Omelia per i 50 anni di scoutismo a Pontinia (27/10/2018, Pontinia)

27-10-2018

OMELIA

50 anni di presenza dello scoutismo a Pontinia

27 ottobre 2018 XXX TO B

+ Mariano Crociata

Volentieri mi unisco alla vostra festa, carissimi scout. Un periodo così lungo e pieno, di 50 anni, merita di essere celebrato perché rappresenta in qualche modo il raggiungimento di un traguardo, per voi innanzitutto, ma poi anche per tutta la comunità di Pontinia. È bello ricordare lo spirito della vostra associazione, che consiste nell’impegno per la formazione religiosa, morale e civica dei giovani, secondo il metodo scout e nella tradizione dello scoutismo cattolico. E mi pare opportuno pure, in questa circostanza, richiamare gli impegni che in questo spirito voi vi assumete e cercate di promuovere: formare cittadini coscienti dei valori spirituali e culturali della nostra comunità, che coltivano il senso dell’amicizia verso tutti, il rispetto per l’ambiente e la salvaguardia del creato, i valori della democrazia, il senso del rispetto per ogni essere umano con la sua dignità e i suoi valori, l’impegno per il servizio e la collaborazione nella comunità.

Mi riempie di ammirazione e di gratitudine pensare a tutti questi decenni vissuti con questo spirito e questo impegno, e penso a quanti sono passati dentro la vostra associazione, diventando presenza significativa e fattore di edificazione della comunità ecclesiale e cittadina. Se Pontinia oggi ha questo volto, lo deve, nei suoi aspetti positivi, anche al vostro servizio educativo nel corso di tutti questi anni. Per questo la ricorrenza che oggi celebriamo è motivo di gratitudine e di orgoglio per tutta la comunità.

Ma il senso di gratitudine è innanzitutto di voi associati di oggi, che riconoscete il dono che avete ricevuto e volete dirci in questa celebrazione che ne siete orgogliosi e volete farne motivo di impegno rinnovato per il tempo a venire. Una celebrazione anniversaria, che non voglia rimanere puramente encomiastica ed esteriore, contiene infatti questi due aspetti, uno di sguardo al tempo trascorso per ringraziare ma anche per compiere una verifica e un bilancio, e uno di sguardo verso il futuro. Ho detto prima del bene compiuto e dell’eredità positiva raccolta, ma questo forse non dice tutto, poiché anche in questa vostra storia va esaminato se non ci siano zone di ombra che hanno bisogno di essere trasformate in spazi di luce. Così, guardando al futuro, si possono vedere meglio i compiti che attendono, per rispondere alle attese della vostra chiamata e alla responsabilità dei doni ricevuti, e rendere sempre più fecondi quei compiti che la vostra associazione vi affida e attraverso di voi intende perseguire.

Da parte mia e nostra, cioè di tutta la comunità ecclesiale, ci aspettiamo che il vostro impegno possa ancora crescere se possibile. Ogni giorno che passa siamo costretti a scoprire, talora con apprensione e angoscia, che c’è un bisogno crescente di persone e di organizzazioni che si dedichino al compito educativo. Al vedere un ragazzo o una ragazza che cresce serenamente e positivamente si allarga il cuore alla fiducia e alla speranza; ma ad ogni ragazzo o ragazza che si perde, il cuore si stringe e sente una fitta e una pena perché in qualche maniera non siamo riusciti ad essere presenti e all’altezza, e a fare abbastanza, per aiutare anche lui o lei a non smarrirsi nei meandri oscuri dell’autodistruzione e della morte. Notizie di questo genere non devono mai lasciarci indifferenti; in un circostanza come questa devono invece diventare una spinta a un impegno crescente per noi adulti e anche per voi ragazzi e giovani che avete la fortuna di condurre una esperienza associativa ricca di vita e di occasioni per saperla apprezzare e per imparare a farla diventare un progetto di gioia e di bene per voi stessi e per gli altri. Del resto se dobbiamo essere, e in modo particolare in questo momento, a tutti gli educatori che hanno permesso e permettono tuttora all’associazione di andare avanti, non dimentichiamo che c’è una responsabilità, anch’essa educativa, da parte di tutti gli associati, dai più piccoli ai grandi, di essere motivo di emulazione e di aiuto gli uni per gli altri per l’impegno che ciascuno mette a crescere bene e sulla via del bene.

Il messaggio della Scrittura di questa domenica rende completa la nostra celebrazione anniversaria perché ci indica la via che dobbiamo percorrere. La figura di Bartimeo è la nostra guida in questo momento. Di lui sappiamo poche scarne notizie, non è un personaggio famoso, eppure ha qualcosa di importante da proporci e insegnarci: innanzitutto per la sua condizione (è un cieco, uno che non si orienta nella vita, non vede dove andare, è bloccato e immobilizzato, e non può far altro che mendicare), poi per la volontà e il coraggio di chiedere aiuto e gridare il suo bisogno di vedere, ancora per la sua fiducia in Gesù a cui chiede di poter tornare a vedere, per la prontezza nel balzare in piedi, liberarsi di tutto e protendersi di slancio verso Gesù tornando a chiedergli con umiltà e fiducia di vedere di nuovo, infine, dopo essere tornato a vedere, per il suo mettersi a seguire Gesù lungo la via che gli apriva.

Dobbiamo capire ciò che Gesù vuole dirci: i ciechi, quelli che non vedono, non sono soltanto quelli che sono lontani da Dio e dalla Chiesa, possiamo essere e siamo anche noi quando rimaniamo seduti, cioè bloccati e chiusi in noi stessi e incapaci di capire il flusso della storia che sta passando e in quale direzione sta veramente andando lasciandoci ai margini della strada e tagliandoci fuori dal corso degli eventi che Dio conduce. Abbiamo sempre di nuovo bisogno di vedere e di capire, abbiamo bisogno di tornare a vedere, abbiamo bisogno di luce, perché nonostante tutta quella che abbiamo avuto, in certi momenti l’abbiamo perduta e siamo rimasti ancora una volta come al buio.

L’unica cosa da fare è tornare a chiedere e invocare Gesù che ci faccia vedere, che ci ridia occhi e luce per vedere. Perché pensate che ogni volta che celebriamo la Messa o qualsiasi altro genere di rito, la prima cosa che facciamo è chiedere perdono? In fondo non facciamo che ripetere le parole del cieco: abbi pietà di me! Signore, pietà! Kyrie, eleison! Non è un fatto casuale, formale, rituale; è l’interpretazione autentica del nostro bisogno e della nostra condizione: abbiamo bisogno di misericordia, abbiamo bisogno che il Signore ci ridia vista, luce, gioia, speranza. È questo che chiediamo ed è questo che otteniamo tutte le volte che facciamo come Bartimeo, il quale abbandonò tutto e si mise sulla strada a seguire Gesù insieme agli altri discepoli. Per vederci bene, per avere luce bisogna diventare discepoli di Gesù. O meglio: per continuare a vedere non si può rimanere seduti e inerti, bisogna svegliarsi, reagire, cogliere tutte le occasioni di passaggio del Signore e riprendere a seguirlo nella comunità. O, che può essere la stessa cosa, nella associazione.

L’associazione come via di luce, via lungo la quale si impara a vedere e si cresce nella capacità di vedere e di capire dove conduce il cammino della vita insieme agli altri: sulla scia di Gesù che porta alla croce e alla gloria.