepini e per i loro rappresentanti, a cominciare dai sindaci. Quale messaggio ci lasciano le letture domenicali e questa vigilia di Natale?

Se ci facciamo guidare da quanto il Signore dice a Davide, tale messaggio si profila in modo abbastanza evidente. Riascoltiamo quanto abbiamo udito: «Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? […] Il Signore ti annuncia che [Egli] farà a te una casa». Il Natale, per primo, si incarica di dirci che non siamo noi a fare qualcosa per il Signore, ma è innanzitutto lui che costruisce a noi la nostra casa. A cominciare da questa celebrazione, che potrebbe apparire ai nostri occhi come un atto virtuoso e devoto che appaga il nostro amor proprio per l’opera che stiamo compiendo, quando non si arriva addirittura a servirsi della celebrazione cristiana per perseguire altri scopi, ignorando il senso e le esigenze di questo gesto supremo della fede cristiana che è l’Eucaristia. In realtà, nel nostro fare, e quindi nel nostro celebrare, è il Signore il protagonista, colui che ci parla e colui che si dona a noi attraverso il sacramento. Noi diventiamo la casa stessa del Signore. Egli ci perdona, dialoga con noi, ricostituisce la nostra integra interiorità, ci rimette in relazione con lui e viene ad abitare la nostra persona e la nostra vita, diventa una cosa sola con noi.

Quali sono i risultati di questo renderci casa accogliente per lui? Non ci sono risultati immediatamente sensibili, ma avviene una trasformazione graduale delle nostre persone, rese sempre più disponibili e docili alla sua volontà al punto che la nostra presenza trasmette la sua presenza e ogni nostro agire rende migliore la nostra umanità e la nostra vita, così che cominciano a cambiare i rapporti, cresce la capacità di aiutarci a vicenda, di collaborare e di costruire e realizzare insieme progetti, di portare avanti impegni comuni. Sembra non cambiare nulla e invece cambia tutto, perché è tutta la nostra persona che viene progressivamente plasmata a immagine di quella di Gesù, del quale il Vangelo dice che «ha fatto bene ogni cosa» (Mc 7,37), che per un uomo è un riconoscimento dal valore straordinaria.

E in realtà, il primo per il quale vale quanto abbiamo detto è Gesù stesso. L’umanità di Gesù è la casa che Dio ha voluto costruire per il suo figlio che doveva farsi uomo. Perciò egli è modello, perché per primo ha imparato a vivere autenticamente la vita umana come dono di Dio che si rinnova ogni momento. Ogni momento della vita è un dono di Dio: questo, Gesù lo ha capito perfettamente, perciò conduce la sua vita come opera del Padre che vuole fare della sua umanità la casa di Dio, nella quale Dio abita senza riserve e timori. E l’umanità di Gesù è opera di Dio perché non è frutto della sola iniziativa umana, bensì della presenza dello Spirito. Certo, la sua azione non si compie senza la risposta positiva e fattiva di Maria, ma è Dio che tocca e sorprende Maria e la avvolge con la potenza dello Spirito. Tutto frutto di un annuncio, di una comunicazione della volontà originale di Dio di intervenire a favore del suo popolo e dell’umanità intera.

Dobbiamo imparare a trasferire tutto questo nella nostra vita di gente di oggi, sia persone comuni che responsabili di attività, organismi e istituzioni. E lo possiamo fare se abbiamo l’umiltà e il coraggio di non puntare sulla ricerca dell’affermazione di noi stessi, ma sull’accoglienza di quanto ci viene chiesto. L’annuncio che si riceve, a somiglianza di Maria, ultimamente da parte di Dio, per chi ha responsabilità pubbliche, non sta solo nella dimensione espressamente religiosa e nell’ambito strettamente personale e di coscienza, ma in un certo senso sale dalla realtà stessa. Per i portatori di responsabilità l’annuncio del Signore viene da ciò verso cui sono responsabili. L’annuncio viene a me vescovo dalla diocesi di cui devo prendermi cura con dedizione e disinteresse: in essa il Signore vuol generare la sua opera, che è la Chiesa. Così per voi amministratori, l’annuncio da parte di Dio sale dai comuni, dalle città, dalle realtà che amministrate, che attendono di poter vedere nascere e crescere la giustizia, una buona convivenza, una vita associata degna per ciascuno dei suoi membri. E lo stesso vale per tutti gli altri, in ogni settore sociale, in ogni ambiente di vita o di lavoro, in ogni famiglia.

Apriamoci dunque alla chiamata di Dio e cerchiamo di rispondervi come ha fatto Maria, con un sì che ha impegnato tutta la sua persona e ha accompagnato l’intera sua vita.