Omelia per la prima visita alla comunità ecclesiale di Cisterna

Cisterna, chiesa di Santa Maria Assunta, 26 gennaio 2014
16-06-2014

Con questa celebrazione si completa il mio primo incontro con la diocesi attraverso la visita alle sedi delle foranie. Quella di oggi, qui a Cisterna, assume un significato riassuntivo, perché si compie in un centro che condensa in sé le caratteristiche della diocesi nel suo insieme. Questo abitato, infatti, conserva un borgo antichissimo per origini e vestigia, ed è diventato cittadina con la rifondazione in epoca contemporanea. Il presente affida a esso il compito di una nuova sintesi culturale e civile, che può trovare una sua anima proprio nella radicata fede cristiana e nell’esperienza ecclesiale, che si esprime tra l’altro in una devozione mariana trasversalmente diffusa nelle comunità e nei centri del territorio. Con questa consapevolezza vi porto il mio saluto e la gratitudine per l’accoglienza che fin dall’annuncio della mia nomina mi avete manifestato. Il cammino che abbiamo intrapreso chiede ora di essere portato avanti con impegno costantemente rinnovato e in un clima di concordia attorno alla comunione che il Signore con il suo Spirito effonde nei nostri cuori.

Le letture di questa domenica ci indirizzano proprio a questo compito, che ci disponiamo a fare nostro con gioiosa dedizione. La pagina del profeta Isaia (8,23-9,3), poi ripresa dal Vangelo di Matteo (4,12-23), fa giungere la Parola di Dio in una terra – la Galilea – che ha perduto la sua identità e omogeneità culturale: non vi sono insediati più solo pii israeliti, ma anche pagani di ogni provenienza. Il popolo di Dio, confuso in mezzo a una folla di razze e religioni diverse, è come disorientato, in mezzo a tenebre e oscurità, immagine di una incertezza che non fa vedere con chiarezza dove andare e di un peso interiore che non permette di sprigionare le energie necessarie per reagire. Su questo sfondo oscuro viene annunciato l’accendersi di una luce, che vuol dire speranza, offerta di una nuova possibilità, di un nuovo inizio.

Il linguaggio dell’oscurità e della tenebra lo abbiamo ascoltato nel tempo natalizio, perché esso ha annunciato l’avvento di una luce nuova con la nascita di Gesù. Oggi, questo Gesù lo vediamo in azione, nel momento di intraprendere la missione che aveva accolto dal Padre al battesimo ricevuto da Giovanni, il momento – potremmo dire – della sua consacrazione per adempiere il mandato del Padre con il dono dello Spirito Santo. La novità dell’inizio, segnato dall’apparizione pubblica di Gesù, ha tre caratteristiche.

La prima è l’annuncio che il Regno di Dio è vicino e chiede di convertirsi. È quanto mai importante capire questo intreccio tra Regno e conversione. Il Regno non significa altro se non che Dio è vicino, vuole rendersi presente, prendersi cura di noi, sostenerci nelle difficoltà e starci accanto nelle vicende liete e tristi della vita. Gesù è venuto a darci questa luce, questa certezza. Ma non possiamo essere raggiunti da questa certezza e dalla sua luce se non orientiamo a Lui il nostro cuore. Conversione vuol dire che ormai la nostra persona, con i pensieri, i sentimenti, i progetti, il modo di agire deve essere indirizzata e concentrata su Gesù, convergere – appunto! – su di Lui; e se qualcosa non è entrato ancora in questa direzione, allora dobbiamo imparare a orientare tutto verso di Lui: Lui è la nostra meta, il criterio dei nostri giudizi e il metro del nostro modo di agire.

La seconda caratteristica della novità portata da Gesù è la chiamata dei discepoli. Non basta lasciarsi convertire, bisogna seguirlo. Tutti siamo chiamati ad andare dietro a Lui, anche se non tutti alla stessa maniera, facendo le stesse cose. Di sicuro c’è da lasciare qualcosa a favore di ciò che il Signore chiede. Nella famiglia, nel lavoro, nei rapporti sociali, non si tratta di estraniarsi ma di starci dentro con il senso del Vangelo e con la forza dello Spirito.

La terza caratteristica è il modo di agire di Gesù: Egli percorre la Galilea, insegna, annuncia, guarisce. Gesù propone insegnamenti e parole, e insieme gesti che cambiano la vita delle persone, soprattutto di quelle vivono nel disagio. Ascoltarlo con cuore aperto, lasciarsi cambiare da Lui e seguirLo è guarire, cominciare una nuova vita. Egli non si ferma solo ad alcuni, non ha interesse a formarsi un gruppo di adepti nel quale rinchiudersi appagato; Egli cerca sempre nuovi credenti e discepoli, non è capace di stare fermo, va incontro a tutti. Il pensiero va subito all’invito incessante che papa Francesco rivolge, con i suoi gesti e con le sue parole, a dare uno stile missionario al nostro essere Chiesa.

E infatti il messaggio del Vangelo di oggi non è retaggio di un passato remoto, bensì fermento per l’oggi, che tocca profondamente la nostra vita. Anche questa terra, anche l’Italia intera è diventata una specie di Galilea, luogo di mescolanza culturale e religiosa. Non è necessariamente un male, poiché ci costringe a fare i conti con le esigenze perenni del Vangelo. Oggi Gesù viene come luce che rischiara le nostre tenebre, per aiutarci a vincere le tentazioni dello scoraggiamento, della depressione, della mancanza di speranza e di fiducia. Le difficoltà, di ogni genere, devono diventare una sfida a cercare e sperimentare la novità del Vangelo. Ogni giorno il Signore ci dice che Dio è vicino e dobbiamo convertirci per riconoscerlo e accoglierlo. Ogni giorno egli ci chiama: chiama i ragazzi e i giovani a spendersi per un ideale grande e per un futuro che non sempre le istituzioni – e gli adulti in genere – fanno tutto ciò che dovrebbero per assicurare; chiama le giovani famiglie – e anche quelle meno giovani – a fondare sull’amore consacrato nel sacramento del matrimonio la sorgente inesauribile per una comunione sempre più profonda e per creare progetti di futuro. E così tutti. Tutti possiamo ogni giorno imparare a ricominciare con la presenza indefettibile del Signore, che ci ha amato, è venuto in mezzo a noi e ha dato se stesso per noi.

Nasca da questa celebrazione una volontà inflessibile a guardare avanti con la fiducia incondizionata nella vicinanza e nella presenza del Signore. Soprattutto le comunità ecclesiali, sentano la responsabilità di alimentare questa fiamma, di tenere accesa questa luce, con uno stile di fraternità che consenta a tutti coloro che si accostano di sentire l’annuncio consolante, l’insegnamento illuminante, il gesto guaritore di Gesù che lenisce le sofferenze e fa rinascere a nuova vita.