Omelia Convegno nazionale Cei Unesu e Servizio Irc (11/04/2016 – Salerno)

12-04-2016

OMELIA

Martedì della III settimana di Pasqua

Convegno nazionale CEI dell’UNESU e del servizio IRC

Salerno, 11 aprile 2016

+ Mariano Crociata

 

Il nostro ascolto si svolge nel contesto di un incontro e di una riflessione che vertono sull’educazione e sulla scuola all’indomani del Convegno ecclesiale nazionale. A rischio di semplificare, credo si tratti di chiedersi quali tratti di umanità fecondati dalla fede ci invitano a ritenere le letture di oggi.

Nel diacono Stefano si ripropone il modello di Gesù, secondo quella impostazione lucana che legge i primi passi della Chiesa in parallelo e come prolungamento della presenza di Gesù nelle nuove condizioni storiche e religiose. La costante che si ripresenta è il rifiuto, questa volta nei confronti di Stefano, da parte di una istituzione religiosa chiusa ad ogni mutamento degli equilibri esistenti. Come al tempo di Gesù, anche nell’epoca della prima Chiesa a suscitare una reazione violenta è la minaccia non contro la religione come tale, bensì quella di fatto avvertita verso il suo gruppo dirigente. L’annuncio di Stefano, come innanzitutto quello di Gesù, viene a proporre la riscoperta della verità messianica e della interiore forza liberante di una religione ridotta a ostaggio e utilizzata per finalità che ne snaturano il volto originario. Falsi testimoni e calunnie sono gli strumenti tipici di un assetto che non tutela ideali religiosi ma coagula interessi molto materiali per rimuovere la minaccia che rischia di scompaginarli. Oltre la condanna morale per il ricorso alla menzogna e alla calunnia, il rinnegamento dell’umano sta nel tradimento del senso della religione, non solo utilizzata per altri fini ma impedita di esprimere ed evolvere la propria intima vocazione e il dinamismo del proprio nucleo originario. L’esporsi di Stefano al rischio della vita – ancora una volta nella esemplare sequela di Gesù – diventa, oltre che coerenza estrema con lo stesso Messia e Signore, fedeltà alla verità dell’umano custodito e portato a compimento nell’incontro con il Cristo risorto.

Un fraintendimento analogo denuncia la pagina evangelica giovannea, nella quale – posto tra il segno del pane moltiplicato e il discorso del pane di vita – viene presentato Gesù alle prese con lo smascheramento di un entusiasmo anch’esso strumentale, unicamente legato alla ricerca di vantaggi meramente materiali. Quanta esteriore attività religiosa o anche apparente ricerca nasconde, magari senza malizia o cattiva coscienza, finalità non religiose? La gravità del fatto, ancora una volta, non sta nel rilievo morale, anch’esso da individuare e valutare. Il tradimento dell’umano attuato dal cercare Gesù non per lui ma per il pane, consiste piuttosto nel fraintendimento del gesto posto da Gesù e nella rimozione del senso di Dio a cui egli appella. La domanda degli astanti circa le opere di Dio si muove ancora nell’orizzonte di una religiosità naturalistica che regola il rapporto con il divino in un senso quasi magico e in una logica di scambio di immediati vantaggi reciproci. La risposta di Gesù che condensa tutto il possibile operare religioso nel gesto sintetico della fede, indirizza alla verità profonda dell’umano oltre che del religioso, e cioè la relazione: relazione con Gesù e relazione con Dio, o meglio con Dio grazie a Gesù, ma già per questo relazione con se stessi e con gli altri. Da tale relazione scaturiscono ogni compimento umano e ogni adempimento religioso.

Così insegnando, Gesù non avalla dualismi di sorta né tantomeno demonizza la vita concreta con le sue esigenze e le sue attese. C’è una unità nella vita di una persona come di un credente, che non sopporta sprezzo per la dimensione storica dell’esistenza né fughe in fasulle spiritualità disincarnate. Ma tale unità ha un centro nella verità della religione che è la fede e la relazione personale con Dio, rivelata in Gesù e da lui resa possibile nella maniera umanamente più integra.

Anche oggi abbiamo bisogno di smascherare una idolatria che tende all’appiattimento sulla dimensione materiale che vorrebbe legittimare e strumentalizzare tutto. La logica del mercato e del consumo minaccia di mangiarsi lo spirito dell’uomo, la sua fede, il senso e la capacità dello stare insieme. La vita umana fiorisce là dove ritrova il suo punto unificante nella verità della relazione con se stessi e con i propri bisogni nell’orizzonte della relazione con Dio e con gli altri. Quello educativo e formativo è compito che scaturisce coerentemente da tali premesse di fondo.