Relazione a Forum su «Ricerca, sviluppo e bene comune» (08/09/2016 – Cnr, Roma)

16-09-2016

Forum dei Centri di ricerca su “Ricerca, sviluppo e bene comune”

Roma, CNR, 8 settembre 2016

Introduzione ai lavori

+ Mariano Crociata

La presentazione che ne fanno gli organizzatori indica come obiettivo del Forum l’elaborazione di un’idea condivisa del lavoro dei Centri di ricerca che li veda convergere nella promozione del bene comune. Per quanto controversa sia oggi la categoria di bene comune, essa conserva la capacità di condensare le aspirazioni e le prospettive di sviluppo di una società, tanto più quando il bene comune venga consapevolmente ricondotto alla centralità della persona considerata nel suo contesto relazionale e ambientale.

La parola chiave di questo Forum è ricerca; essa indica anche il modo peculiare della scienza di contribuire al bene delle persone e della società. La sua natura propria, tuttavia, non consiste nella funzione che essa può svolgere nella vita sociale, ma nel suo costitutivo orientamento alla conoscenza. Una conoscenza inseguita con l’ardore di una passione, con amore, forse, si potrebbe dire. Una passione inestinguibile, quando si dà, perché mai adeguatamente placata e appagata, dal momento che l’acquisizione di nuove conoscenze e il conseguimento di nuove scoperte non fanno altro che schiudere orizzonti ignoti sempre più vasti, che valgono ad accrescere l’arsura più che a estinguere la sete.

La ricerca si sporge sull’infinito, lo assale con ardimento spostando continuamente in avanti il confine che lo separa da esso e allo stesso tempo ve lo congiunge. Sta qui la radice e l’anima della ricerca e della conoscenza scientifica, e nello stesso tempo il motivo del suo originario rapporto con il divino. Riscontriamo una curiosa contiguità, non solo semantica, tra l’infinito della conoscenza e l’infinito di Dio, perché in Dio tutto si raccoglie e a lui tutto si riconduce. Per alcuni forse si tratta soltanto della divinizzazione dell’infinito; per un credente l’infinito è Dio come origine di tutto il conoscibile ed egli stesso, innanzitutto, la totalità che abbraccia l’intero esistente senza confondersi con esso. Una totalità che ha carattere personale ed è illimitata potenza di bene. In lui si congiungono il segreto della realtà e il suo senso, la verità luminosa di tutto ciò che esiste e la sua ultima destinazione.

Il riferimento all’infinito di Dio, come ultima istanza a cui rimanda la ricerca, più che limitare dona pieno slancio al fuoco della ricerca, che mira a sempre nuova conoscenza, propiziando una comprensione sempre più penetrante della razionalità della realtà e della sua bontà di fondo. Il riferimento a Dio, però, invita a non perdere l’umiltà di chi lucidamente avverte la sproporzione tra il sapere e la ricerca, da un lato, e la totalità del mistero dell’essere, dall’altro; soprattutto invita ciascun ricercatore a non assolutizzare la propria ricerca, poiché ogni approccio scientifico è un ingresso tra altri nel mistero della realtà, non l’unico, e deve sempre di nuovo dare prova di sé nel dialogo tra i saperi e nel confronto con le altre discipline. Soprattutto ogni approccio deve apprendere la differenza tra dato o fatto e senso, che rimanda alla differenza e alla necessaria correlazione tra meccanismo o automatismo o dato di fatto e libertà.

Chi si occupa di etica e di religione, all’inverso, dovrebbe imparare a sua volta ad apprezzare la necessità di conoscere i dati e i metodi che la scienza, con la sua razionalità critica, mette a disposizione svelando i meccanismi e le effettive articolazioni della realtà, ma in questa sede l’accento deve cadere sul versante della necessaria apertura della ricerca e sulla sua relazione con le autonome e distinte esigenze del senso e dell’etica, le cui sorgenti si collocano in un ambito differente da quello che la ricerca scientifica tratta per metodo e per finalità. Il fattibile – insieme allo sperimentabile – non è, per ciò stesso, bene. E ci sono dimensioni essenziali dell’umano – che ineriscono tanto a chi è ricercatore quanto a chi non lo è – che non sono risultato della ricerca, ma proprietà acquisite attraverso un processo di formazione e di maturazione il cui frutto si raccoglie in forma di coscienza e libertà, emozione e sentimento, intuito e creatività artistica, volontà e spiritualità, senza che questo comporti l’accantonamento o la liquidazione delle istanze della razionalità critica.

