Incontro con gli Insegnanti di religione su “Pedofilia e Chiesa oggi-Per un insegnamento attento all’attualità” (10/09/2018 – Latina)

10-09-2018

Incontro con gli Insegnanti di Religione (Latina, 10 settembre 2018)

“Pedofilia e Chiesa oggi – Per un insegnamento attento all’attualità”

+ Mariano Crociata

L’inizio di questo nuovo anno scolastico è segnato, insieme alle preoccupazioni sempre ricorrenti per il lavoro scolastico e le sue condizioni, complici anche i continui aggiornamenti legislativi e normativi, da una circostanza che non può essere passata sotto silenzio. Mi riferisco al clamore mediatico prodotto dal persistente scandalo della pedofilia del clero e dal dossier confezionato e reso pubblico da un ex nunzio nel corso di questa estate. Vi dico con tutta franchezza che non ardo affatto dal desiderio di parlare di tali argomenti, né pretendo di trattare di politica ecclesiastica; sono invece preoccupato al pensiero che voi docenti di religione vi troverete – se non vi siete già trovati –, in un modo o in un altro, presto o tardi, nella necessità di dover dire una parola sull’argomento, con i colleghi se non con gli studenti. Non intendo, pertanto, attardarmi a ricostruire una vicenda davvero penosa; basti la menzione che ne ho fatto.

Prima di provare ad esporre qualche riflessione di carattere più generale, tuttavia, consentitemi due osservazioni circa il secondo aspetto della vicenda, il dossier dell’ex nunzio, dal punto di vista di un giudizio di fede. La prima riguarda il carattere dell’iniziativa di rendere pubblico un dossier, in dissonanza di stile con quanto la tradizione cristiana ci consegna, a partire dai Vangeli e dagli scritti del NT. Basti riprendere Mt 18,15-17(nota 1) o 1Cor 6,4-7 (nota2). Nel nostro caso, non si tratta di questioni materiali, ma del bene delle persone e della Chiesa. Senza poter giudicare nella circostanza come siano andate effettivamente le cose, tuttavia risulta particolarmente sorprendente questo rivolgersi ai media e alla opinione pubblica, in gran parte estranea alla Chiesa, per lanciare accuse gravi e clamorose; non perché le accuse non debbano essere fatte o debbano essere tenute nascoste, al contrario, ma perché vanno poste innanzitutto in un contesto e in uno stile ecclesiali. Sottolineo che sto parlando della pubblicazione del dossier, non delle singole accuse di pedofilia, poiché in questo caso bisogna dare la giusta evidenza e sottoporre alla dovuta procedura giudiziaria reati così gravi.

La seconda osservazione riguarda la circostanza che il Papa – come e più del predecessore – ha posto in essere parole e gesti contro la tragedia della pedofilia del clero che sono sotto gli occhi di tutti. Anche questo deve essere tenuto presente quando parliamo di questa vicenda.

Il problema che ci tocca più da vicino, però, riguarda il fatto che la vicenda della pedofilia del clero, e non solo essa, da un certo numero di anni sta alimentando e rafforzando un atteggiamento di critica, di sospetto e di condanna nei confronti della Chiesa in generale e del clero in modo particolare; e questo soprattutto presso le nuove generazioni, che crescono spesso in un clima di diffidenza nei confronti dell’ambiente ecclesiastico, trattato sommariamente, in quanto tale, come responsabile del disastro umano e morale che è venuto alla luce. La domanda che bisogna porre, nel nostro contesto, si riferisce alla possibilità di portare argomenti e motivazioni che, sul piano culturale, al quale opera la scuola, si possa aiutare i destinatari a formarsi un proprio equo giudizio. In questo senso, il nostro primo interesse non è di carattere apologetico, cioè quello di difendere a tutti i costi e per partito preso la Chiesa da ogni accusa; il nostro interesse è difendere la verità, anche quando essa oscura l’immagine della Chiesa. Sulla verità si può costruire qualcosa di buono; sulla rimozione e sulla falsità non si costruisce niente, tanto meno una coscienza e una vita di fede.

