Discorso per l’inizio del ministero episcopale a Latina (15/12/2013, Chiesa del Sacro Cuore)

18-06-2014

Si rinnova oggi per noi credenti e per la nostra Chiesa un’esperienza fondamentale della vita umana, quella del dono e della scelta tra persone. Dono sono i figli per i genitori, come anche i genitori per i figli. Lo diventano veramente gli uni per gli altri, però, solo quando il dono viene accettato, consapevolmente e cordialmente, con amore e responsabilità.
Fino a poco più di un mese fa non conoscevo quasi nessuno di voi e nemmeno questa diocesi; poi il Signore, attraverso il Santo Padre, ha deciso di inviarmi come vostro Vescovo. Ora sono qui per dirvi che per me voi siete il dono di Dio, la sua chiamata e il suo compito. Perciò posso dire di scegliere di diventarvi fratello e padre. La vostra accoglienza e partecipazione mi testimoniano che questa è anche la vostra scelta, quella di ricevermi nell’atteggiamento di fratelli e figli. Siamo grati di questo e siamo confortati dalla certezza che tutto ciò viene dal Signore, il quale per primo ci ha scelti e amati, uno per uno e tutti insieme, in questa Chiesa cresciuta nel corso della storia remota e recente per fede e santità.
C’è un’altra esperienza che oggi vede fondersi i nostri cammini di vita e di fede. Giungo da un percorso caratterizzato da un migrare continuo, ormai così caratteristico per tanti nel nostro tempo e ben noto anche a questa terra. Porto anch’io i segni della provvisorietà, che ci richiama a una lettura credente della condizione umana e ci fa aspirare a un’altra patria, definitiva. La Chiesa è una tenda, il nostro esserci è di passaggio, protesi come siamo verso una stabilità promessa e non ancora data. È, questa, una dimensione spirituale e pastorale che non dobbiamo mai perdere di vista, unitamente a quella ispirata all’incarnazione. Se io vengo a richiamarvi l’esigenza di uno sguardo orientato alla vita eterna, voi chiedete e attendete di apprendere sempre di nuovo la capacità di animare con la fede la vita di ogni giorno, la famiglia, il lavoro, i rapporti sociali. Nella nostra esistenza siamo chiamati a fare unità tra destinazione all’eternità beata e vocazione alla santità quotidiana, tra comunione con Dio e relazioni fraterne, tra ascolto del Signore e responsabilità sociale e civile.
Con questi sentimenti mi accingo a intraprendere con voi un nuovo tratto di strada. Stiamo vivendo un felice inizio, anche se il cammino non può essere esente da fatiche e affanni; la gioia di un inizio detta comunque il senso e indica la meta, molto più delle difficoltà di cui è intriso l’impegno quotidiano. Impariamo a trapuntare di segni felici il nostro cammino di Chiesa, soprattutto nella liturgia e nella preghiera, radici di ogni fraternità, sorgente di una comunione più forte di tutte le possibili cause di incomprensione e di divisione. La speranza si affermi sopra tutti i motivi di pessimismo, perché la grazia è più grande del peccato, e l’amore di Dio vince il male con il perdono che trasforma i cuori.
Di questo felice inizio sono grato al Signore e a tutti voi. Saluto con affetto voi qui presenti in chiesa e quanti sono collegati negli ambienti attigui, come pure coloro che ci stanno seguendo da casa. Tra questi ultimi un intenso ricordo assicuro per gli anziani e i malati. Sono riconoscente di avervi tutti attorno a me e, attraverso di me, al Signore, che è l’unico grande Pastore della sua Chiesa (cf. Eb 13,20; 1Pt 2,25). Un vivissimo ringraziamento desidero rivolgere al Nunzio Apostolico in Italia, S.E. Mons. Adriano Bernardini, che ha voluto autorevolmente accompagnare il mio ingresso in diocesi. Apprezziamo profondamente il suo gesto e gli chiediamo di far pervenire al Santo Padre Francesco le espressioni della gratitudine mia personale e di tutti noi, l’amore filiale, la fedeltà incondizionata e la comunione cordiale alla sua guida e al suo magistero.
Un ringraziamento speciale sento di esprimere a S. Em. il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. La sua partecipazione a questa celebrazione è espressione eloquente della considerazione e della fiducia con cui ho potuto condividere come Segretario Generale la sua alta responsabilità; la sua presenza è anche segno della vicinanza con cui segue il cammino delle nostre Chiese in Italia, della cui unità non è solo figura rappresentativa ma concreto e fattivo promotore. A lui auguro di vedere crescere tra i Vescovi italiani e tra tutte le nostre diocesi quel fervore di iniziativa pastorale e di cammino comune che è l’anima di una Conferenza episcopale.
Ringrazio di cuore S. Em. il cardinale Velasio De Paolis, figlio di questa terra e apprezzato collaboratore del ministero petrino a servizio della Chiesa universale. Siamo incoraggiati dalla sua presenza che alimenta il suo legame con la nostra Chiesa; confidiamo che esso possa vieppiù rafforzarsi.
Un pensiero commosso sentiamo tutti di rivolgere a S.E. Mons. Giuseppe Petrocchi. Ogni cosa qui parla della sua intraprendenza e del suo spirito di iniziativa pastorale, come del contributo decisivo che egli ha dato alla crescita della diocesi a ogni livello; da parte mia, come ho scritto nel primo saluto alla diocesi, assicuro l’impegno a valorizzare e accrescere il bene della Chiesa così profusamente realizzato. Lo accompagniamo con affetto e preghiera nel suo servizio come Arcivescovo de L’Aquila, mentre confidiamo che i legami di fede e di carità che si sono stabiliti in questi anni possano rinsaldarsi nel tempo.
