Omelia Messa in ospedale Amci (02/04/2017 – Latina)

02-04-2017

OMELIA

Domenica V di Quaresima A

Latina, Ospedale S. Maria Goretti, 2 aprile 2017

Iniziativa dell’AMCI

+ Mariano Crociata

L’iniziativa dell’AMCI di celebrare qui in ospedale la ripresa delle attività dell’associazione di Latina non è solo l’attestazione di una presenza in esso di medici cattolici, ma anche il riconoscimento della peculiarità di questo luogo e delle sue strutture, nonché del servizio che esso svolge, punto di riferimento di tutta la sanità del territorio. In occasione di questo rilancio dell’associazione, dobbiamo ricordare che l’impegno in AMCI ha un carattere professionale e associativo, che suppone alla base un impegno personale. Non tutti i medici cattolici sono nell’associazione; quelli che decidono di associarsi assumono e dichiarano pubblicamente un impegno specifico che esige professionalità ed etica, e si esprime in modo particolare nella esemplarità della testimonianza personale, nella formazione spirituale e di etica professionale, nell’impegno sui temi della sanità pubblica e nella animazione culturale dell’ambiente medico e del territorio, nel servizio volontario secondo disponibilità e richieste, nell’impegno civico per una sanità pubblica e privata sempre a misura della persona e delle sue esigenze.

La coincidenza con la domenica di Lazzaro è singolarmente felice non solo per sé ma anche in riferimento alla circostanza che ci vede qui radunati. L’annuncio principale della liturgia di oggi consiste nella fede che Gesù è venuto a liberarci dalla morte e lo ha fatto attraverso la sua morte e la sua risurrezione. Il segno di Lazzaro è anticipazione, promessa e speranza della risurrezione di Gesù e della nostra risurrezione, non solo di quella finale, ma anche di quella che mostra la sua efficacia nell’esistenza ordinaria dei credenti.

Il messaggio specifico lo possiamo cogliere rivolto a tutti noi qui presenti, e non solo a medici e operatori sanitari. Esso ci annuncia che Gesù vuole tirarci fuori dai nostri sepolcri. In tal modo viene evocata una immagine impressionante ma essa risulta estremamente efficace in riferimento alla nostra condizione umana, personale e sociale. Pensiamo a quante e quali sono le situazioni in cui ci troviamo bloccati, inerti, incapaci e impossibilitati con le sole nostre forze a liberarci dei lacci che ci stringono, ci imprigionano e quasi soffocano. Ognuno può veder scorrere dinanzi a sé tante scene e vicende di vita: nel lavoro, nelle famiglie, nella vita di tante persone più o meno gravemente malate, o delle non poche colpite da gravi dissesti economici, prostrate da relazioni sbagliate da cui non riescono a liberarsi, condizionate da fattori culturali e ambientali e così via.

Considerando tale scenario, dobbiamo stare attenti a non lasciarci ingannare dalla sensibilità oggi dominante verso la qualità della vita intesa per lo più dipendente quasi esclusivamente dalle condizioni materiali di vita, e in generale da fattori di tipo psicologico, culturale, relazionale e sociale. Si tratta senza dubbio di dimensioni importanti, a patto però che non oscurino o addirittura portino a cancellare altre forme di condizionamenti che hanno l’effetto, in maniera non meno grave e devastante, di paralizzarci e quasi sigillare la nostra vita come in un sepolcro: pensiamo ad abitudini cattive e peccaminose, alle vere e proprie dipendenze e schiavitù, in cui magari ci illudiamo di star bene ma che in realtà ci tengono perennemente insoddisfatti e infelici, soprattutto frustrati e appesantiti da un senso di inadeguatezza se non di fallimento che si riflette su tutte le cose che facciamo e perfino sugli aspetti buoni della nostra persona e della nostra vita. In tante cose abbiamo lasciato che il male ci seppellisse: tradimenti, affari non troppo puliti, dipendenze, piccola corruzione e disonestà, o anche solo frustrazioni che ci prendono quando guardiamo il corso della vita e magari ci accorgiamo che è già consumata nella sua parte maggiore, e poi ancora paure che ci paralizzano o altro ancora.

Il Signore oggi annuncia che non siamo condannati a rimanere seppelliti dai nostri sbagli e dai nostri limiti e difficoltà: non solo lui ci perdona, soprattutto ci dà la possibilità di reagire, di cambiare e cominciare un nuovo percorso. Anche a noi Gesù dice con parola autorevole ed efficace: Lazzaro, vieni fuori. Si rivolge a ognuno di noi, chiamandoci per nome: vieni fuori, da te stesso, dalle tue chiusure e rassegnazioni, da ciò che ti tiene sepolto dentro i lacci e le bende delle difficoltà, di frustrazioni, fallimenti, scoraggiamento e sfiducia, o perfino rabbia e disperazione.

C’è una condizione che, però, è richiesta affinché il comando di Gesù abbia efficacia: bisogna essere amici di Gesù, essere legati a lui da una amicizia assidua e soprattutto sentita e coltivata, simile a quella che Lazzaro poteva vantare.

Ai medici e a tutti voi presenti, allora, vorrei dire: il nostro compito è rendere migliore la nostra vita e quella degli altri; pensiamo a quanto possiamo fare per alleviare disagi, sofferenze, malattie. Ma non riusciremo davvero a rendere migliore la vita, nostra e altrui, se non cercheremo la liberazione radicale da quanto ci opprime interiormente, nella vita spirituale e morale. Riacquistiamo fiducia, dunque, e diamo fiducia, perché affidandoci a Gesù e sperimentando il suo perdono e la conversione delle nostre persone e della nostra vita, impariamo ad aiutarci a vicenda e a condurre una vita più piena e più libera alla presenza di Dio.