Il primo aspetto, che viene colto peraltro da tutti immediatamente, riguarda l’aspetto morale. Su questo punto non ci può essere riserva circa una condanna ferma e piena di ogni forma di abuso nei confronti di minori, per motivi che non stiamo qui a esporre diffusamente, perché intuitivamente cogliamo la valenza distruttiva della persona del minore, della sua psiche, affettività ed emotività, oltre che lo stravolgimento della sua sensibilità morale e religiosa. Per questa ragione, il primo pensiero deve andare alle vittime e alle loro sofferenze. Di conseguenza, tutti i comportamenti di ecclesiastici che cerchino di occultare e di sottovalutare simili gravissimi abusi vanno condannati severamente, tanto più che si tratta di persone ordinate o consacrate, che tradiscono la fiducia delle persone affidate oltre che la missione che la Chiesa, in nome di Dio, ha loro consegnato.

Non si salvaguarda il buon nome di qualcuno o della Chiesa stessa nascondendo il male. Oggi sembra abbastanza diffusa la presa di coscienza a questo riguardo. Naturalmente – e solo per accennare all’aspetto giuridico – anche gli accusati di pedofilia devono essere sottoposti a giusto processo e non possono essere condannati senza una corretta procedura, negando loro fin dall’inizio la presunzione di innocenza che si deve a tutti gli accusati di reati. La materia grave non legittima di mettere a carico dei presunti colpevoli ingiustizie gratuite aggiuntive. Semmai, il sospetto e l’accusa devono portare all’adozione di misure cautelative nei confronti di potenziali vittime, sospendendo l’accusato da ogni servizio che li tenga a contatto con minori fino a quando l’accusa non sarà eventualmente dimostrata infondata. Su questo gli errori sono stati tanti. La prima reazione, sul piano morale, non può che essere, dunque, di solidarietà alle vittime e di condanna dei colpevoli.

C’è un altro aspetto che va tenuto in considerazione, ed è quello storico. La storia della Chiesa conosce fin dagli inizi singoli fenomeni di deviazione morale e di comportamenti spregevoli, che essa ha riconosciuto, condannato e superato. La pagina che proprio oggi si legge nella liturgia, dal capitolo quinto della Prima Lettera ai Corinzi, lo mostra ad evidenza. Si può ricostruire una storia delle malefatte degli uomini di Chiesa, e non manca chi lo abbia fatto con dovizia di documentazione e di prove, accumulando una serie considerevole di personaggi e di avvenimenti. Ma la storia di questi fatti non equivale alla storia della Chiesa, la quale abbraccia anche una storia di santità, di carità, di cultura e di molto altro ancora, che spesso non ha fatto e non fa rumore. Se in Pennsylvania hanno potuto accusare trecento preti di abusi nell’arco di circa settant’anni, quanti sono stati tutti i preti che negli stessi anni hanno svolto esemplarmente o, comunque, correttamente il loro servizio pastorale? Questo naturalmente non attenua la gravità, poiché anzi anche un solo caso sarebbe gravissimo e imperdonabile. Ciò che il confronto vuole far capire è che la storia della Chiesa in Pennsylvania, come in tutti gli altri luoghi, non è fatta solo da quei trecento disgraziati. Non manca chi potrebbe fare osservare che tuttavia quel numero, certamente grande, oscura così gravemente l’immagine della parte buona del clero, da farlo perdere di vista. Questo si può capire sul piano emotivo e psicologico, ma non corrisponde alla realtà, e cioè che la vita della Chiesa non si riduce alle colpe di quei suoi membri che si sono dimostrati traditori della fiducia di persone piccole e fragili, infedeli alla loro coscienza e alle loro responsabilità, ai loro doveri, umani e cristiani, e alla loro missione.

