Omelia Incontro dei formatori dei Seminari regionali d’Italia (02/07/2021, Pontificio Collegio Leoniano di Anagni)

02-07-2021

OMELIA

Pontificio Collegio Leoniano – Anagni

Incontro dei formatori dei Seminari regionali d’Italia

Venerdì XIII TO, 2 luglio 2021

✠ Mariano Crociata

Sono venuto mosso da un senso di gratitudine a celebrare con voi. Anche attraverso di me vi giunge la riconoscenza e la considerazione delle Chiese che voi servite nell’arduo compito della formazione delle nuove generazioni di presbiteri. I sentimenti che si indirizzano a voi sono naturalmente accresciuti dalla consapevolezza della complessità delle condizioni nelle quali si svolge il vostro servizio. Chiediamo luce al Vangelo come sempre, e non solo per questo giorno ma un po’ anche per il compito della vita tutta e del ministero.

È Gesù che vede Matteo, lo sceglie, lo fissa, lo chiama. Lo trova sul posto di lavoro, un posto niente affatto socialmente apprezzato, ma gli legge dentro, lo capisce, ne riconosce l’interiore fattura e lo coinvolge. È sempre Gesù che chiama, che scruta le persone e le conosce, sa cosa farne e farle diventare. Come essere in questo tempo strumenti della chiamata di Gesù? È una domanda a dir poco preoccupata. Gli scenari sono così inquieti e volubili, spesso così refrattari, che diventa difficile orientarsi.

C’è una analogia che ci può indirizzare, poiché anche Gesù va a pescare un po’ fuori dagli schemi canonici. Non è un’indicazione da poco, anche se di impervia traduzione e applicazione. Ci indirizzano le alternative tra sacrifici e misericordia, sani e malati, giusti e peccatori. In un certo senso Gesù vuole giustificare la scelta fatta e il comportamento tenuto. La sua è una scelta di fondo, non occasionale o estemporanea, secondo cui al primo posto non sta il sistema religioso ma il giusto rapporto con Dio. E il giusto rapporto con Dio è dettato dalla giusta coscienza di sé di fronte a Lui. E una coscienza onesta sa di non essere a posto dinanzi a Dio, di non avere nulla da pretendere ma di potere solo rimettersi alla sua giustizia e alla sua benevolenza. La scelta di Gesù cade su quelli che hanno una coscienza vera di sé e una immagine retta di Dio e della sua giustizia.

Lo schema può funzionare anche oggi, sia pure con le infinite sfumature e le considerevoli differenze del caso, perché anche per noi e anche oggi si tratta di rapporto tra sistema religioso e immagine di Dio e di sé di fronte a Dio. Gesù è un cercatore di fede sincera, di giusta temperatura spirituale, di sensibilità alla povertà di sé e alla bontà di Dio, di coscienza di verità con se stessi e con Dio; vorrei dire che, per lui, è questione di sostanza esistenziale, di passione religiosa sincera e di umile valutazione e comprensione di sé, prima e più che di forme religiose esteriori osservate e rispettate.

Questo interpella noi personalmente e interpella quanti vengono ammessi ai nostri seminari e affidati alla nostra guida e formazione. Con tutte le raccomandazioni e le prediche che abbiamo immagazzinato e somministrato, la domanda che rimane riguarda il grado di sensibilità spirituale, di finezza interiore che siamo riusciti, con la grazia di Dio, a maturare. Una analoga domanda vale per quelli che ci sono affidati, troppo spesso indirizzati – magari nella loro autocomprensione – a diventare uomini di un’istituzione, funzionari di un apparato. C’è un’eredità tridentina che ancora incombe, da questo punto di vista, come uno schema mentale involontario, ereditato dentro un meccanismo sociale ancora attivo nonostante tutto.

Dobbiamo imparare a trovare la misura evangelica dei nostri atteggiamenti di fondo e di quelli dei nostri seminaristi, come del resto dei fedeli tutti, come punto fermo mentre tutto è in preda a sconvolgimenti epocali. E accanto alla misura evangelica abbiamo bisogno di custodire la qualità di base di una sana umanità. Questa, per certi versi, è una novità emergente del nostro tempo, che ci impone di non fare confusione tra riconoscere vocazioni fuori dagli ambienti ordinati di famiglie normali e di parrocchie efficienti – finché ne restano – e raccogliere tra gli esemplari sempre più numerosi di umanità alla deriva, perché cose ben diverse sono – anche se ugualmente sacrosante – ricostruire personalità destrutturate e formare ministri ordinati, come altrettanto diverse sono cose come accompagnare nell’entusiasta cammino iniziale di fede e far inoltrare nei percorsi verso il ministero.

Tutto questo ha bisogno di essere condiviso con le nostre comunità, a cominciare da quelle parrocchiali. Perché tutti dobbiamo ritrovare le coordinate di fondo e allearci attorno ad esse: a cominciare dal senso della fiducia in Dio e della sua misericordia, e poi alla ricerca del culto della vita, all’abbraccio della fraternità aperta a tutti, alla cura di percorsi di confronto assiduo con la Parola, alla sensibilità per la fragilità, alla capacità di fiutare in tutti e dovunque il senso di Dio e le tracce di una sincera ricerca religiosa, le risorse di un entusiasmo di fede e di una passione di dedizione che rigenerino reti di relazioni che languono nello sconforto e nello scoraggiamento. Come nella scena evangelica di oggi, impressiona sempre come Gesù riesca a generare una umanità che si risveglia e si rianima, e ritrova gioia nello stare insieme, senso di festa, esperienza di Dio nella comunione accogliente di una comunità ospitale a esempio della santità ospitale che per primo Gesù ha insegnato e praticato. È rincuorante poter ricominciare e ricominciare da qui.