Omelia Natale della Pubblica amministrazione (11/12/2018 – Cattedrale)

11-12-2018

OMELIA

Natale della pubblica amministrazione

Latina, S. Marco, martedì 11 dicembre 2018 – II settimana di Avvento

✠ Mariano Crociata

L’immagine del buon pastore che porta sulle spalle una pecorella è una delle prime e più antiche dell’iconografia cristiana. A tutt’oggi ricorre spesso nella simbologia ecclesiale. Il Vangelo di oggi ci ripropone la parabola chiedendoci di immedesimarci nella premura di Gesù buon pastore, che non vuole che alcuno si perda, e nella pecorella che è stata ritrovata e portata in salvo, sentendoci tante volte anche noi bisognosi di essere cercati, ritrovati e salvati dagli sviamenti interiori prima che esteriori che a volte ci trascinano lontano da noi stessi oltre che da Dio.

Il Signore non vuole che ci perdiamo, ci viene a cercare perché comunque gli stiamo a cuore. Non dobbiamo mai dimenticarlo; anzi qui troviamo la nota costante e caratteristica della fede. Il Natale è come la prova permanente di tale premura di Dio nei nostri confronti proprio quando rischiamo di perderci.

Quello che il pastore della parabola ha fatto rende plasticamente il comportamento di una persona che ha a cuore altri. Chi detiene una responsabilità, e ha cuore e senso di responsabilità, cerca di non perdere nessuno di quelli che ha avuto affidati. È questo che dice Gesù nella preghiera che rivolge al Padre secondo il Vangelo di Giovanni: «Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto» (Gv 17,12). Gesù non vuole perdere nessuno e se qualcuno si perde lo va a cercare finché non lo ritrova.

Il suo è il modello di un comportamento che ha un valore umano fondamentale: bisogna aver cura del prossimo e assumersi la responsabilità di accompagnarlo e seguirlo. Lo facciamo istintivamente in famiglia. Dovremmo imparare a farlo, almeno un po’, anche con gli altri, specialmente quando ci sono stati a qualche titolo affidati (in quanto studenti, allievi, dipendenti collaboratori, o altro ancora). Il discepolo di Gesù è uno che non si chiederà mai, come Caino rispetto ad Abele: «Sono forse il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Questa è la prima drammatica domanda, che sorge prepotente anche oggi. Dio ha cura di noi. E noi, che cosa facciamo di fronte a tanta premura? Dovremmo almeno seguirne l’esempio nella nostra vita, non solo in quella personale e riservata, ma anche in quella pubblica.

Il messaggio risulterà indubbiamente più convincente se pensiamo che in realtà Gesù è la pecorella smarrita: la sua nascita tra gli ultimi della terra e la sua condizione marginale nella società del suo tempo, soprattutto la sua fine ignominiosa ne fanno per sempre la figura dell’ultimo e del perduto che ha bisogno di essere cercato. Senza questa sensibilità per il significato umano profondo del Natale c’è il rischio di travisarlo e di perderne il senso. C’è Natale se impariamo a vedere, riconoscere e cercare Gesù in ogni pecorella smarrita.

Ascoltato nell’ottica di chi opera nella pubblica amministrazione questo messaggio vuol dire innanzitutto che già solo il suo funzionamento ordinato è in grado di recuperare tante pecorelle smarrite. L’adempimento corretto e diligente del proprio dovere e del proprio lavoro negli uffici, nella tutela dell’ordine pubblico, nell’amministrazione della giustizia e in tutti i settori di competenza realizza equità, difende i più deboli, riconosce a ciascuno i propri diritti. Il Natale porti dunque a ciascuno di voi la possibilità di rivedere il proprio stile di lavoro e di servizio per tutelare sempre di più i deboli nei loro diritti tanto quanto lo sono i più forti della società.

Ma anche quando questo impegno avesse pieno successo, rimangono ancora tante, troppe, pecorelle smarrite. Di queste tutti dobbiamo farci carico. Non mancano iniziative generose, sia pubbliche che di privati cittadini. È in questa direzione che bisogna andare, nella valutazione della situazione sociale, nell’attenzione alle persone e anche nel giudizio complessivo sulle dinamiche sociali e istituzionali del nostro Paese. Abbiamo celebrato in questi giorni il 70° della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, a cui sono ispirati anche le costituzioni degli stati. Un attento osservatore faceva notare come oggi siamo arrivati ad un punto in cui la decantata universalità si ferma in realtà ad alcune categorie di persone e di cittadini, e non raggiunge tutti. Come qualcuno si esprime ironicamente: alcuni sono/siamo sempre più uguali degli altri. Una piccola grande ipocrisia, che rende retoriche tante celebrazioni e proclami. Il riconoscimento e l’applicazione devono certo procedere in maniera ordinata e legale, ma non c’è dubbio che oggi la nostra umanità è sfidata dalle infinite pecorelle smarrite di cui nessuno si cura e che anzi si è disposti a lasciar perdere con noncuranza e indifferenza.

Pecorelle smarrite vicine, pecorelle smarrite lontane: il Natale torna a interrogarci con questioni che riguardano non un giorno, ma tutti i giorni dell’anno.