Anche il concilio Vaticano II riconosce che uno dei fattori dell’ateismo – ma, possiamo aggiungere, di ogni forma di rifiuto della Chiesa e del cristianesimo – è proprio il cattivo comportamento di tanti cristiani (cf. GS 19). Superare questa immagine devastante è frutto solo di un cammino e di uno sforzo di riflessione e di confronto intellettualmente onesto e spiritualmente aperto ad un esito superiore al giudizio e alla impressione corrente. Pertanto non bisogna disperare nello svolgimento del compito educativo e nel confronto con chi ci chiede conto; a tutti dobbiamo offrire una speranza che non si lasci scalfire nemmeno da fatti così gravi. Ci è chiesto un grande coraggio nel cercare di continuare a proporre la nostra fede e argomentarne le ragioni.

E il vero grande argomento è il superamento della equazione tra storia della Chiesa e storia degli uomini di Chiesa peccatori. Molti osserveranno che, essendo la Chiesa portatrice e annunciatrice di un messaggio altissimo, che propone la santità e la radicalità di una fede pura capace di trasformare la vita di una persona e di intere comunità, comportamenti immorali e criminali così gravi farebbero pensare che non è vero il messaggio che essa porta e che non è realistica la proposta di vita che essa presenta. Su questo punto, un argomento può essere offerto dalla distinzione che ha fin dall’inizio accompagnato la comprensione della Chiesa, non a caso definita dai Padri della Chiesa casta meretrix, con un ossimoro che vuole dire che essa è santa e peccatrice, non nella sua essenza ma nella sua composizione; essa è fatta di santi e di peccatori, di uomini e donne che cadono ma si rialzano, peccano e si redimono, di credenti fedeli fino all’eroismo e di membri che dimenticano la loro fede e si perdono come e più di tanti altri che di fede non ne hanno nessuna. Il punto decisivo consiste nel fatto che la verità e la bontà del messaggio e della promessa che la Chiesa annuncia non dipendono dalla capacità di fedeltà di tutti i suoi membri, ma dalla fedeltà a se stesso e alla sua opera del nostro Signore Gesù e della sua madre Maria. In Gesù e in Maria, e insieme e grazie a loro, nei santi, la Chiesa è tutta perfetta, santa e immacolata. Lo stesso concilio Vaticano II, parlando della Chiesa come mistero nei primi paragrafi della Lumen gentium, mette in evidenza questo intreccio di umano e divino, che ne spiega la fragilità propria dei suoi umanissimi membri, ma ne coglie anche l’intima immutabile identità nella fedeltà di Dio in Cristo che morendo ha compiuto una volta per tutte la sua opera di salvezza. Affidarsi a Lui è sempre possibile ed è sempre l’unica condizione che consente di accedere alla santità e alla salvezza, qualunque sia lo stato degli altri membri della Chiesa, siano essi pure pervertiti e perduti alla grazia e alla salvezza. Difficile ma vero sempre, questo poter contare unicamente sul Signore della Chiesa, colui che ne costituisce e salvaguarda l’intima e inalterabile verità, anche in tempi in cui sembra che tutto sia tranquillo e in pace. Difficile ancora questo compito da un punto di vista educativo, quando i ragazzi e i giovani sono sotto l’effetto di pensieri e correnti di idee che sembra dominare tutti svuotando il giudizio personale dei singoli. Ma non per questo bisogna scoraggiarsi; forse proprio il coraggio sereno della propria fede e la forza degli argomenti e della verità, possono fare la differenza. Questo è chiesto a voi e a noi oggi.