Su questo sfondo può risultare utile richiamare qualche esigenza che scaturisce da uno sguardo al senso della ricerca, scavando dentro l’etica della ricerca l’etica nella ricerca. Un aspetto tocca, per esempio, l’accesso dei giovani alle opportunità del mondo scientifico, con la possibilità per essi stessi di mettere alla prova l’investimento delle loro fresche energie e, per la scienza, di fruire di nuova linfa nel suo inarrestabile cammino di sviluppo. Un aspetto ulteriore interessa l’uso, o peggio la strumentalizzazione, dei risultati della ricerca per fini commerciali. La necessità di fare i conti con gli elevati costi anche economici che l’alta ricerca porta con sé, non dovrebbe mai giustificare il suo asservimento a fini commerciali alle dipendenze di agenzie o multinazionali di ogni sorta che scorrazzano nel nostro mondo globalizzato.

Qui il discorso inevitabilmente si sposta sul versante della politica, poiché c’è una responsabilità della ricerca nei confronti della società, ma, viceversa, non è inferiore la responsabilità di questa nei confronti di quella. Non sarebbe difficile puntare il dito su ciò che non si fa e che invece si dovrebbe fare da parte delle varie istituzioni e autorità della società e dello stato. Sembra non meno urgente, però, sollecitare le responsabilità che uomini e donne della ricerca hanno nel concorrere alla creazione di una diffusa coscienza civica.

Su questo fronte, lo sguardo si leva verso orizzonti sociali e geografici più vasti delle singole nazioni, primo fra tutti quello europeo. Ha detto, a questo riguardo, papa Francesco, nel suo discorso al Consiglio d’Europa, a Strasburgo, il 25 novembre 2014:

Nel corso della sua storia, essa (l’Europa) si è sempre protesa verso l’alto, verso mete nuove e ambiziose, animata da un insaziabile desiderio di conoscenza, di sviluppo, di progresso, di pace e di unità. Ma l’innalzarsi del pensiero, della cultura, delle scoperte scientifiche è possibile solo per la solidità del tronco e la profondità delle radici che lo alimentano. Se si perdono le radici, il tronco lentamente si svuota e muore e i rami – un tempo rigogliosi e dritti – si piegano verso terra e cadono. Qui sta forse uno dei paradossi più incomprensibili a una mentalità scientifica isolata: per camminare verso il futuro serve il passato, necessitano radici profonde, e serve anche il coraggio di non nascondersi davanti al presente e alle sue sfide. Servono memoria, coraggio, sana e umana utopia.

Queste radici con cui non perdere mai il contatto possono condensarsi in quell’umanesimo che, pur tra mille resistenze e contraddizioni, è maturato nella coscienza europea e, oltre, planetaria. Il senso della dignità della persona, intesa in relazione con il contesto sociale e ambientale, dovrebbe rimanere sempre come il punto di riferimento e il criterio decisivo di discernimento nei percorsi della ricerca. E questo non per un obbligo morale sopraggiunto dall’esterno, giustapposto ed estrinseco, bensì come espressione massima della logica della ricerca, la quale riconosce nella persona umana un microcosmo, come si esprimevano i primi umanisti dell’età moderna, nel quale si rispecchia e attraverso cui si schiude come una finestra da cui guardare sull’infinito conoscibile e sull’infinito di Dio.

Introdurre il motivo della misericordia in tale contesto non è – nemmeno questa – operazione additiva, poiché la misericordia sviluppa e approfondisce il senso della dignità della persona, riconosciuta veramente tale anche nella forma e nella condizione di maggiore debolezza, fragilità, dispersione e smarrimento. Avere cura degli ultimi è la garanzia che non c’è nessun escluso, ma per tutti c’è cura e attenzione.

In una visione complessiva così delineata, la ricerca appare in tutto il suo fascino e nelle sue potenzialità, per assolvere un compito irrinunciabile: cooperare decisamente alla crescita della consapevolezza e della libertà nella responsabilità, degli individui e della società. L’auspicio fondato è che questo Forum possa dare un contributo importante anche in questa direzione.