Omelia per ingresso nuovo parroco di Latina Scalo (22/10/2017 – Latina Scalo)

23-10-2017

OMELIA

Domenica XXIX TO A, 22 ottobre 2017

Ingresso del nuovo parroco a S. Giuseppe Lavoratore, Latina scalo

+ Mariano Crociata

 

La comunità parrocchiale di S. Giuseppe Lavoratore, a Latina scalo, ha vissuto un lungo periodo di impegno e di laboriosità pastorale con don Giuseppe De Nardis, di cui sento di apprezzare tra l’altro la cura dell’ascolto meditato della Parola di Dio. A lui va la mia personale gratitudine e la riconoscenza della comunità parrocchiale e della diocesi per il servizio di sacerdote e di parroco svolto in tutti questi anni.

Nella continuità del servizio pastorale, che la Chiesa ha grande cura di assicurare, oggi siamo qui per presentare alla comunità il nuovo parroco, don Nello Zimbardi, che sarà affiancato da un vicario parrocchiale, don Marek, e da un diacono permanente, Michele Aprea con a fianco la sua sposa, Paola. Don Nello oggi prende in mano la guida della parrocchia consapevole della responsabilità che questo comporta su due versanti: realizzare la missione che la Chiesa affida al ministero ordinato e all’ufficio di parroco, e cercare di farlo rispondendo alle attese pastorali e ai bisogni spirituali di questa popolosa comunità. Latina scalo è cresciuta enormemente negli anni e presenta le caratteristiche di un grande agglomerato urbano alla ricerca di una identità che vada oltre quella legata alla dislocazione geografica e alla funzionalità dettata dalla prossimità a una grande via di comunicazione. L’eterogeneità della provenienza degli abitanti che da più o meno tempo si sono insediati, chiede un servizio di ascolto delle diverse culture e tradizioni che qui si incrociano e formula un bisogno di unità di riferimento e di senso che ha nella Parola di Dio, nella preghiera e nei sacramenti, nella comunione fraterna e nella carità il proprio fulcro e il punto di coagulo. L’impegno che ci siamo dati quest’anno, come diocesi, di puntare a costruire comunità vive e autentiche, incontra in questa parrocchia una sfida di primaria importanza; e tuttavia abbraccia la possibilità di raccogliere e vincere la sfida se saprà dare vita e alimentare nuclei di comunità e gruppi di relazione primaria, magari sparsi nel territorio, che non si chiudano in se stessi ma trovino un livello superiore di sintesi, di unità e di comunione. Come diocesi, siamo chiamati a seguire con attenzione e partecipazione il percorso che va a incominciare sotto la guida di don Nello.

Il messaggio delle letture bibliche di questa domenica indicano una pista significativa proprio in tale direzione. Nel Vangelo, in particolare, l’originale risposta di Gesù data a una provocazione non certo mirata a conoscere la verità, apre orizzonti vasti alle esigenze della vita cristiana oggi. Essa dice, come abbiamo udito: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Gesù non è venuto per dirimere questioni temporali e tanto meno politiche e sociali, ma spostando l’attenzione sul piano del rapporto con Dio in realtà egli fornisce indicazioni rilevanti anche su di esse. Ma andiamo con ordine. La parola decisiva qui è: rendete. Deve rendere chi non ha piena proprietà o ha avuto affidato qualcosa. Questo vale sul piano sociale, ma vale soprattutto in rapporto a Dio. L’uomo non è il padrone; non è suo il dominio, nemmeno su di sé. Tutto per lui è dono; lui stesso è dono a se stesso, perché non si è fatto da se stesso: non mi sono creato da me, non ho deciso io di venire al mondo; io posso solo decidere di come usare del mio stare al mondo, del mio trovarmi messo al mondo.

E proprio questo è il punto: come noi decidiamo di usare della nostra vita, se solo per noi stessi, senza tenere conto di nessuno, nemmeno di Dio, oppure riconoscendo di essere debitori di tutto e, perciò, entrando nella dimensione della scambio e della reciprocità, del riconoscimento e della riconoscenza, della gratitudine e della fede. In questo caso è facile scoprire che noi siamo ciò che siamo grazie a una infinità di doni, grazie all’accoglienza, alla cura e alla premura dei genitori, dei familiari, di tanti amici e parenti, di tante persone che ci hanno aiutato a crescere, ma poi anche grazie a tutto l’insieme dei servizi che la collettività ha via via messo in opera a favore della vita dei singoli, delle famiglie, delle comunità e dei gruppi umani, della società intera. Questa va avanti perché ciò che ciascuno ha ricevuto lo restituisce in forma di osservanza delle leggi, di adempimento del proprio dovere, di pagamento delle tasse, di svolgimento del proprio lavoro o del proprio servizio alla collettività.

Dobbiamo ancora scoprire, però, che questo non basta: non si vive solo di beni materiali e affettivi, di servizi sociali e di sicurezza economica. Noi siamo molto di più delle cose di cui abbiamo materialmente e socialmente bisogno, perché noi siamo dono personale di Dio, ciascuno di noi è sua immagine, in Lui trova senso e destinazione adeguata la nostra vita, il nostro stare al mondo. E se non abbiamo il potere di restituire a Dio l’equivalente della nostra vita (nessuno «può ripagare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo», dice Sal 49,8), abbiamo sicuramente la possibilità, per sua grazia, di stare in relazione con Lui, nella fiducia e nell’amore, nell’ascolto amoroso e nel dialogo orante. È ciò che Lui si aspetta, non perché serva a Lui ma perché ne abbiamo bisogno noi. Con questo bagaglio di fede e con il senso di Chiesa che essa è capace di generare, il nostro stare nella società diventa più che una presenza tra altre, un contributo decisivo a una convivenza umanizzante, in cui le persone hanno l’opportunità di diventare sempre più e meglio se stesse, come singole e come comunità.

Vediamo bene, allora, come una parrocchia possa offrire un servizio essenziale alla fede dei suoi membri, ma anche un aiuto prezioso per la comunità umana insediata nello spazio del suo territorio. Non dimentichiamo, pertanto, che perseguire la missione della Chiesa è il modo proprio e principale di contribuire a una vita sociale e civile migliore per tutti. Un cristiano autentico conosce le forme e le condizioni adeguate a renderlo un cittadino esemplare.

In questa giornata missionaria, mentre ci ricordiamo di quanti spendono la loro vita per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra, prendiamo ancora più coscienza che la medesima missione chiede di essere svolta qui, tra di noi, per rendere la presenza cristiana trasparenza di Cristo Gesù, manifestazione del suo Regno, che realizza veramente il regno dell’uomo proprio perché in esso si afferma la signoria di Dio, signoria di amore e di bene, di giustizia e di pace.