Permettete di esprimere un grazie sincero ai numerosi Confratelli Vescovi delle diocesi del Lazio che ci fanno dono della loro presenza, segno dell’accoglienza fraterna della mia persona nell’episcopato della regione, nel quale mi inserisco con discrezione ma anche con l’entusiasmo del neofita, insieme alla piena disponibilità alla collaborazione. Un pensiero grato e affettuoso rivolgo ai Vescovi venuti dalla Sicilia, tra i quali desidero menzionare quello della mia diocesi di origine, Mazara del Vallo, S.E. Mons. Domenico Mogavero; insieme a loro ringrazio i sacerdoti che dalla stessa Mazara, da Noto e da Palermo mi hanno raggiunto per questa celebrazione, a testimonianza di un cammino di vita arricchito di presenze che hanno accompagnato e sostenuto la mia crescita umana, l’esperienza della fede, il servizio ministeriale. Una menzione singolare di gratitudine la devo ai miei familiari e ai parenti, della cui presenza è intrisa la mia persona e la mia storia; con loro i legami non sopravanzano ma si intrecciano con una armonia e con una condivisione di fede che ci conserva uniti nel cammino. Ne rendo lode al Signore.
Le Autorità civili e militari sentano di avere la mia sincera gratitudine per la loro partecipazione e il cordiale apprezzamento per il servizio che svolgono. Ringrazio il presidente della Regione Lazio, on. Nicola Zingaretti, che si è unito alla nostra celebrazione. Rinnovo l’attenzione e la disponibilità alla necessaria collaborazione con tutti loro, per il bene dei fedeli che vogliono essere leali cittadini e dei cittadini che guardano alla Chiesa come a una presenza feconda per una società più umana e più giusta. Questa celebrazione sia l’avvio di un dialogo che in tale prospettiva auspico vivamente.
Riprendo il ministero episcopale in diocesi dopo più di cinque anni spesi al servizio della Conferenza Episcopale Italiana: un’esperienza che mi ha fatto respirare negli ampi spazi della vita della Chiesa in Italia e oltre. Porto con me una ricchezza straordinaria, che si condensa in una visione della vitalità e delle fatiche che le nostre Chiese sperimentano in questo tempo. Non so come questo potrà rifluire nel nuovo servizio pastorale; sono certo di voler fare tesoro di questo tempo di grazia, che spinge ad accrescere le forme di comunione, di condivisione e di collaborazione tra le Chiese, come è nello spirito e negli auspici del lavoro collegiale di una Conferenza episcopale. La presenza numerosa e cordiale di sacerdoti, religiosi e laici che lavorano nella Segreteria Generale della CEI e negli Organismi collegati, esprime bene la coesione che il lavoro svolto insieme ha creato e, nello stesso tempo, rivela i rapporti di stima e di amicizia che si sono stabiliti nel corso del tempo. A tutti loro la mia profonda gratitudine. Si rinnova in me il desiderio di coltivare questi rapporti e sgorga spontaneo l’augurio che fin da ora rivolgo a colui che sarà scelto come nuovo Segretario Generale.
Saluto con affetto e gioia grande tutti voi, miei nuovi condiocesani: presbiteri, diaconi, seminaristi, persone consacrate, fedeli laici. Vi ringrazio per l’accoglienza e per tutto ciò che avete fatto per prepararvi; vi ringrazio particolarmente per questa celebrazione; vi ringrazio della preghiera e del calore di fede e di fraternità che avete già cominciato a esprimermi. Sentitevi pienamente ricambiati da parte mia.
Ho scelto di celebrare qui l’ingresso in diocesi dopo aver sostato brevemente in Cattedrale, nella quale tornerò il prossimo mercoledì 18, in occasione della ricorrenza del Natale di Latina e della dedicazione della stessa Cattedrale di san Marco. Quel giorno avrò modo di incontrare tutto il presbiterio, anche a sottolineare che esso costituisce il collegio dei primi collaboratori del Vescovo nel suo ministero pastorale. Appena possibile conto di visitare tutte le comunità. Il tempo che ci sta dinanzi sarà dedicato alla reciproca conoscenza. Intanto, il calendario già diligentemente definito indica un percorso nel quale intendo inserirmi, per portare avanti insieme a voi il cammino dell’anno pastorale già avviato.
Alcune attenzioni stanno a cuore alla Chiesa di sempre e, con un’urgenza nuova, alla Chiesa di oggi. Conclusivamente, sento di doverle richiamare. La prima è la comunione. È la vocazione originaria e costitutiva della comunità dei credenti, uniti attorno al Signore e ai suoi ministri nella medesima fede, nello stesso amore e nell’unica nostra speranza.
Poi, la missione. Non c’è comunione senza missione, anzi, senza la gioia della missione (l’Evangelii gaudium, con le parole di papa Francesco), di condividere cioè l’esperienza esaltante dell’incontro con il Signore nella comunità ecclesiale.
Infine, il frutto della missione è il rifiorire dell’umano, come accadeva a quanti incontravano Gesù e ne venivano risanati e restituiti a nuova vita. Il segno della qualità evangelica della nostra vita e della nostra missione è la cura dell’umano, la dedizione alla persona, chiamata a riscoprire la bellezza di esserci e di stare alla presenza di Dio.
La strada è tracciata. Il Signore ce l’ha voluto riaffidare. Non ci resta che percorrerla in nomine Domini.