Da questa prospettiva, che potremmo definire genericamente ecclesiologica, è necessario passare ad accennare ad un’altra, quella socio-culturale. Studiosi di sociologia e di storia della cultura hanno messo in evidenza, negli ultimi decenni, la perdita di valore e di credibilità delle istituzioni in generale. Pertanto la Chiesa subisce, insieme al discredito gettato dai fatti a cui abbiamo fatto riferimento, la generale sfiducia nei confronti delle istituzioni che oggi domina nella cultura e che colpisce in modo particolare le nuove generazioni. A questo livello il discorso si fa ben più complicato, poiché è qualcosa che non è facile da discernere e argomentare. Mi limito a mettere in evidenza un solo aspetto, che tuttavia costituisce non solo un punto chiave di tutto il discorso, ma perfino un punto di aggancio, un elemento di vantaggio in un contesto così intricato. Ciò che alimenta la presa di distanza dalle istituzioni è precisamente il fatto che non si riesce più a capire e a tollerare una appartenenza o una scelta compiuta sulla base di una tradizione, di una consuetudine, di un ambiente sociale e familiare definito; ciò che vale sta unicamente nella possibilità di una scelta personale libera. Autodeterminazione, autonomia, autorealizzazione: sono queste le parole d’ordine che oggi mobilitano singoli e gruppi, anzi collettività intere. Non bisogna illudersi che questo poi effettivamente si verifichi, poiché la tendenza ad intrupparsi e ad aggregarsi non è minore dei gregarismi di ogni epoca. Sta di fatto che questo è un aspetto costitutivo della ideologia dominante nella cultura di massa di questa epoca. Essa rappresenta, però, anche una opportunità, poiché la libera scelta è un valore a prescindere dalle circostanze, perché eminentemente umana e tipica della persona, anche per come è concepita dalla tradizione biblica e cristiana. Bisognerebbe allora far leva sul fatto che oggi le scelte devono essere davvero personali, che vuol dire pensate, capite, motivate, fondate e argomentate. Cosa non facile; ma anche su questo bisogna avere fiducia. La persona possiede comunque risorse spirituali enormi anche in contesti particolarmente massificanti e omologanti come quelli che la società mediatica di oggi incarna.

Per chiudere, vorrei solo aggiungere due cose. La prima è che un argomento plausibile, nel discorso complessivo sul tema della pedofilia, è quello che fa osservare come tale fenomeno affligga l’intera società, a cominciare dalle famiglie, fino alle istituzioni educative e anche religiose di altri ambienti e tradizioni. Questo richiederebbe una iniziativa culturale che oggi non si è in grado di intraprendere, forse anche perché c’è chi legittimamente sospetta che qualcuno si voglia servire di un problema reale – e la pedofilia è un problema reale e gravissimo della Chiesa cattolica – per attaccare indiscriminatamente la stessa Chiesa. Se anche così fosse, questo non è argomento da mettere in campo in questo momento; il lavoro che ci attende in primo luogo è quello della purificazione. E la verità dell’intelligenza e del giudizio sul fenomeno che abbiamo cercato di richiamare va nella stessa direzione.

In ultimo, credo che sia molto importante non solo non farsi suggestionare e complessare da tutto quanto passa sulla stampa e sui media, e piuttosto avere il coraggio delle proprie idee, della verità e della sua forza in qualsiasi circostanza e di fronte a chiunque, ma anche comprendere che il nostro vero punto di forza è costituito dalla nostra fede e dalla nostra coscienza. L’ultimo invincibile argomento che veramente ci difende è la percezione che ciò che insegniamo, ciò di cui parliamo, insomma tutto il nostro sforzo educativo e culturale, si basa su una personalità retta e coerente, su una fede personale e su una fiducia nella Chiesa che ne fa risaltare l’autentico volto, sia pure in maniera semplice e ordinaria. Questo continuiamo a sentire come nostro primo compito.

Note: 

  1. «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano».
  2. «Se dunque siete in lite per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha autorità nella Chiesa? Lo dico per vostra vergogna! Sicché non vi sarebbe nessuna persona saggia tra voi, che possa fare da arbitro tra fratello e fratello? Anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello, e per di più davanti a non credenti! È già per voi una sconfitta avere liti tra voi!».