Omelia Festa della Presentazione del Signore (02/02/2016 – Latina)

03-02-2016

OMELIA

Festa della Presentazione del Signore

Latina, Cattedrale, 2 febbraio 2016

+ Mariano Crociata

 

Anche la festa di oggi, Presentazione del Signore, riceve una colorazione particolare dall’anno della misericordia che stiamo celebrando. Secondo il suo significato biblico, il giubileo viene celebrato perché tutte le situazioni siano riportate al loro statuto ordinato delle origini. In particolare, era la terra a dover essere restituita, perché la giustizia distributiva delle origini fosse ristabilita.

Questo significato assume oggi una connotazione spirituale, ma non per questo meno concreta. Abbiamo bisogno di ristabilire l’ordine e la giustizia nella nostra vita; dopo il tempo della infedeltà, della mediocrità, delle omissioni giunge il tempo del ritorno. È un tempo di grazia, perché non si tratta tanto di compiere delle pratiche esteriori, ma di ritrovare la verità e la genuinità del cuore e della vita, e questa nessuno può darla se non il Signore stesso, con il suo amore e la sua benevolenza.

La festa della Presentazione offre alla nostra celebrazione, nell’ascolto, nella preghiera e nel sacramento, la possibilità di avere ridonato e di riscoprire il vero volto di ciascuno di noi, la nostra inconfondibile chiamata e un nuovo inizio per la storia della nostra risposta alla vocazione alla fede e alla scelta di vita. La festa di oggi tutto questo lo fa mostrandoci Gesù al compimento della sua venuta al mondo con l’offerta della sua persona e della sua vita al Padre. In questa festa infatti cogliamo distintamente il senso dell’incarnazione, il perché del suo venire in mezzo a noi, come noi, uno di noi. Gesù è venuto per essere presentato al tempio, cioè per essere offerto a Dio, come tutti i primogeniti. Così facendo Gesù non solo adempie a un precetto importante della religione del padri, ma rivela nel segno di un gesto religioso il motivo del suo essere al mondo, e cioè offrire se stesso in sacrificio per la salvezza del suo popolo e del mondo intero. «Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo» (Eb 2,16-17). Venendo nel mondo Gesù accetta la missione di «ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere» (2,14). Nell’atto rituale che i genitori compiono, non sono «una coppia di tortore o due giovani colombi» (Lc 2,22) ad essere offerti e sacrificati, ma lo stesso bambino che viene presentato, cioè lui stesso.

Attraverso questo offerta di Gesù, del Figlio stesso di Dio, la misericordia si riversa su quanti hanno creduto in lui e lo hanno seguito da veri discepoli, i quali sono messi nelle condizioni di ritrovare l’identità originaria di chiamati e redenti. Tutto ciò che ha oscurato l’immagine di Dio in noi e il volto di Cristo impresso dallo Spirito con il battesimo, adesso può essere cancellato per farci riscoprire il nostro splendore filiale originario. Grazie all’offerta che Gesù ha fatto di sé, noi tutti veniamo restituiti all’identità che il Padre ci ha conferito con la forza dello Spirito.

Quale sarà la nostra risposta? Quella proporzionata a chiunque si senta toccata dall’amore salvante di Dio e cerchi di corrispondergli. E la risposta non può che porsi sulla stessa scia percorsa da Gesù, e cioè in un’offerta d’amore fino al sacrificio di sé. È la risposta chiesta ad ogni credente; è la risposta chiesta ai consacrati e alle consacrate, nei quali l’offerta di sé come risposta d’amore al Padre, al Figlio e allo Spirito ha ricevuto la grazia di una chiamata specifica e la possibilità di una intensificazione nel dono di sé che giunge a vivere secondo i cosiddetti consigli evangelici tutti gli aspetti della propria vita, in obbedienza, povertà e castità. Ridare con gioia questa risposta è il senso della odierna Giornata della vita consacrata e della rinnovazione della professione religiosa, per dire che ogni giorno è un nuovo inizio, anche oggi come il giorno della professione solenne.

Nella Presentazione di Gesù siamo chiamati a riscoprire la nostra presentazione, cioè l’offerta e il dono di noi stessi, oltre tutte le meschinità e le povertà che abbiamo potuto sperimentare nel corso della vita. Siamo chiamati a rinnovare il dono di noi stessi, a ricominciare la corsa con nuovo slancio.

Dobbiamo ammettere che in tanti l’entusiasmo dell’inizio si è offuscato e a molti sembra che non ci sia altro da fare che rassegnarsi. Lo dobbiamo ammettere: non solo fedeli in generale, ma anche consacrati e ordinati. È tempo di verificare la qualità della nostra fede, perché è di fede che si tratta, non di altro. Ci è chiesto se crediamo che il Signore ha il potere, nella sua misericordia, di intervenire con il soffio del suo Spirito in modo tale da rivivificarci. Questa fede dobbiamo coltivare, per essa pregare, ad essa dedicarci con la cura della nostra vita spirituale come anima di ogni servizio ecclesiale.

Lo auguro a voi religiose e religiosi in modo particolare, ma lo auguro anche a me e a quanti siete qui a celebrare la festa di oggi. Gesù che «cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui» ci dà il segno incoraggiante di una vita quotidiana ordinaria, nel nascondimento e nella semplicità, come luogo in cui le meraviglie di Dio si possono compiere in questo tempo anche per noi.