Omelia Funerale di sr. Maria del Corpus Domini (23/03/2017 – Pontinia)

23-03-2017

OMELIA

Funerale di suor Maria del Corpus Domini (Isabella Valle)

Monastero di Pontinia, 23 marzo 2017

+ Mariano Crociata

 

In un certo senso è stata suor Corpus a preparare noi a vivere questo momento più di quanto noi abbiamo aiutato lei e noi stessi ad accogliere la sua fine terrena. Le indicazioni che ha voluto dare, perfino accuratamente, per questo congedo – non ultima la scelta delle letture bibliche – testimoniano la consapevolezza, la fede, l’amore con cui ha vissuto la sua malattia ed è andata incontro alla sua morte. La nostra natura ci porta ad avere paura di tutto ciò che si riferisce alla morte e, in particolare, alla nostra morte; suor Corpus ha abbracciato quasi con naturalezza questo evento estremo che entrava a far parte della sua vita con una intimità che solo una persona consacrata a Dio conosce. È questo il messaggio che la nostra sorella ci lascia: non una esistenza vissuta per la morte, ma una vita protesa con tale slancio verso Dio da abbracciare la morte come un passaggio naturale e necessario per giungere alla meta.

Veniamo così interrogati sulla gerarchia dei valori su cui si regge la nostra vita. Che cosa è veramente importante? L’esempio di suor Corpus ci mostra come sia possibile mettere per davvero Dio al centro di tutto, farne il perno portante, il fondamento solido su cui poggiare e far ruotare la nostra altrimenti frenetica esistenza. Se tale è Dio per noi, allora tante cose dovrebbero venire prontamente relativizzate e forse capovolte nell’ordine (e sarebbe meglio dire: disordine) che regola la nostra vita. Ognuno di noi trova il suo modo di accomodarsi in questa vita. C’è chi non riesce nemmeno a fermarsi su questi pensieri. E oggi sembrano essere sempre di più le persone che vivono in uno stato di incoscienza del destino ultimo che ci interroga e ci attende. Altri ci pensano ma solo di passaggio, occasionalmente, senza però riuscire a fermarsi a riflettere e a rimettere ordine nella propria mente e nella propria vita. Altri ancora si concedono tempo per fermarsi, riflettere, pregare, ma rimangono impotenti, incapaci di trasformare la coscienza interiore del proprio bisogno di Dio in scelte coerenti e in atteggiamento costante. Solo pochi riescono a raggiungere con la grazia di Dio l’unità che rende autentica la persona e la vita. Suor Maria del Corpus Domini era una di questi. Ognuno di noi non tema di interrogarsi e chieda al Signore di imparare a dare la giusta risposta a colui che l’attende.

L’esistenza di un monastero ha anche questo senso: accoglie persone che sono state conquistate a tal punto da Dio da non poter vivere che per lui anche nella forma esteriore di una vita condotta nella comunione silenziosa con lui e nella comunione di preghiera e di fraternità con chi condivide la medesima passione d’amore per Dio che lo Spirito di Gesù ha effuso nel cuore. Un monastero è un punto di luce nel buio del mondo, al quale tutti possono guardare per attingere il senso del cammino verso l’eterno di Dio. Chi vive qui ci ricorda che cosa veramente vale e resta per sempre. Alla fine, tutti ci ritroveremo, in un modo o in un altro, a misurarci con le cose essenziali che questa esistenza appartata e piena di fervore e d’amore per Dio, per i fratelli, la Chiesa, il mondo, quotidianamente ci testimonia. Siamo così posti di fronte a una semplice ma drastica alternativa: se questa vita terrena è tutto, allora la sua fine, con la morte, è un dramma pieno di inconsolabile disperazione; se Dio è tutto, allora questa vita è una attesa trepidante e una operosa preparazione all’incontro che il passaggio della morte dischiude.

Ora è come se la nostra sorella scomparsa a questo mondo sia qui ad annunciarci il messaggio contenuto nelle letture bibliche proclamate. Nella prima (Sap 4,7-15) ci dice che non è così importante quanto a lungo è durata la nostra vita; è importante invece come l’abbiamo vissuta, di che cosa l’abbiamo riempita, con quali speranze, con quali desideri, con quali propositi, progetti, impegni, azioni e decisioni, con quale amore e con quale fede. Suor Corpus vuole dirci che la sua vita era così piena di Dio che aveva già raggiunto la sua saturazione terrena, non c’era bisogno di altro. E se anche ha potuto sentire la pena di non poter prolungare qui le relazioni, la condivisione, i legami di conoscenza, di affetto e amicizia, di stima e di bene – come anche noi sentiamo la pena nei suoi confronti – tuttavia nulla è perduto nemmeno di questa umana bellezza di pensieri, di sentimenti e di esperienza, perché in Dio tutto ritroviamo e in maniera smisurata. Senza di lui, nemmeno qui riusciamo a godere del bene che ci è concesso durante questa vita. Dobbiamo dire qualcosa forse anche del dolore e della malattia? Non diremo nulla di nostro, lasciamo che siano solo l’esempio e la parola di Gesù a mostrare come pure la prova estrema può diventare luogo d’amore, luogo d’incontro con Dio nella croce di Gesù.

Con il Vangelo (Lc 12,35-40) suor Corpus ci dice che prontezza e beatitudine vanno insieme. La beatitudine il credente non la trova nello stare ozioso e inerte, ma in una condizione interiore di pacato fervore, in una tensione d’amore, in una attesa vigile che mantiene sempre pronti, i fianchi cinti, come chi non può venire trattenuto da impacci di nessun genere quando ci sarà da correre. Sembra impossibile tenere viva una vigilanza così insonne e assidua, per noi che abbiamo sempre bisogno di sostare, di attardarci, di distrarci. E oggi l’evasione e la fuga dalla coscienza di sé e, infine, dalla realtà sembra proprio una condizione spirituale sempre più diffusa e perfino ansiosa di legittimazione scientifica e giuridica, mentre non ci si accorge che l’uomo perde se stesso, fin da ora, quando non può assumere con consapevolezza ciò che la vita gli dona e gli chiede. Suor Corpus ci invita a non avere paura di questa intima tensione d’amore per Dio che non esita ad abbracciare tutto, anche la prova durissima della sofferenza, in una offerta d’amore che sola dà senso e riempie la vita, conferendole fin d’ora il sapore e l’intensità dell’eterno di Dio.