Omelia per il conferimento dei ministeri istituiti ai candidati al Diaconato permanente (24/11/2019 – S. Luca)

24-11-2019
OMELIA

Parrocchia di S. Luca, Solennità di Cristo Re, 24 novembre 2019

Conferimento dei ministeri ai candidati al Diaconato permanente

+ Mariano Crociata

L’accostamento alla pagina evangelica odierna di una frase del vangelo di Giovanni produce un impressionante effetto illuminante. Siamo nel pieno di un raduno del sinedrio di Gerusalemme, durante il quale Caifa pronuncia la famosa frase: «è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!» (Gv 11,50). Non è, la sua, una logica nuova; tutti i poteri, sotto ogni latitudine, l’hanno sempre adottata e praticata: allontanare il pericolo dalla collettività sacrificando uno dei suoi membri. Ci sono, in verità, due piccoli particolari tutt’altro che trascurabili, i quali sollevano un dubbio su quale sia, in questo caso, il bene della comunità. Il primo è che in realtà il sinedrio – quelli che Luca chiama i capi – è preoccupato soprattutto della conservazione del proprio potere; il secondo è che Gesù verrà condannato sulla base di accuse false. Lo attesta uno dei due crocifissi insieme a Gesù: «egli invece non ha fatto nulla di male», una delle definizioni più semplici ed efficaci che si possano mai dare di Gesù: non ha fatto nulla di male. Con quanta facilità e superficialità lo sentiamo dire in giro riferito a se stessi? Che ho fatto di male? Che c’è di male? Sono le domande ricorrenti di chi si vuole giustificare o eventualmente assolvere da sé.

Sacrificare gli altri, non avere ritegno di scaricare su altri colpe, responsabilità, violenza, trovare un capro espiatorio: non è questo il modo di fare dei poteri e dei regni di questo mondo, e non solo di essi? Con Gesù ci veniamo a trovare in una situazione rovesciata, dentro una logica altra, perfino sconcertante. Egli è finito sulla croce, ma non ha fatto del male a nessuno, nemmeno per impedire che lo catturassero e mettessero in croce. Ripudia la violenza anche nelle situazione estreme, come quando, nel momento in cui lo stanno catturando, qualcuno dei suoi seguaci tira fuori una spada. Preferisce subire ingiustizia e violenza, piuttosto che infliggere a chiunque, anche al peggior nemico, le stesse cose.

Nella pagina di oggi si nota in modo particolare il ritornare due volte dell’invito rivolto a Gesù di salvare se stesso. La seconda volta è uno dei malfattori a dirglielo. La prima volta invece a rivolgerglielo sono i capi. Quei capi pronti a sacrificare un altro per difendere i propri privilegi, ora lo spingono a salvare se stesso. Potremmo cogliere in tale sollecitazione ironia, sarcasmo, provocazione o altro ancora. Ci basta tuttavia osservare, nell’invito a salvare se stesso, la logica istintiva che ordinariamente dirige le persone in tutte le circostanze: pensare a se stessi, fare i propri interessi, difendersi ad ogni costo, salvarsi dal pericolo, anche venendo meno alla parola data, all’impegno assunto, al richiamo della coscienza, al senso del dovere, al rispetto per gli altri, e così via. Gesù non segue questa via, non pensa in questa maniera. Ha capito che il Padre glielo ha chiesto, e non si sottrae alla sua domanda e alla sua volontà. E poi non vuole sottrarsi ai limiti umani, propri di ogni essere umano in quelle condizioni, per valersi di poteri straordinari. Egli riconosce la via della croce come la via del bene e della salvezza che egli è venuto a portare con la sua vita e con la sua parola. Adempiere questo disegno divino gli sta a cuore più di ogni altra cosa: un disegno di bene che non può essere intaccato da nessuna ombra di egoismo e di malvagità.

Qui appare in tutta la sua grandezza la regalità di Gesù: non fare mai nulla di male, ma – come dice san Paolo – vincere il male con il bene. E Gesù il male lo vince innanzitutto in se stesso, dominando e governando se stesso, indirizzando gli istinti egoistici e respingendo la tentazione di ritorsione e di rivalsa. Da questa forma inedita e inimmaginabile di regalità nasce un nuovo regno, uno spazio umano nel quale le relazioni acquistano una nuova qualità, quella del dono di sé. Quelli che pensano e vivono così sono cittadini del regno di Cristo e di Dio.

Oggi conferiamo i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato a cinque candidati al sacramento dell’ordine nel grado del Diaconato. Nei ministeri di ogni forma e grado è inscritto il senso e l’impegno del servizio. Ma dopo quello che abbiamo potuto contemplare sulla regalità di Cristo, dobbiamo semplicemente concludere che il regnare di Cristo è il suo servire il Padre aderendo alla sua volontà e il servire i fratelli donando se stesso per loro in piena sintonia alla volontà di amore e di salvezza del Padre. La sua regalità è servire. Anche i suoi discepoli e i suoi ministri non sono altro che servitori del suo amore e della sua salvezza attraverso il dono di sé; così facendo e vivendo essi regnano insieme con Cristo. Già fin d’ora, perché sperimentano la signoria di Cristo nella propria vita e, insieme alla sua, la propria signoria su se stessi e sulla storia, chiamata a diventare sempre di più spazio di relazioni rigenerate dall’incontro con Cristo in un servizio reciproco che costituisce lo stile della fraternità cristiana e della testimonianza per il mondo.

È ciò che auguro a voi cari candidati, e ciò per cui tutti preghiamo, invocando la grazia di questa divina regalità in comunione con Cristo e nella apertura accogliente verso chiunque incontriamo sul nostro cammino.