Omelia “200 anni del santuario della Madonna di Mezzagosto” (22/08/2019 – Priverno)

22-08-2019

OMELIA

Giovedì 22 agosto 2019, memoria di Maria Regina

Priverno, Santuario della Madonna di Mezzagosto

+Mariano Crociata

Era doveroso sottolineare questo importante anniversario di duecento anni della costruzione e dell’apertura al culto di questa chiesa in onore della Madonna di Mezzagosto. Meritava non solo per il valore dell’edificio, ma per ciò che ha rappresentato la sua costruzione e poi il suo uso lungo tutto questo tempo da parte dei privernesi. Se è vero infatti che essi possono venerare ordinariamente nella chiesa concattedrale di S. Maria la sacra immagine, tuttavia è in questo luogo, dove sorge la chiesa, che essa è stata misteriosamente rinvenuta, portata alla luce e offerta alla venerazione di tutti i cittadini.

Certo una riflessione viene spontanea, considerando il lungo intervallo di tempo che separa la scoperta della sacra icona, nel 1143, e la costruzione della chiesa, nel 1819. Non tanto per segnalare il vuoto precedente – poiché invece la sua venerazione è stata sempre molto fervorosa in questa città –, quanto piuttosto per sottolineare la vitalità di una devozione capace di riemergere in maniera così vigorosa da dar luogo all’impresa della costruzione nella quale ancora oggi abbiamo la grazia di essere accolti. Il passare del tempo non ha attenuato, ma invece ha visto approfondirsi e rafforzarsi la vera devozione alla Madonna, che torna a irrompere nel bel mezzo del mese estivo per eccellenza come il verso sole che riscalda i cuori e illumina le menti di quanti a lei si rivolgono col pensiero, la preghiera, il sentimento e l’affetto sincero.

Questa chiesa è una testimone muta ma efficace di tale vitalità religiosa: non è inevitabile che il passare del tempo attenui la fede e la devozione, spenga e allontani i ricordi, condanni inesorabilmente all’oblio e all’eclissi ciò che ci è stato consegnato dai nostri antenati. Questa smania di cancellare il passato e di rimuovere tutto ciò che sa di tradizione non corrisponde alla natura della fede e dell’esperienza religiosa, ma nemmeno a quella dell’esperienza umana. Noi siamo quali ci vediamo, parliamo, realizziamo opere e costruiamo società, soltanto perché stiamo usando della eredità di cultura, di sapienza, di bene, di spiritualità che ci è stata consegnata da quanti ci hanno preceduto. Da noi stessi non sapremmo fare nulla. E se il presente ci mette a disposizione sempre nuove scoperte e sempre più progredite strumentazioni tecnologiche, non è senza la storia passata che esse sono state pensate e realizzate, e non è senza la cultura tramandata che possono rendere migliore il nostro presente e preparare un futuro desiderabile.

Chi crede sa che anima di una tale cultura che accoglie il passato aprendosi al futuro è proprio la fede, di cui la devozione alla Madonna di Mezzagosto qui a Priverno è un punto di riferimento imprescindibile. Ciò vuol dire che la ricorrenza che oggi celebriamo deve non solo risvegliare gratitudine a Maria e a quanti ci hanno preceduto preparando per noi questo presente, deve invece rinnovare lo spirito che due secoli fa portò alla edificazione e all’apertura di questa chiesa. Insomma, se dopo secoli la corrente di devozione che ha attraversato i secoli è stata capace di riemergere con prepotenza suscitando il desiderio e nutrendo la volontà e il progetto di questo edificio, la domanda che ci interpella tocca noi protagonisti di questa stagione della storia e della religiosità di questa città. Quale frutto chiede alla nostra devozione la Madonna in questo tempo? E la domanda si può affinare e ribaltare: di che qualità sono la nostra devozione e la nostra fede? Di che spirito ci sarebbe bisogno per creare qualcosa di nuovo rispondente ai bisogni e alle attese delle persone e del loro cammino con Dio?

Non è certo di una chiesa che abbiamo bisogno. L’abbiamo già! Semmai essa può essere sempre meglio tenuta perché sia degna del significato che ha per i privernesi e quindi del titolo che porta, oltre che del ruolo di santuario di cui viene alquanto generosamente accreditata. Quella a cui dovremmo attendere è un’opera davvero grande, enorme. Perché sperimentiamo un po’ dovunque il bisogno di una ricostruzione umana, sociale, civile, religiosa. Non per tornare indietro, a una società che è passata e rimane inesorabilmente superata, ma per edificarne oggi una più umana di quella che ci troviamo a vivere.

Ognuno è chiamato a prolungare e attualizzare questa riflessione. In essa può aiutarci la festa che la Chiesa intera oggi celebra, della Beata Vergine Maria Regina. Regina non perché comanda e governa, ma perché partecipa della signoria del suo figlio, Gesù risorto, al quale è stata unita al termine della sua vita terrena con la sua assunzione in anima e corpo. Ora la signoria di Gesù, attraverso la morte e la risurrezione, è una signoria d’amore. Giustamente la liturgia e la tradizione della Chiesa ci trasmettono la verità che sta al cuore della signoria di Gesù Cristo: egli regna dall’alto della croce attirandoci a sé con l’amore.

A questa verità ci vogliono condurre le letture. Isaia proclama: «un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio», e il suo sembra un annuncio paradossale. Che cosa può fare un bambino? Che potere ha un figlio piccolo? Solo quello di richiedere attenzione dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina. Noi abbiamo bisogno di un condottiero, di un vero governatore, di un re potente, e invece ci ritroviamo donato un bambino. Bisognerebbe riflettere molto su questo. La via del riscatto e della ripresa comincia da lì, dal prendersi cura di un bambino, che può voler dire diverse cose; per esempio, non avere timore di fare bene le piccole cose; ma anche: prendersi cura dei bambini. Come vengono educati i nostri bambini? E infine può voler dire: prendersi cura del bambino Gesù. Può sembrare strano: Gesù non è più un bambino, e poi che cosa bisognerebbe fare? Forse la cosa si capisce meglio se consideriamo che Gesù ha fatto di un bambino il modello del credente; ma il modello lo ha realizzato lui per primo, lui – sì! – ha conservato sempre il cuore di bambino, nei confronti degli altri e nei confronti di Dio Padre, per il quale è rimasto sempre il bambino di Dio.

Dobbiamo prenderci cura di Gesù! È questo il punto. Come tale cura si realizzi, ciascuno lo deve scoprire lungo il proprio cammino. Maria ci offre l’esempio per eccellenza da imitare, il modello con cui confrontarsi. Ella si prende cura del bambino, di Gesù, accettando diventarne madre. «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la sua parola». Maria si mette a disposizione di Dio e di Gesù, lascia che essi – per così dire – ne requisiscano la persona e la vita. La sua vita e la sua persona sono di Dio, per Dio, come lo è quella di Gesù.

La mia persona e la mia vita devono essere per Dio, a sua disposizione, perché ne usi secondo il suo disegno e la sua volontà.